Ieri c’è stata l’ufficialità definitiva: dal primo luglio la Serie A e il calcio femminile sarnno nel professionismo. Tra chi esulta come per una titanica conquista a chi prevede dei veri e propri terremoti a partire da quest’estate, passando per la Lega Serie A che non si è risparmiata lo scivolone; cerchiamo di fare chiarezza e di capire cosa ci aspetterà davvero da qui in poi.

L’opposizione dei consiglieri della Lega A

Partiamo dal peggio. Nel Consiglio federale di ieri sono stati discussi e votati diversi temi. Non solo il definitivo passaggio al professionismo nel femminile, ma anche l’indice di liquidità ha tenuto banco ieri, tra scontri e discussioni che sembrano aver creato delle crepe all’interno della Federazione. Ne sono la prova le dure parole di Gabriele Gravina, che riguardo alle richieste dei club di un IdL dello 0,4 invece che dello 0,5 risponde così.

“Non è una questione di contrapposizione, il mio unico obiettivo è l’evoluzione del calcio italiano. Non possiamo dire cambiamo il calcio e poi fare di tutto per conservare lo ‘status quo’. E’ inaccettabile. Bisogna spingere al massimo sull’acceleratore per un percorso di riforme. Questa è la mia posizione politica e quella della maggior parte dei consiglieri federali”.

Gabriele Gravina

Anche sul tema del professionismo del calcio femminile però ci sono incredibilmente state opposizioni e scontri interni fra i vari club. Dopo aver discusso il tema internamente nell’Assemblea al dipartimento femminile (dove, ovviamente, tutti e dodici i club hanno votato a favore), il tema è passato in Consiglio federale. Qui i consiglieri della Serie A Marotta, Casini e Lotito hanno votato contro per “proporre un eventuale rinvio”, nelle parole del numero uno della FIGC. Di fronte alla ferma presa di posizione dello stesso però, è rientrato l’allarme dopo la seconda votazione.

Un ennesimo e sconcertante tentativo di mettere il bastone tra le ruote al carroccio del calcio femminile da parte dei rappresentanti dei club di Serie A; gli stessi cioè che dovrebbero nutrirne interesse in ottica economica e non solo. In una visione di comune collaborazione è questo un allarme sì rientrato, ma allo stesso tempo affatto rassicurante: se la considerazione di questa conquista è quella dimostrata, allora il movimento dovrà continuare a marciare da solo, con il capo alto e magari cercando di difendersi da colpi di artiglieria che arriveranno di tanto in tanto.

Le iscrizioni dei club femminili alla prossima Serie A

Nonostante nel Consiglio di ieri si sia discusso anche dell’oramai noto indice di liquidità, questo non sarà utilizzato come parametro per stabilire l’iscrizione ai campionati dei club femminili. La FIGC non ha ancora reso noti i requisiti per l’iscrizione, ma lo stesso Dipartimento femminile ci fa sapere come non dovranno esserci grandi cambiamenti nella prossima stagione, mentre nella 23/24 sarà la COVISOC (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche) ad entrare nel merito, esattamente come accade nel maschile.

Cosa aspettarci dalle prossime stagioni

Non è difficile capire le scelte della nostra Federazione; dalla riforma della Serie A nella prossima stagione alla decisione di prolungare di un anno la possibilità di cedere e acquistare titoli sportivi; basta aspettare del tempo e unire i tasselli che le motivano. Sulla base di queste decisioni poi, evidentemente prese per arginare un fiume che potrebbe minacciare una piena, non è difficile comprendere quello che sarà l’impatto del professionismo nel nostro campionato. Meno club saranno in grado di gestire le ingenti spese del professionismo (si stima un 37-54% in più sulla base di modelli già sperimentati in Europa), e coloro che riusciranno a farlo saranno prevalentemente quelli con una società maschile alle spalle. Anche da questo sono motivate le dure parole di Raffaele Carlino, presidente del Napoli Femminile, riguardo al professionismo.

Dobbiamo aspettarci una transizione drammatica come quella della Spagna allora? No, non ci sono le basi per presupporlo e sarebbe avventato farlo. Non la maggioranza come nel caso iberico, ma l’unanimità dei club hanno sostanzialmente votato per il professionismo in Italia. Per di più il numero di squadre che dovranno iscriversi è stato proprio per questi motivi diminuito. Sono questi i paletti di sicurezza posti e di cui parlavamo, gli stessi che evidentemente sono mancati in Spagna.

Il senso, in definitiva, di questo insieme di scelte per gestire il professionismo consiste nel fare un passo indietro per preparare la rincorsa. La situazione nella quale tutto il movimento si troverà a lavorare è questa: ragionare come se si dovesse ripartire dal principio, con la consapevolezza di avere dalla propria molte più frecce in faretra di quante non se ne avessero prima. Scoccarle nel giusto modo e al giusto momento sarà fondamentale per crescere.

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