Così McTominay cambia il Napoli, codificando nuove situazioni tattiche

Le ultime due uscite in maglia Napoli di Scott McTominay hanno veicolato nei tifosi la gradevole sensazione che stia iniziando qualcosa di molto interessante all’ombra del Vesuvio. Un processo evolutivo che si intreccia inesorabilmente con le scelte di Antonio Conte, capaci di coinvolgere l’intera squadra, passata in un batter d’occhio al 4-3-3. Strutturato però in modo nient’affatto tradizionale, proprio per sfruttare la fisicità, oltre alle inclinazioni tecniche, dell’ex Manchester United. All’interno di un sistema dai meccanismi assai sofisticati. Dove lo scozzese cambia pelle. Trasformandosi in un tuttocampista multitasking a seconda della situazione. Utilizzabile, cioè, al fianco di Lobotka e Anguissa, da mezzala sinistra. Oppure collaborando attivamente alla fase offensiva, aggiungendosi agli offensive players azzurri.

Emblematiche le dichiarazioni rilasciate dall’Uomo del Salento nella consueta conferenza stampa post Juve, gara in cui de facto ha cambiato la maniera di approcciarsi tatticamente all’avversario: “Con il 3-5-2 ammazzerei troppi calciatori…”. Sia ben inteso, non siamo al cospetto dell’abiura evidente a un modulo dall’indole conservativa, basato sui tre centrali difensivi, supportati dai laterali a tutta fascia. Bensì il consapevole adattamento alle risorse della rosa.

Unico e diverso dagli altri

Perciò l’epicentro di questa trasformazione è McTominay: la cui presenza garantisce non soltanto un elevato tasso qualitativo alla costruzione della manovra, ma con i suoi movimenti funzionali ad aggredire la profondità consente al Napoli di invadere la trequarti altrui.  Caratteristiche, dunque, in grado di renderlo unico. Diversissimo rispetto agli altri centrocampisti in organico. Così da permettere all’allenatore di codificare sistematicamente certe giocate.  

Effettivamente, con la palla gestita dalla controparte, la fluidità posizionale lascia Lobotka davanti alla difesa, con McTominay e Anguissa a lavorare come interni. La vera rivoluzione, tuttavia, si realizza all’atto della riconquista: lo scozzese si alza tantissimo, accoppiandosi a Lukaku. Avvicinandolo a Big Rom, quindi, si offre sostegno concreto al belga in attacco. Al contempo, Kvaratskhelia e Politano stringono alle loro spalle.

L’idea di Conte presuppone di impegnare i centrali avversari, determinando la parità numerica in “zona rosa”, ovvero il cono di luce davanti al portiere, aprendo altresì opportunità importanti tra le linee. Insomma, con una sola mossa gli azzurri determinano una moltiplicazione esponenziale degli spazi nella zona tra il centrocampo e la difesa avversaria, disordinandone qualsiasi tentativo di compattezza o densità. Perché la vivacità di Kvara e Politano, obbligando i terzini ad assorbirne i tagli interni, liberano i binari per gli strappi profondi senza palla di Di Lorenzo e Olivera (o Spinazzola).

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