Paolo Vanoli vive le partite in maniera assai passionale, teso come una corda di violino quando guida la squadra lungo la linea laterale. Passeggia sempre nervosamente a bordocampo, gridando freneticamente indicazioni ai suoi giocatori. Ricorda un pò lo stile di Antonio Conte. Talvolta, addirittura, sembra di vederne una copia carbone. Forse perché i due hanno condiviso una bella parentesi. Nel 2016 l’Uomo del Salento lo sceglie come vice, durante la parentesi come commissario tecnico dell’Italia. Poi se lo porta al Chelsea e all’Inter: là Vanoli vince, nei panni di “secondo”, l’FA Cup e nel biennio in nerazzurro raggiunge la finale dell’Europa League ed il trionfo dello Scudetto.
Il percorso che ha portato Vanoli ad ereditare il Torino da Jurić, accomodandosi sulla panchina di un club con una solida tradizione nell’italico pallone, è stato lungo e tortuoso. A testimoniarlo, un variegato curriculum professionale. Neanche a farlo apposta la sua carriera s’è intrecciato in modo indissolubile con quella di Conte, in qualità di principale collaboratore tecnico del salentino nelle esperienze a Londra e Milano.
Prima di allargare le proprie conoscenze al seguito dell’attuale tecnico del Napoli, aveva maturato una discreta gavetta nelle Nazionali giovanili. Una trafila di ben otto anni, dall’Under 16 fino all’Under 19. L’interazione continua con Arrigo Sacchi, al tempo coordinatore tecnico della FIGC, contribuisce a plasmare le idee di Vanoli. Lo step successivo, apprendere il mestiere dal c.t. Gian Piero Ventura, diventandone assistente nello staff degli Azzurri. Il debutto da “titolare”, solo nel 2021, in piena pandemia da Covid, allo Spartak Mosca. Peccato che l’invasione dell’Ucraina l’abbia costretto a interrompe bruscamente quel capitolo. Non prima di mettere la firma sulla vittoria della Coppa di Russia. Insomma, un iter lento e graduale, che è culminato col biennio ricco di soddisfazioni al Venezia. Nel novembre del 2022 prende gli arancioneroverdi penultimi in cadetteria e li trascina all’ottavo posto, buono per accedere al turno preliminare dei playoff. Quindi, la scorsa stagione, conquista la promozione in Serie A, vincendo la post-season. Coronando così una corposa gavetta.
Schiettezza con la proprietà
E’ innegabile che Vanoli, al fianco di Conte, abbia non solo aumentato le sue competenze tecnico-tattiche. Ma soprattutto imparato come si gestisca uno spogliatoio importante, lasciandogli in dote gli strumenti adatti a dirimere situazioni potenzialmente esplosive. Prendiamo, ad esempio, lo sfogo con cui l’allenatore del Torino ha commentato la cessione di Bellanova, alla vigilia della partita con l’Atalanta, qualche ora dopo che Cairo aveva ceduto il laterale proprio agli orobici, a pochi giorni dalla chiusura del mercato.
“Quello che dovevo dire al presidente gliel’ho riferito in faccia e telefonicamente. Detto ciò volto pagina e vado avanti senza che tutto questo diventi un alibi. Io sono sempre molto onesto, ho la forza di pazientare. Solo una cosa: non mi piegherò mai alla mediocrità…”.
Parole chiare, cristalline: sottolineavano il comportamento della proprietà, che non aveva ritenuto opportuno interpellarlo nonostante stesse per vendere uno degli asset più importanti della rosa. In un istante, smentisce la versione del suo presidente. E con la schiettezza che lo caratterizza, lo sbugiarda due volte. Affermando di non essere al corrente dell’operazione. Ed al contempo, negando i mal di pancia del giocatore, sostenuti da Cairo.
Parlar chiaro, senza timori
Tratti comunicativi che ricordano la naturalezza con cui Conte ruppe bruscamente i rapporti (e l’amicizia) con Andrea Agnelli, dopo i trionfi dei tre anni trascorsi in panchina alla Juventus.
“Con 10 euro non si mangia in un ristorante da 100 euro…”.
Toni di chi non ammette mezze misure, abituato a dire le cose come stanno, non scadendo però nel mero piagnisteo. Il pomo della discordia che segnò la separazione nell’estate del 2014 dalla Vecchia Signora? L’allenatore manifestò il suo disappunto, reclamando a gran voce una campagna di rafforzamento degna dei bianconeri, una squadra che aveva letteralmente dominato la concorrenza in quel triennio. Mentre la società era restia ad accontentarlo.
Un’altra analogia che accomuna Vanoli a Conte è la gestione dei rapporti con i media. Un contesto in cui i toni si fanno magari più sobri, ma non a discapito della onestà intellettuale. E poi, il fatto che entrambi si presentino puntualmente ai microfoni di radio e tv quasi senza voce veicola la sensazione di quanta intensità mettano nel guidare la squadra. Poiché il punto di saldatura tra loro rimane comunque il lavoro sul campo. La cosa che gli piace di più, oltre la luce dei riflettori.
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