Nel 1982-1983 Beppe Viola ha fatto il suo ultimo servizio prima di morire prematuramente a soli 42 anni per un’emorragia cerebrale. Ricordiamo il celebre giornalista, telecronista, scrittore e umorista, una delle voci fisse di “Tutto il calcio minuto per minuto” tra gli anni ’60 e ’70.

Il mitico Gianni Brera lo ricordava così: «Era nato per sentire gli angeli e invece doveva, oh porca vita, frequentare i bordelli. […] Povero vecchio Pepinoeu! Batteva con impegno la carta in osteria e delirava per un cavallo modicamente impostato sulla corsa; tirava mezzo litro e improvvisava battute che sovente esprimevano il sale della vita. Aveva un humour naturale e beffardo: una innata onestà gli vietava smancerie in qualsiasi campo si trovasse a produrre parole e pensiero. Lavorò duro, forsennatamente, per aver chiesto alla vita quello che ad altri sarebbe bastato per venirne schiantato in poco tempo. Lui le ha rubato quanti giorni ha potuto senza mai cedere al presago timore di perderla troppo presto. La sua romantica incontinenza era di una patetica follia. Ed io, che soprattutto per questo lo amavo, ora ne provo un rimorso che rende persino goffo il mio dolore…»

L’ultima partita di Beppe Viola è Inter-Napoli.

Beppe Viola con Adriano De Zan e Nereo Rocco a “La domenica sportiva”

 

Di fronte ci sono due squadre in momenti totalmente diversi: l’Inter arriva a lottare per i primissimi posti finendo poi terza, mentre il Napoli si salva dopo una stagione piena di tribolazioni.

Si tratta di un Napoli “scalcagnato”, sembrano lontani anni luce i sogni scudetto della primavera del 1981 ma anche il quarto posto del campionato successivo. Rino Marchesi è andato proprio all’Inter ed è arrivato in sua vece Giacomini, superando in volata Bersellini, Agroppi e la soluzione interna Mariolino Corso.

Giacomini ha vinto tre campionati di serie inferiori, portando l’Udinese dalla C alla A ed il Milan retrocesso per scommesse subito nella massima serie.

Il problema del tecnico è un lungo soprabito nero. Giuseppe Pacileo gli chiede perché non sorride mai, l’allenatore attribuisce il suo umore tetro ad un’infanzia spesa in orfanotrofio. Si racconta di rimbrotti ai giocatori in ritiro, stanchi di mangiare pollo a pranzo e a cena.

Il mercato faceva disperare anche allora: a parte Ramon Diaz, protagonista nel Mondiale junior giapponese vinto da Maradona e nella sfortunata campagna di Spagna, il Napoli non centra gli obiettivi prefissati.

Al Meazza, il 17 ottobre 1982 si presenta un Napoli già in piena crisi, reduce dalle sconfitte con Juventus e Roma. In particolare la sconfitta interna con i giallorossi di Liedholm, poi campioni d’Italia darà vita allo psicodramma collettivo. I tifosi danno vita ad una sassaiola, diversi sedili di travertino vengono divelti, un sasso colpisce Castellini.

Il San Paolo, ancora privo dell’oscena copertura, è sorvolato da un Piper recante il messaggio: “Ferlaino via, Juliano torna!”.

In questo scenario, il Napoli giunge a Milano dopo diversi giorni di ritiro blindato ad Asti, tra i mugugni degli azzurri, le voci sul ritorno di Juliano e l’arrivo reale dalla finestra del mercato di Scarnecchia.

Il Napoli trova un’Inter con ancora diversi reduci dallo scudetto del 1980 e dal Mondiale spagnolo. Ci sono Bordon, Oriali, Beccalossi, Altobelli. C’è Zio Bergomi, Collovati giunto in estate, fuggendo dal Milan retrocesso sul campo e ci sono giovani virgulti del vivaio come Ferri e Zenga che scalpitano. Tra i nerazzurri Bagni non interpreta ancora il ruolo del guerriero di centrocampo ma è ancora una giovane aletta sgusciante, già evidenziatasi a Perugia.

C’è Juary, mentre manca Hansi Muller già alle prese con una coabitazione problematica con Beccalossi. In panca vi è proprio Rino Marchesi.

Segnano Oriali e Altobelli, il Napoli nelle more aveva colpito un palo con Pellegrini terzo. Gli azzurri di Giacomini non si abbattono e strappano il pareggio con Criscimanni, all’87esimo su giocata sontuosa e rara di Ramon Diaz, che andrà a vincere sei anni dopo lo scudetto a Milano e pareggio del lungagnone messinese Raimondo Marino.

Sarà una delle poche gare positive della gestione Giacomini; ciononostante si cadrà nel delirio due giorni dopo con la bomba scoppiata sotto villa Ferlaino, l’ordigno esploso fuori ai botteghini del San Paolo e un gruppo talebano ante-litteram “Nuova Camorra Sportiva” che annuncia attentati in occasione della gara con il Kaiserslautern.

Chi era Beppe Viola

Però quell’Inter-Napoli si lascia ricordare non per le miserie napoletane ma per la scomparsa poche ore dopo la gara di Beppe Viola, che aveva preparato il servizio per la Domenica Sportiva, con il commento di Gianni Vasino. Sua l’intervista a Giacomini.

Viola era un fuoriclasse. Come puoi non definire tale uno che ha scritto alcuni dialoghi di Romanzo Popolare di Monicelli?

È lui in una scena di questo capolavoro che interpreta il cassiere del cinema che litiga con Tognazzi, reo di avere una moglie troppo giovane come Ornella Muti. Scrive alcuni testi di Jannacci, tra cui Quelli che…

Beppe Viola ed Enzo Jannacci

 

Amava la Milano notturna, ma non quella plastificata della Milano da bere del rampantismo berlusconiano.

La Milano degli anni ’70, disincantata, nebbiosa e casinista dei Cochi e Renato, dei Teocoli, del Derby, di risse, bevute e risate. Amava l’Ippica e ci giocava ma non per vizio, bensì per stare tra la fauna degli Ippodromi che amava. Perdeva e dopo si sfogava con le piante.

Una Milano in cui sulla sfondo si aggiravano i Vallanzasca e i Turatello, si viveva in casermoni, bagno in comune per molte famiglie siculo-calabresi-campane. La parlata di Giorgio Porcaro e Diego Abatantuono non è poi così improbabile in realtà.

Ma la notte ci si diverte, non con l’aperitivo sui Navigli smanettando sui cellulari, ma raccontando cazzate giocando a carte tra nubi di Marlboro, magari mentre ti rubavano l’autoradio di una Simca.

Un personaggio bukowskiano, che probabilmente piaceva al giovane Sarri. Non frequentava l’elite ma la Milano più sgangherata. Si rifiutò di mandare in onda le immagini di un derby bruttissimo cui aveva assistito e montò il servizio con immagini di cineteca, quelle del derby d’esordio di Sandrino Mazzola.

Intervistò Gianni Rivera in tram per vincere la noia di una sosta per la Nazionale, chiese a Graziani se in Nazionale c’erano giocatori omosessuali.

Ma la frase più geniale, che meglio disegna Beppe Viola, fu rivolta ad un centravanti del Milan, Egidio Calloni che con la rete aveva un rapporto problematico: “Attaccano i rossoneri, Calloni sventa la minaccia”.

 

Marco Bruttapasta