Le pagelle di Juventus-Napoli: Buongiorno-Rrahmani, non passa nessuno. Spenti Lukaku e Kvara

Per le emozioni: trascurando il passato di Conte da calciatore (13 anni alla Juventus, dove vince praticamente tutto, indossando pure la fascia di capitano), l’Uomo del Salento ha allenato i bianconeri per tre anni, contribuendo ad aprire un ciclo storico di vittorie. Ma anche per continuare ad alimentare una rivalità (sportiva), che specialmente negli ultimi anni, ha visto spessissimo il Napoli rivaleggiare ad armi pari, se non addirittura sopravanzare, la Vecchia Signora. Ma soprattutto in ottica alta classifica, considerando che domani c’è il derby di Milano. Con gli azzurri e le “strisciate” compresse in una manciata di punti. Ecco com’è andata…

Meret: s.v.

La brillante prestazione di Cagliari ci ha restituito un ottimo portiere, che il pregiudizio di qualcuno aveva derubricato a mero “citofono”. Oggi, soltanto ordinaria amministrazione, prima di uscire anzitempo, causa problemi muscolari.

(dal 35’ Caprile: 6)

Esordio da brividi, a casa degli arcirivali per antonomasia. In un match povero di occasioni, prestazione brillante nel riciclare il pallone coi piedi. Accompagna con lo sguardo il mancino di Cambiaso: unico tiro scoccato verso la porta dalla squadra di Thiago Motta.

Di Lorenzo: 6,5

Fino a questo momento della stagione era tra le principali fonti creative e non aveva mai derogato dalle sue funzioni propositive. Ovvero, spingere tantissimo e per tutta la partita, con sovrapposizioni interne o esterne. Oggi, opposto a Yildiz, un atteggiamento meno estremo per la frequenza con cui ha provato a inserirsi, convertendo la manovra da passiva\ a proattiva. Comunque abile nell’offrire varietà alla manovra. Difensivamente, occuparsi del giovane esterno turco, libero di muoversi tra la fascia e la zona di rifinitura, l’ha impegnato non poco.

Rrahmani: 7

Probabilmente la consapevolezza dei propri limiti, e del modo come superarli, ha fatto del kosovaro il centrale che è oggi: pragmatico e spietato sull’uomo. Impattante soprattutto fisicamente. D’altronde, è risaputo che preferisca difendere in avanti, piuttosto che correre all’indietro. Quando dalle sue parti stazionava Vlahovic, si staccava aggressivo dalla linea per tamponarlo. Senza tuttavia seguirlo ovunque. In virtù del principio di doverselo scambiare col compagno di reparto. Cosa ripetuta egregiamente con l’ingresso di Weah.

Buongiorno: 7

Spicca per senso della posizione. Fa tutto ciò che è necessario a raggiungere l’obiettivo, ovvero, disinnescare Vlahovic. A costo di andare contro la sua indole; quel modo di interpretare il ruolo che appariva non negoziabile: pulizia negli interventi e maniere forte ridotte al minimo. Un cambio di paradigma conseguenza diretta della smania del serbo di essere protagonista. L’attaccante ha tentato di scardinare la struttura difensiva degli azzurri cambiando continuamente la propria posizione. Che svuotasse o riempisse il centro, l’ex Torino l’ha gestito a proprio piacimento. Facendo lo stesso con Weah.

Olivera: 6

Fa un’evidente fatica ad adattarsi ai dribbling ipercinetici di Nico Gonzalez. Pur non palesando grandi inadeguatezze nel contenerlo.  Purtroppo riduce il suo apporto quando il Napoli muove il pallone con qualità fin dalla prima costruzione. E quando viene innescato, raramente, si limita alla classica giocata codificata della sovrapposizione in fascia. Dimostrando confusione del tocco e approssimazione negli appoggi. Sembrava in affanno difensivamente? Forse, ma un paio di diagonali sono veramente salvifiche.

Anguissa: 7

Dimostra grande personalità nel momento in cui la Juve, spingendo sull’acceleratore, costringe gli azzurri a lunghe fasi di difesa posizionale, all’interno della propria metà campo. Là si sacrifica, onde evitare che la mediana collassi andando in sottonumero, procurando poi un cortocircuito emotivo nella squadra, con Koopmeiners che andava a occupare proprio la zona alle spalle del camerunese. Passo compassato, si esalta nei duelli, ma non può certamente coprire ampie porzioni di campo, specialmente se le distanze da Lobotka si amplificano. Ma intorno a lui si sono percepite anche le premesse per una rinnovata quadratura della mediana, nel segno della continuità tattica.

Lobotka: 6,5

Per lui vale sempre l’immagine dell’architetto che ha uno scopo preciso: rimettere ordine nel caos. Perché se il piano-gara di Thiago Motta era cercare di tenere gli azzurri nella loro metà campo, allora lo slovacco si abbassava, facendo da supporto arretrato alla retroguardia, per schermare gli inserimenti centrali di McKennie. E dopo faceva uscire la palla in modo pulito. Insomma, la proiezione in campo delle idee dell’allenatore salentino, che blinda la fase di non possesso sulla linea a tre che diventa a cinque.

(dal 86’ Gilmour: s.v.)

Rispetta l’altezza delle aspettative riposte in lui dall’allenatore, che ne ha fortemente caldeggiato l’acquisto. Deve immediatamente uscire dalla comfort zone e scendere a compromessi con gli ultimi stralci di pressione offensiva portata dalla Juve. Con calma e serenità, evita di essere fagocitato dalle transizioni dei bianconeri. Amministrando il ritmo del possesso con estrema sicurezza.

McTominay: 6

La presenza dello scozzese in rosa consente al Napoli di ampliare il proprio playbook con molte più combinazioni. In effetti, McT prova a invertire il trend della partita disegnando tracce inattese rispetto alla classica mezzala passista. E se si ritrova nella metà campo altrui, è pronto ad attaccare i mezzi spazi, verticalizzando o combinando con gli esterni. Oppure calciando da fuori, come accaduto alla mezz’ora, stoppato dalla paratona di Di Gregorio. Del resto, si alzava talmente tanto, da allinearsi a Big Rom, “fissando” la posizione di Kaluku. Sdoppiandosi nella fase difensiva. Perché Cambiaso si accentrava e vincere il duello con lui significava aprirsi la strada verso la profondità, creando vantaggi per gli azzurri. Peccato che sbagli la misura di qualche rifinitura.

Politano: 6,5

Ci ha messo un po’ a trovare un pertugio all’interno della difesa juventina. Perché Cambiaso voleva imporsi, piuttosto che subirne l’incisività palla al piede. Pur partendo da destra, Matteo ha iniziato a stringere di più verso il centro, per scombinare le linee bianconere con azioni improvvise ed estemporanee. Buttandosi dentro obbligava Yildiz a scalare, facendo fare sostanzialmente al turco il difensore su Di Lorenzo. Dei due esterni di Conte è quello maggiormente portato al sacrificio, quindi si spende nel rientrare sottopalla, assorbendo le scorribande dello juventino, che spesso si accentra. Solamente uno stradominante Di Gregorio poteva strozzargli in gola l’urlo per il gol, volando sul tracciante sparato su punizione. Si mette in proprio (55’) nella discesona con annesso siluro dalla distanza, che sfiora la trasversale.

(dal 71’ Neres: s.v.)

Ormai è diventato un pezzo fondamentale delle rotazioni di Conte entrando dalla panchina a partita in corso. Si piazza sulla fascia destra, libero di esprimersi spontaneamente. Accendendosi a sprazzi, guizzante nel primo controllo orientato, determinante poi per lo sviluppo della giocata successiva.

Lukaku: 5,5

Ha dovuto indossare i panni del centravanti sgobbone, trascorrendo buona parte del match spalle alla porta, cercando di far salire la squadra. Soffrendo con Bremer addosso, un mastino in marcatura, doveva trovare modi diversi per rendersi utile. Proprio perché è stata una gara molto fisica, c’era bisogno di profili tecnici che gli girassero intorno, capaci di conferire un senso al suo atletismo. Là, in ogni caso, Big Rom non ha dato il meglio di sé, lontano da porre le condizioni per associarsi con Kvara e Politano, gente che per caratteristiche offensive, parla la medesima lingua calcistica.

(dal 71’ Simeone: s.v.)

Fisiologico, per chi gioca meno, trovarsi in difficoltà, dovendo dare tutto in una manciata di minuti. Un impedimento per quasi la totalità dei giocatori. Fortunatamente questo rende speciale, diverso da tutti gli altri, El Cholito. Che ha avuto un approccio radicale e intenso alla fase offensiva.

Kvaratskhelia: 5,5

Conte gli lascia ampia libertà di muoversi lungo tutto il fronte offensivo, accentrandosi, per trovare da solo le zone del campo in cui essere decisivo. Talvolta faticava a essere lucido, con Savona incollato alle calcagna. Che ne intacca la capacità di ricamare gioco. Il georgiano alterna dribbling secchi, che però non producevano granché, a forzature un po’ barocche. La sua abilità rimane attivare i tagli esterno-interno, che rimane il modo preferito per attaccare l’area. Là dovrebbe diventare immarcabile. Ma in prima battuta Savona, poi i raddoppi di Locatelli, lo estromettono dalla partita.   

(dal 71’ Folorunsho: s.v.)

Consapevole di avere grandi qualità fisiche, ha saputo abbinarle a un buon approccio, funzionale al suo gioco, caratterizzato da strappi e conduzioni. Perde per svogliatezza una palla in risalita che poteva diventare sanguinosa.  

Allenatore Conte: 6,5

Sta cercando di implementare il Napoli, trascendendo dai sistemi “numerici”, ma attraverso una forte identità, che consenta di praticare un calcio dinamico. Al contempo, senza abiurare del tutto il possesso palla. In ogni caso, mai esasperato. Magari focalizzando maggiormente l’attenzione alla gestione degli spazi. L’allenatore salentino cura i dettagli in maniera maniacale, ma non è semplice dare un taglio netto col passato. E ricostruire sulle macerie lasciate dal “terzetto di fenomeni” (Garcia, Mazzarri e Calzona). Si vede che dietro la sua proposta di gioco ci sono idee ben precise, che si percepiscono chiaramente nella fase difensiva. Niente pressing feroce, bensì controllo razionale delle situazioni sottopalla. Più compattezza, dunque, agevolata da un blocco medio, che evita di dover allungare troppo le distanze tra i reparti. Resta la percezione generale che in talune circostanze la squadra dovesse necessariamente aggrapparsi ai duelli individuali per essere davvero pericolosa.

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