L’aggettivo “geniale” viene troppo spesso abusato quando si parla dei grandi del calcio. Si parva licet componere magnis (“fatte le debite proporzioni” per i non latinisti), se c’è mai stato un giocatore che ha racchiuso in sé le sfumature della tecnica di Johan Cruyff, l’eccellenza nel ruolo di George Best e la visione di gioco di Zinedine Zidane, quel calciatore è stato Michael Laudrup. Questi paragoni sono audaci, provocatori ed esagerati ma, considerando le dovute proporzioni, si può affermare che Laudrup era dotato di alcune delle qualità che hanno reso fenomenali le summenzionate leggende.

Il maestro del centrocampo danese è universalmente considerato uno dei migliori calciatori della sua generazione e, probabilmente, il più grande calciatore danese di sempre. Michael Laudrup appartiene a una generazione di giocatori iconici, al di sotto delle leggende, che potrebbe non essere insignito del prestigio o dello status di superstar, ma che non sfigurerebbe di certo al cospetto dei talenti più geniali del calcio odierno.

Laudrup, Platini e Maradona

Guardare i momenti salienti di Laudrup è un’esperienza entusiasmante e una gioia per gli occhi. Laudrup si muoveva leggiadro sulla fascia, convergeva al centro, dribblava gli avversari con grande facilità e, allo stesso tempo, fungeva da punto di riferimento per i compagni nella zona nevralgica. Il suo raggio d’azione era molto vasto ed era in grado di creare pericoli in tante porzioni di campo. Era dotato di una spiccata concezione dello spazio-tempo ed eseguiva le giocate con una facilità disarmante. Pur non avendo raggiunto i livelli dei fuoriclasse citati sopra, Michael Laudrup era in grado di eseguire alla perfezione alcune giocate che erano i loro cavalli di battaglia.

Sin dai suoi inizi con il Kjøbenhavns Boldklub e, successivamente, con il Brøndby, il danese metteva in mostra la postura, la tecnica, la visione di gioco e l’intelligenza che avrebbe contraddistinto una generazione di suoi connazionali a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Di seguito un paio di giocate di Laudrup, degne di Zinedine Zidane.

A livello di club, la grandezza di Michael Laudrup come giocatore viene esemplificata alla perfezione dalla qualità delle compagini in cui è stato protagonista: Lazio, Juventus, Real Madrid, Barcellona e Ajax. L’essere diventato compagno di squadra di tanti grandi calciatori dell’epoca – Michel Platini, Zibi Boniek, Ronald Koeman, Hristo Stoichkov, Pep Guardiola, Romário, Iván Zamorano o Raúl – non fa che cementare ulteriormente la sua qualità e il suo status di genialità.

L’impatto di Laudrup con la Danimarca è indubbiamente iconico, ma non è privo di passi falsi e beffe. A seguito del suo alterco con il CT della nazionale Richard Møller Nielsen, Laudrup lasciò la squadra prima di Euro ’92. La sorte fu prima crudele, poi favorevole per i danesi. La Danimarca non era riuscita a qualificarsi per la competizione, ma fu ripescata in quanto la Jugoslavia fu impossibilitata a partecipare a causa della guerra che infuriava all’interno dei suoi confini. Laudrup perse quindi la grande occasione di poter giocare un torneo che vide la propria nazione trionfare inaspettatamente.

Michael Laudrup è stato uno dei talenti più sfavillanti del calcio danese. Tuttavia, la sua carriera in nazionale ha fatto da contraltare a quella vissuta nei club. Anche se la sua carriera con la Danimarca è lungi dall’essere considerata un fallimento, visto che Laudrup ha accumulato molti riconoscimenti e premi individuali per le sue esibizioni con la nazionale, se il suo atteggiamento fosse stato in linea con le esigenze della sua nazione per i Campionati Europei del 1992, avrebbe sicuramente potuto dare il suo apporto e contributo anche in vista della creazione di una sorta di dinastia. Eppure, il Laudrup stella insofferente avrebbe probabilmente rappresentato un deterrente per il successo dei danesi in quell’edizione.

Grazie al suo enorme talento, è chiaro che era venerato dai suoi compagni di squadra e dagli avversari. I suoi allenatori, però, soprattutto il grande Johan Cruyff, pur elogiandone sempre le qualità, hanno fatto presente che Laudrup avrebbe potuto raggiungere picchi decisamente più alti se solo si fosse applicato di più e avesse seguito appieno i loro insegnamenti. Proprio Johan Cruyff ha parlato di questa dicotomia, usando il bastone e la carota, con parole che hanno fatto luce sul rapporto tra i due geni ostinati e tormentati: «Laudrup è uno dei giocatori più difficili con cui ho lavorato. Quando dà l’80-90 per cento è ancora di gran lunga il migliore, ma io voglio il 100 per cento e lo fa raramente». Platini condivideva il punto di vista di Cruyff quando definì Laudrup “uno dei più grandi talenti di sempre”. Ma Le Roi Michel aggiungeva: «È il migliore al mondo in allenamento, ma non ha mai sfruttato al massimo il suo talento durante le partite».

Michael Laudrup e Johan Cruyff ai tempi del Barcellona

Forse il conflitto è l’ordine naturale delle cose quando due enigmatici e perspicaci cervelli calcistici condividono sia il campo di allenamento sia la forma mentis. Michael Laudrup non era solo un calciatore geniale, ma anche un campione “elettrizzante” ed elegante il cui talento non può essere insegnato né pienamente replicato. Nel corso della sua carriera da calciatore e oggi, come allenatore, Laudrup porta con sé un’aura di prodigiosità ed è ancora considerato uno dei migliori giocatori non di una generazione ma di tutti i tempi. Il suo pedigree di genio del calcio è universalmente riconosciuto ed elogiato. Le parole di leggende di questo sport, che elogiano come giocatore, avversario e compagno di squadra sono intrise di un rispetto che rasenta spesso la riverenza. Non c’è dubbio: pochi giocatori lasciano un impatto sul mondo del calcio come quello lasciato da Michael Laudrup.

Vincenzo Di Maso