Perché il Napoli non va considerato una sorpresa, nonostante il calendario  

Nonostante la posizione in classifica, accompagnata dall’entusiastico tweet di De Laurentiis, con tanto di emoticon sorridente, che lascia immaginare chissà che, Conte predica calma e sangue freddo. Non solo per questioni scaramantiche: l’Uomo del Salento supporta la sua tesi con l’esigenza di continuare a lavorare quotidianamente per colmare l’enorme divario generato l’anno scorso rispetto alla concorrenza. Le parole del tecnico salentino, tutte orientate a evitare distrazioni o prematuri voli pindarici, stimolano dunque l’attenzione di tifosi e addetti ai lavori sul calendario, finora non tanto intransigente con il Napoli.

Eppure, c’è un dato assai significativo in prospettiva futura, che non può passare inosservato. Nelle ultime sei partite, tra campionato e Coppa Italia, gli azzurri hanno subito soltanto un gol. Sintomo di come la squadra sia riuscita a consolidare la fase difensiva con efficacia.

Concetti radicati nella testa del Napoli

Anche contro il Monza l’idea di Conte era quella di esplorare i modi per portare la palla nella trequarti avversaria, senza tuttavia concedere alcunché ai biancorossi. In effetti, è apparso sin troppo evidente che nella ripresa il Napoli abbia consapevolmente lasciato la gestione del pallone agli ospiti, abbassando notevolmente il baricentro. Pur senza elargire loro nemmeno uno straccio di tiro in porta che potesse davvero avere il crisma della pericolosità.

Mentre nella prima frazione di gioco proprio i padroni di casa avevano creato le condizioni per cavalcare l’inerzia al gioco verticale. Con un atteggiamento mai passivo, che si è nutrito sì di spostamenti collettivi, coordinati per chiudere ogni passaggio pulito ai monzesi. Abbinando però un deciso pressing. In tal senso, rimane emblematica l’azione del raddoppio, favorita da uno scippo di Anguissa. Un concetto radicato nella testa del gruppo, che ha costruito l’intercetto del camerunese sulla feroce volontà di esasperare la forzatura nell’uscita dal basso a Turati. Effettivamente, c’è un lavoro propedeutico importante, che dopo permette di occupare l’ampiezza col dinamismo dei terzini. Specialmente grazie a Di Lorenzo. Associandola agli inserimenti in profondità di McTominay.

Se guardiamo ai movimenti dello scozzese, sembra chiaro che rappresenti il profilo ideale affinché si determinino scompensi tattici negli avversari, costretti ad adattarsi, quindi compensare, gli spostamenti dell’ex Manchester United, per assorbirne gli inserimenti. Visto che ha la lucidità necessaria per leggere la situazione e posizionarsi dove può fare più male. Un meccanismo che sta funzionando piuttosto bene, quello del doppio compito svolto da McT: allinearsi a Lukaku, cioè accorciare il campo in avanti, disegnando una sorta di 4-4-2 ibrido. Oppure retrocedere, esprimendosi da interno, ed evitando che la mediana vada in sofferenza o addirittura in inferiorità numerica.

Stringere per dilatare

Giocate che acquisivano molto più senso quando Kvara e Politano stringevano la posizione, cercando di ottenere un vantaggio attraverso i tagli nei mezzi spazi. Gli smarcamenti dietro la seconda linea di pressione predisposta da Nesta facevano quindi perdere i riferimenti ai brianzoli. Tutte situazioni funzionali poi a dilatare le distanze tra i reparti. Considerando che il Monza aveva organizzato un ordinato e compatto 5-4-1 per provare a sporcare la manovra del Napoli.

A maggiore ragione le volte che gli esterni offensivi di Conte si abbassavano incontro ai mediani. Chiara a quel punto l’intenzione di costringere Pedro Pereira e Kyriakopoulos ad accorciare in avanti, permettendo però al georgiano o all’ex Sassuolo di riciclare il possesso. Magari cambiando anche il fronte del gioco.

Insomma, a prescindere dal ruolo occupato nominalmente, attaccanti e centrocampisti del Napoli sono riusciti a esprimere le loro doti, dimostrando cosa li renda speciali nel rinnovato sistema tattico disegnato da Conte. Senza preoccuparsi troppo che sia 4-3-3 o 4-2-3-1.

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