La morte di misteriosa di Sindelar, il fuoriclasse che sfidò il nazismo
Raccontiamo la storia di Matthias Sindelar, il “#Mozart” che sfidò il nazismo. Sulle cause della sua morte rimane un’aura di mistero, ma vi diamo un indizio: in realtà Sindelar NON era ebreo. Buona lettura

Il giornalista Angiolino Schiavo descriveva così Matthias Sindelar: «Era cresciuto senza scarpe e soffrendo la fame. Kalman Konrad lo aiutò a diventare il finissimo rapsodico del calcio. Uno stelo appeso a due occhi azzurri che saettava come una freccia verso i gol più meravigliosi». Non a caso Matthias Sindelar era chiamato “il Mozart del pallone”, sia per la sua tecnica sopraffina sia per la nazionalità austriaca, seppure la sua famiglia fosse di origini cecoslovacche. A differenza di quanto riportato, Sindelar e la sua famiglia erano cattolici.
La storia pullula di calciatori di talento che sono morti prematuramente in circostanze tragiche. Che si sia trattato di incidenti devastanti, di eccessi di vizi mortali o semplicemente di problemi di salute, una moltitudine di calciatori è morto troppo presto. C’è stato poi il caso di Emanuele Del Vecchio, compagno di squadra di Pelé al Santos ed ex Milan e Napoli, che fu ucciso dal genero. Pochi, tuttavia, sono morti in circostanze controverse come quelle di Matthias Sindelar.
I racconti della morte di Sindelar
Il campione austriaco fu trovato morto la mattina del 23 gennaio 1939 nel suo appartamento di Vienna a soli 35 anni. Il suo amico Gustav Hartmann trovò il centravanti austriaco riverso nudo nel suo letto accanto alla sua fidanzata Camilla Castignola (ebrea milanese), morta in seguito in ospedale. La polizia stabilì rapidamente che entrambi erano morti per asfissia a causa delle inalazioni di monossido di carbonio di una stufa e archiviò l’inchiesta entro due giorni. Sei mesi dopo, però, la Procura non era ancora giunta a una conclusione e il regime nazista ordinò, in fretta e furia, di chiudere il caso una volta per tutte.
Questa imposizione diede vita a una serie di teorie. Il giornale austriaco Kronen Zeitung suggerì che Sindelar era stato “vittima di un omicidio per avvelenamento”, mentre uno dei suoi amici, Egon Ulbrich, raccontò a un documentario della BBC nel 2003 che i funzionari locali erano stati corrotti per registrare la sua morte come un incidente. Nella sua poesia Gedicht vom Tode eines Fußballers (“Ballata sulla morte di un calciatore”), Friedrich Torberg ha presentato un’altra teoria, suggerendo che Sindelar si era suicidato dopo essersi sentito “rinnegato” da quello che ha descritto come il “Nuovo Ordine”. Che le teorie sulla morte di Sindelar continuino ad affluire quasi otto decenni dopo la sua morte mostrano la grandezza del personaggio e l’impatto che ha avuto all’interno e all’esterno del rettangolo di gioco.

Il Sindelar calciatore
Considerato all’unanimità come il più grande calciatore che l’Austria abbia mai prodotto, Sindelar è cresciuto calcisticamente giocando in strada a Vienna. Fu lì che la sua famiglia si era trasferita dalla Moravia, allora parte dell’Impero Austro-Ungarico, quando Sindelar – originariamente nato Matěj Šindelář – aveva appena due anni. Dalle strade acciottolate della capitale austriaca, si trasferì rapidamente nella zona del Franz Horr-Stadion di Vienna.
Iniziò a giocare nell’Hertha Vienna, passando poi all’Fk Austria (in Italia noto come Austria Vienna). Nel 1933 e nel 1936 trascinò la sua squadra alla vittoria della Mitropa Cup, la coppa dell’Europa Centrale.
Fu con la nazionale, però, che acquisì il suo famoso soprannome – Der Papierene (L’uomo di carta) – per la sua corporatura minuta e per essersi affermato come la più grande star della sua epoca. “In un certo senso aveva il cervello nelle gambe“, scrisse il critico teatrale Alfred Polgar, “e gli accaddero molte cose importanti e inaspettate. Il tiro poderoso di Sindelar mandava il pallone in fondo al sacco come una perfetta battuta finale, un finale che permise di capire e apprezzare la perfetta composizione della storia, di cui rappresentava il coronamento“.
In un’epoca in cui Vienna era indiscutibilmente il centro culturale del mondo, il Wunderteam austriaco era per il calcio ciò che i virtuosi concerti per pianoforte di Carl Fruhling erano per la musica, ciò che le teorie di Sigmund Freud erano per la scienza. Un qualcosa da apprezzare e discutere nei numerosi caffè sparsi per la capitale austriaca.
Dotata di talenti favolosi, tra cui Walter Nausch e Josef Smistik, oltre a Sindelar, la nazionale austriaca ha vinto 14 partite imbattute tra l’aprile del 1931 e il dicembre del 1932. La striscia comprendeva il 5-0 e il 6-0 sulla Germania e un 8-2 sull’Ungheria. Nel 1932 il Wunderteam si aggiudicò la Coppa dell’Europa Centrale, il predecessore dell’attuale Campionato Europeo, ma la sua corsa alla gloria ai Mondiali del 1934 si concluse in semifinale, quando fu sconfitta per 1-0 dalla nostra nazionale.

Irrompe il nazismo
Quando Sindelar e i suoi compagni si qualificarono per i Mondiali quattro anni dopo, il mondo era cambiato radicalmente. Per gli austriaci, in particolare, il cambiamento ebbe un impatto ancora maggiore, poiché iniziò appena fuori dai loro confini, dove le ruote della macchina nazista iniziarono a muoversi a una velocità allarmante. Il 12 marzo 1938, l’Austria fu annessa alla Germania.
Mentre prima dell’Anschluss l’idea dell’unificazione tra Austria e Germania aveva proseliti anche al di fuori dei circoli nazisti, l’annessione ebbe luogo solo dopo che la Wehrmacht tedesca attraversò il confine con l’Austria in una macabra prova generale di scene agghiaccianti a cui tutta Europa avrebbe presto assistito.
Come molti dei suoi compatrioti, Sindelar non aveva fatto mistero della sua antipatia per il regime nazista o delle sue tendenze socialdemocratiche. Meno di un mese dopo l’Anschluss, fu scelto per giocare in una cosiddetta “Partita di riconciliazione” tra la Germania e l’Ostmark – il nome che la propaganda nazista usava per sostituire quello dell’ex Stato federale indipendente dell’Austria – per segnare la nascita di una nuova squadra unita.
Quella partita fu vinta dall’Austria per 2-1 e, dopo quel match, i calciatori dovevano rivolgere il saluto nazista dinanzi alle autorità del Reich. Sindelar si rifiutò fiero e decise di non partecipare alle partite di quella nazionale unificata. Anche i calciatori ebrei furono costretti a giocare sotto l’insegna della svastica. «Mi accorsi – raccontò tempo dopo Sepp Herberger, tecnico tedesco – che c’erano altri motivi per cui non voleva giocare e io decisi di lasciarlo in pace, anche se sapevo che era ancora il più forte».

Fu la partita della morte?
Nella partita dell’annessione, con ogni probabilità, l’Austria aveva ricevuto l’ordine di non segnare. Quando Sindelar trovò il gol, nel secondo tempo, festeggiò davanti a una tribuna piena di alti funzionari nazisti. Secondo molti, questi festeggiamenti sono stati la causa della sua morte nel gennaio successivo. Nel corso del tempo, però, le congetture si sono trasformate in una voce, che ha poi lasciato il posto ad altre congetture e alla fine si è trasformata in un mito duraturo.
Ciò che è incontestabile è che, nell’agosto dello stesso anno, Sindelar acquistò un caffè da Leopold Drill, un ebreo che era stato costretto a rinunciare alla sua attività una volta promulgata una nuova legge. La riluttanza del calciatore ad affiggere manifesti nazisti non andò a genio alle autorità locali, ma anche questo è un motivo poco fondato per essere considerato come la causa della prematura scomparsa di Sindelar.

La religione di Sindelar fu oggetto di tante discussioni, ma anche a quei tempi il regime era sicuro che fosse cattolico e non ebreo. La compagna era, invece, di religione ebraica. Il fatto che fosse di origine cecoslovacca e che avesse, come un gran numero di ebrei, lasciato la Moravia per Vienna, oltre a giocare per l’Austria Vienna – una squadra che rappresentava la borghesia ebraica a Vienna – portò a pensare che Sindelar fosse ebreo. Queste affermazioni, tuttavia, erano infondate e alla fine non ebbero molta importanza nel contesto della sua morte sospetta. Tuttavia è vero che a seguito delle sue ripetute intemperanze – il mancato saluto, il rifiuto di giocare ma anche quello di iscriversi a partito nazista – Sindelar era stato preso di mira dalla Gestapo.
Qualunque sia la causa della sua scomparsa, più di 20.000 persone hanno partecipato al funerale di Sindelar, un’occasione che da allora è stata descritta come “la prima e ultima manifestazione di Vienna contro i nazisti” dallo scrittore Robin Stummer. La verità sulla morte di Sindelar potrebbe non vedere mai la luce, ma questo fuoriclasse austriaco conservato quell’aura di mistero, anche otto decenni dopo la sua scomparsa.
Vincenzo Di Maso

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione