La classifica sta sorridendo al Napoli, che finora ha dato l’impressione di poter correre con pieno merito in testa alla classifica. Significativo che adesso gli azzurri, per certificare questo status di “lepre”, debbano superare indenni il micro-ciclo che li mette di fronte a tre reali contender: oggi il Milan, quindi Atalanta e Inter. Ecco com’è andata…
Meret: 6,5
Attento sull’iniziativa personale di Chukwueze: disinnesca in tuffo la traiettoria del potente mancino (20’). L’uscita a valanga con cui stoppa Musah merita un monumento. Poi si allunga sul colpo di testa di Loftus-Cheek. Anche in uscita restituisce certezze granitiche alla squadra. Un’altra parata importante nel secondo tempo su Leao (82’) spegne le speranze dei padroni di casa. Se la partita non si riapre, è merito suo.
Di Lorenzo: 6,5
Da impulso alla manovra sviluppando in maniera naturale la classica combinazione in catena assieme a Politano. E quando entra dentro al campo coi tempi giusti, ovvero con la possibilità di vedere il gioco frontale, cioè da “finto terzino”, sa sempre cosa fare, offrendo ai compagni ulteriori linee di passaggio. In più, è predisposto a rientrare, in fase di non possesso, mantenendo la situazione di copertura della zona difensiva al cospetto di un Okafor abbastanza elettrico. Con l’ingresso di Leao non sperpera quanto di buono fatto fino a quel momento. Unico neo: la follia del passaggio incrociato in uscita, che mette in condizione Musah di battere sul secondo palo, sfiorando il pareggio (18’).
Rrahmani: 6,5
Un chiaro esempio di come debba funzionare davanti a Morata: essere di ghiaccio. L’attaccante spagnolo viene spesso sollecitato ad attaccare la profondità senza palla, oppure accorciare la sua posizione verso il centrocampo, per svuotare il cono di luce e favorire al contempo gli inserimenti di Loftus-Cheek. Evidente l’intenzione di provare a sorprendere il kosovaro, creandogli spazio alle spalle, dettando così l’imbucata rossonera. Amir resta sempre concentrato.
Buongiorno: 6
Mantenere la lucidità al cospetto di un mobilissimo Morata non è facile. L’ex Toro ha una notevole fiducia nei propri mezzi, consapevole che per alcuni attaccanti urge avere un particolare occhio di riguardo. Per poco l’incomprensione con Gilmour in costruzione bassa non provoca un frittatone fantozziano (27’). Da lì in avanti aumenta il volume della sua attenzione maniacale, consapevole che Fonseca abbia bisogno di qualcuno che minacci la profondità, per allungare la difesa azzurra. Indubbio che sul gol annullato al centravanti del Milan, se lo lasci sfilare alle spalle con colpevole ritardo. Cresce col passare dei minuti. Fino a blindare la retroguardia.
Olivera: 6,5
La maggior velocità di Chukwueze è un fattore. La mismatch negativa che ha dovuto sopportare per tutta la partita lo condiziona inesorabilmente. Il nigeriano tende a rimanere quasi sempre con gli scarpini sulla linea laterale. Fonseca lo vuole là, alto e in ampiezza, ad allargare le maglie difensive del Napoli. Quindi, sprigionare la propria falcata in lunghe conduzioni palla al piede. Il fatto che l’uruguagio debba rimanere ferocemente applicato in marcatura comporta conseguentemente che non possa aiutare Kvara sui ribaltamenti, portandogli via l’uomo.
(dal 93’ Zerbin: s.v.)
Garbage time e null’altro.
Anguissa: 7
Le caratteristiche del camerunese consentono al Napoli di far fluire il gioco in zone interne di campo. Irrinunciabili i suoi strappi negli “half spaces”, funzionali a privilegiare questa idea: salta Musah e non perde mai la palla. Ma si spende anche nel tentare di dare ordine al centrocampo, collaborando nella costruzione con Gilmour. Perfetto il filtrante con cui stimola Lukaku a saturare lo spazio tra i due centrali, mettendolo nelle condizioni ideali per siglare il vantaggio.
Gilmour: 6,5
Conte deve stemperare gli effetti prodotti sulla manovra dall’assenza di Lobotka. Un cambio di paradigma apparentemente indolore, se si considera il modo in cui l’ex Brighton gestisce il possesso, trovando un ideale punto di incontro con le necessità della squadra. Uno scenario in cui si cala perfettamente ripulendo tutti i palloni, verticalizzando appena possibile. Qualità e letture non gli fanno difetto. Forse dovrebbe intensificare la frequenza dei tocchi, per sottrarsi al pressing predisposto da Fonseca, voglioso di schermare subito il regista azzurro. La mancanza di intesa con Buongiorno genera una pericolosa disattenzione, cancellata dalla reattività in uscita di Meret.
(dal 93’ Folorunsho: s.v.)
Cambio mangia secondi.
McTominay: 7
Nel sistema fluido implementato da Conte lo scozzese rappresenta il pezzo del puzzle che mancava. L’allenatore gli chiede di essere de facto la seconda punta che garantisce profondità alla squadra, posizionandosi talvolta sulla stessa linea del centravanti. Forse per questo tocca pochi palloni da fermo, e riceve soprattutto in corsa, non fermandosi praticamente mai. Se non bastasse l’aiuto concreto dato a Lukaku, scatta in profondità senza palla, per ricevere alle spalle di Loftus-Cheek. Oltre ad assorbirne le ripartenze, in una sorta di marcatura personalizzata tutti muscoli e agonismo tipicamente britannico.
Politano: 6
Il suo lavoro è dispendioso fisicamente, ma pure assai utile. Scende e si avvicina ai compagni nella trequarti difensiva, per offrire una traccia pulita di passaggio e poi partire in conduzione. Questi scatti permettono di abbassare la linea difensiva rossonera, e facilitano la vita a Di Lorenzo, premiandone le sovrapposizioni. Ha il talento pure per accentrarsi e muoversi dentro al campo. Invece nella fase di non possesso raddoppia sistematicamente su Okafor, accompagnandolo fino al limite della propria area.
(dal 68‘ Mazzocchi: 6)
Conte lo prende in considerazione per ridisegnare il Napoli sul 5-4-1. Riciclandolo in fase difensiva, visto che con gli inserimenti di Leao e Pulisic, il Milan si stava facendo minaccioso le volte che i neoentrati innescavano le conduzioni. Utile quindi un surplus attentivo, specialmente sul portoghese.
Lukaku: 7
Ha uno stile spigoloso, dove la fisicità riveste un ruolo importante. Utilizza il corpo per tenere a distanza Pavlovic. Un lento lavoro di logoramento, in primis mentale, che va avanti fino a quando Big Rom non lo trova in ritardo o poco concentrato (vedi l’azione del vantaggio). Ma in questo modo, sbattendosi per giocare di sponda, può dare comunque profondità, perché assai arzillo e dinamico. In ogni caso, le sollecitazioni del difensore rossonero, che gli stanno attaccato come una cozza allo scoglio, non lo estromettono dalla partita. Anche così, togliere l’istinto per il gol al belga appare evidentemente complicato.
(dal 76‘ Simeone: s.v.)
A questo punto della sua esperienza all’ombra del Vesuvio viene da chiedersi quanto la cura Conte l’abbia rigenerato. Il suo repertorio: cucire il gioco e impattare negli ultimi sedici metri, da attaccante “vero”. Ruolo in uscita dalla panca dove l’influenza è risaputa.
Kvaratskhelia: 7
Talvolta gli basta semplicemente sfiorare il pallone per trovare la finta giusta. Emerson Royal lo marca senza (quasi…) mai distrarsi, consapevole che in un amen può sterzare e cambiare direzione con la finta giusta. Sul milanista l’impatto psicologico di questa tensione costante non va sottovalutato. Prova a mandarlo verso l’esterno, lontano dalla zona pericolosa, ma il georgiano prende la traiettoria interna, sgasando verso il lato corto dell’area, dove fa più male. E quando imbocca l’autostrada verso Maignan, il tiraggiro produce il raddoppio. Tra l’altro, nel miglior momento del Milan. Le statistiche non lo dicono, ma l’importanza nell’aiutare Olivera in fase di non possesso è stata fondamentale.
(dal 76‘ Neres: s.v.)
Non bisogna etichettare la panchina odierna come un castigo per la prestazione opaca contro il Lecce. Appena Conte ha avuto bisogno dell’energia del brasiliano per dare una scossa alla partita, l’ha buttato dentro. Ricevendo in cambio i soliti strappi, utili per finire di sfiancare i milanisti.
Allenatore Conte: 7
Concentrazione e sacrificio opposti a intensità nel pressing e qualità nella gestione del giropalla. In questa contrapposizione dal sapore vagamente ideologico, prim’ancora che strategico, il Napoli gioca una partita ai limiti della perfezione sul piano dell’approccio prima, dell’interpretazione dei vari momenti dopo. Gli azzurri accettano con la calma dei forti di trascorrere ampie porzioni di gara nella propria trequarti, facendo comunque le cose giuste. Dopo le sostituzioni di Fonseca, con grande umiltà, l’Uomo del Salento accetta di mettersi addirittura a 5, chiedendo ad Anguissa di sacrificarsi nell’insolito ruolo di “ala tattica”, modellando al tempo stesso il centrocampo sulle idee e l’intelligenza della coppia scozzese. Insomma, letture da applausi.
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