Federico Dimarco non ha paura: è interista fino al midollo e da piccolo vedeva le partite in Curva Nord, con la voglia e il sogno di giocarle, di combattere per quei colori. Quando l’Inter, come dice l’inno, diventava “Pazza” lui da lassù voleva entrare in campo a risolvere i problemi che i nerazzurri, tante volte, si creavano un po’ da soli.

L’occasione di ieri per uno come lui era troppo ghiotta. Tirare quel rigore era il coronamento del sogno di ogni tifoso che può far vincere la sua squadra del cuore dopo una partita di grande sofferenza, contro un avversario molto forte. In fondo siamo un po’ tutti Federico Dimarco no? A prescindere dalla fede, chi non vorrebbe far vincere la propria squadra segnando il gol decisivo?

Inzaghi, vedendo negli occhi del giocatore tutto questo e con i due rigoristi designati già fuori, ha scelto lui al posto di Perisic. Il tecnico, su richiesta del giocatore, ha preso la decisione avrebbe preso chiunque. Ha valutato la carica emotiva della richiesta, la convinzione del giocatore, e ha dato l’ok.

Dimarco ha angolato bene ma la palla si è stampata sulla traversa. Capita. Chi ha giocato a calcio sa che i rigori si sbagliano, sa che la porta a volta può sembrare molto piccola con un portiere molto grande. Chi ha giocato a calcio sa anche che c’è chi, di fronte a certe responsabilità, si allaccia gli scarpini, va in panchina a bere, va a parlare con il secondo allenatore; fa di tutto, insomma, pur di non essere “scelto”.

Per questo al tifoso e al calciatore di indubbie qualità, che oggi chiede scusa (di cosa?) per non aver portato l’Inter alla vittoria, diciamo che oggi non si parlerebbe di lui se non si fosse assunto una responsabilità che non tutti hanno il coraggio di assumersi. Di non “bloccarsi”, di riprovare a calciare se ce ne sarà occasione.

Inzaghi nel dopo partita ha fatto bene a proteggerlo con un salomonico “Ho scelto io. Poteva tirare Perisic ma lui era molto carico” e sa che deve tenersi stretto un giocatore con quel carattere e quell’attaccamento; uno che non ha paura di sbagliare nei momenti decisivi.

Il piede è educato e lo ha dimostrato con un missile su punizione in Samp-Inter, la testa è quella giusta. Ha sbagliato Baggio, ha sbagliato Totti, ha sbagliato Maradona, ha sbagliato Jorginho. Si può perdonare anche l’errore del bambino diventato calciatore che è sceso dagli spalti per far vincere la sua squadra del cuore.