Il Brasile è stato uno dei Paesi sudamericani in cui gli inglesi si sono recati tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo. Era visto come un Paese vasto, con abbondanza di risorse naturali e, quindi, di opportunità. L’Impero britannico non si è mai stabilito in Brasile – le complicazioni per farlo erano troppo grandi – ma questo non significa che gli obiettivi imperiali della Gran Bretagna fossero limitati.

Dei pochi britannici che vi abitavano, molti erano figure importanti. Tra di loro c’erano diplomatici, banchieri e ingegneri, il che significava che i valori, le idee e il denaro britannici circolavano in Brasile.

Dalla fine alla metà del XIX secolo fino all’inizio del XX secolo, sotto l’inebriante influenza dell’impero della Gran Bretagna, il sociologo David Goldblatt ha descritto la società brasiliana come “sotto una grande ondata di anglofilia, [dove] abbracciare l’Inghilterra era abbracciare lo sport”. La Gran Bretagna, ben consapevole del potenziale della capacità dello sport di influenzare una popolazione, stava finalmente per convincere il Brasile ad innamorarsi al calcio.

Con un picco a San Paolo in termini di uomini, il contingente britannico esercitava una chiara influenza attraverso il suo controllo finanziario. Un’acquisizione in stile golpe era inconcepibile. L’attenzione si è invece concentrata sulla trasmissione della cultura e dei valori. L’obiettivo era una guerra di cuori e menti, non una guerra di teste.

Nato in Brasile da padre scozzese e madre anglo-brasiliana, Charles William Miller, dopo aver raggiunto l’età scolare, fu rispedito nel vivace centro industriale di Southampton in un istituto educativo d’élite. I genitori volevano che parlasse un inglese perfetto e in Brasile non c’erano ancora istituti anglofoni. Eccelleva nello sport e, al suo ritorno in Brasile avvenuto nel 1894, la sua valigetta conteneva un regolamento dell’FA e un pallone.

Durante i suoi anni di formazione in Inghilterra, il giovane Miller si era guadagnato la reputazione di sportivo di talento e dedizione. Oltre che di calcio, era appassionato anche di cricket. Ma fu il calcio, sia con il Corinthian FC che con il St. Mary’s – ora Southampton – che sviluppò il suo pedigree di calciatore pioniere all’avanguardia di un’esplosione culturale imminente.

Il porto di Santos, San Paolo, nel 1890

La sua formazione presso la Bannister Court School di Southampton indicava che il programma di studi aveva una notevole inclinazione di stampo imperiale, secondo i dettami della classe dirigente vittoriana. Appena sceso dalla nave che lo riportò sulle coste più calde del Brasile, Charles Miller riunì un gruppo di coetanei su un terreno desolato, una sorta di piazzola vicino a una stazione ferroviaria. Qui spiegò le regole con il suo pallone sgonfio tra le mani.

Difficile immaginare ora come sarebbe stata una partita di calcio disputata tra persone che non ne conoscevano le regole, figuriamoci le tattiche. Tuttavia, il calcio evocava immagini di gioia, di scoperta infantile, come arti non allenati che dondolavano con disinvoltura sulla palla. I primi giocatori si sforzavano di dare un senso al rapporto del proprio corpo con la sfera.

Miller fu la prima persona a portare un pallone da calcio in Brasile, sebbene l’operaio tessile scozzese Thomas Donohoe avesse già introdotto un qualcosa di simile. Ad ogni modo, è certamente Miller colui che ha ufficialmente introdotto il calcio in Brasile. La sua influenza andò ben al di là dell’organizzazione di una partitella tra amici.

Uomo istruito, proveniente da una famiglia benestante, aveva la capacità e i contatti per comunicare e organizzare su una scala più vasta. Il 13 maggio 1888, Charles Miller fondò il São Paulo Athletic Club (SPAC), che ancora oggi compete in vari sport, tra cui il futsal, la pallavolo e il rugby. Il “pioniere” anglo-brasiliano fondò anche la Liga Paulista, il primo torneo organizzato nel Paese. Il Corinthians ha avuto un inizio simile a quello dello SPAC di Charles Miller. Anche l’attuale Timão era il prodotto della prima immigrazione britannica.

San Paolo, un tempo casa di Charles Miller, è una vivace megalopoli che conduce un’esistenza spietata. La sua enorme densità abitativa dà origine a una criminalità diffusa. La città non dorme mai ed è estremamente caotica. Lo SPAC è invece immerso in un piccolo paradiso.

Non male le strutture dello SPAC

Per molti è come se la città, molto diversa da allora, fosse stata costruita intorno al club. Sulla facciata della sede del club campeggia un ritratto della regina Elisabetta II, un questo pittoresco omaggio al colonialismo. Le foto di squadra sono tutto ciò che rimane di quei primi tempi e i capelli ben oliati e i baffi perfettamente scolpiti degli uomini sono evocativi di un’epoca passata.

La squadra vinse i primi tre campionati paulisti. I brasiliani poi raccolsero il timone. Non ci volle molto perché il Paese fosse considerato la patria del calcio. Nel 1950, il Brasile ha ospitato la Coppa del Mondo e ha vinto il primo trofeo nel 1962. Allontanandosi rapidamente dai dettami dei maestri inglesi, il calcio brasiliano ha acquisito una sua identità, trasformando il calcio in un qualcosa di unico.

Da bambini, come un giovane Charles Miller infatuato, il calcio cattura la nostra immaginazione. Pensare al calcio e provare gioia pura in questo sport significa inevitabilmente pensare al futebol bailado dei brasiliani.

Capire esattamente che cos’è che ha fatto avvicinare così rapidamente la popolazione indigena a questo sport è motivo di studio approfondito. Questo successo sarebbe stato certamente inimmaginabile per un ragazzo che tornò in Brasile con in valigetta il regolamento del calcio e un pallone sgonfio. Tuttavia, è grazie a lui che è iniziata la storia dell’influenza calcistica britannica in Brasile – accanto a una stazione ferroviaria con un gruppo di amici – ed è qui che è finita. Da quel momento il Brasile calcistico ha camminato da solo…

Vincenzo Di Maso