Totò Schillaci, l’uomo che inseguiva il gol

Ci ha lasciati dopo una lunga malattia Salvatore Schillaci detto “Totò”, l’eroe delle Notti Magiche dei Mondiali di Italia ’90.
Ripercorriamo la vita e la carriera di un attaccante che ha fatto emozionare milioni e milioni di tifosi, a prescindere dalle squadre in cui ha giocato.

Gli inizi in Sicilia e la Juventus

Siciliano DOC, Salvatore cresce in un contesto difficile, nel quartiere popolare di San Giovanni Apostolo, in cui sfondare è particolarmente complicato.
Schillaci ci prova con il calcio e nel 1982 è vicinissimo all’approdo nella squadra della sua città, il Palermo, ma per pochi milioni di lire il trasferimento dall’AMAT, la squadra dell’ente dei trasporti pubblici, non si concretizza.
Per assaggiare il professionismo, a Salvatore tocca spostarsi di 230 km, arrivando al Messina, squadra che nel 1982 milita in Serie C2.
Dopo anni di gavetta, tra il 1985 e il 1989 Schillaci gioca grandi stagioni in cui aiuta il Messina a raggiungere la Serie B.
Schillaci si fa amare e ama i tecnici che lo allenano: con “il professore” Franco Scoglio prima e con Zdenek Zeman poi, Salvatore inizia ad avere un feeling speciale con il gol.
Con Scoglio, Schillaci sente una libertà d’azione e di movimento che lo carica a pallettoni e lo porta a realizzare 27 gol in tre stagioni, di cui una gravemente condizionata da due interventi ai menischi.
Zeman, invece, eleva Salvatore a rapace d’area, facendogli segnare 23 gol nella stagione 88-89, l’ultima trascorsa in Sicilia.
Nel 1989, infatti, arriva la Juventus, che punta su di lui per contendersi lo Scudetto con le milanesi e il Napoli di Maradona.
L’arrivo a Torino fa trovare a Salvatore dentro di sè una serie di stimoli pazzesca, che lo porta a realizzare 15 gol in 30 partite e a vincere la Coppa Italia e la Coppa UEFA.
La stagione 89-90 è quella in cui Schillaci smette di essere “Salvatore” e diventa “Totò”, un soprannome affettuoso e che lo accompagnerà per il resto della sua vita.
Le grandi prestazioni in bianconero convincono Azeglio Vicini, CT dell’Italia, a convocare Totò per i Mondiali del 1990.

I Mondiali di Italia 1990: le Notti Magiche

Questo capitolo della vita di Totò Schillaci andrebbe letto con Un’estate italiana di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato in sottofondo per restituire la giusta atmosfera.
L’Italia parte da favorita, essendo Paese ospitante della competizione: la rosa è forte, ma nessuno si aspetta quello che ha in serbo Totò.
Sarà il calore tipico dell’estate e del Mondiale, sarà il brivido di giocare sempre in casa davanti ai propri tifosi, ma Schillaci entra in un tunnel di onnipotenza offensiva che raramente si è visto nella storia della Nazionale Italiana.
6 gol, simili e diversi tra di loro, che raccontano chi sia il Totò calciatore; un clamoroso rapace d’area di rigore, ma anche un giocatore in grado di inventarsi soluzioni inaspettate.
Le due reti nel girone contro Austria e Cecoslovacchia dimostrano la sua forza nel gioco aereo, che sia nello stacco impetuoso con cui batte il portiere austriaco o nella correzione del tiro di Giannini contro i cecoslovacchi.
Contro l’Uruguay sblocca una partita difficile con un missile improvviso da fuori area che sorprende il portiere sudamericano.
Per battere un’Irlanda soporifera, a Totò basta ribattere da pochi passi il tiro da fuori di Donadoni: questo gol ci mostra come Totò sia sempre al posto giusto nel momento giusto.
Anche in semifinale con l’Argentina la rete in sè è facile, ma l’azione parte da un gran dribbling di Totò.
Nasce una costruzione tutta di prima, conclusa da Vialli contro Goycochea, che nulla può sulla ribattuta di Totò.
Quel gol è la rete della grande illusione: come ben sappiamo, Caniggia prima e i rigori poi ci condannano alla finalina per il terzo posto.
Ci pensa sempre Totò ad indirizzare a nostro favore la partita contro l’Inghilterra, segnando un pesantissimo rigore all’86mo.
Capocannoniere del Mondiale e idolo assoluto: le Notti di Italia ’90 sono particolarmente Magiche per Totò e grazie anche a Totò.
Quello che fa innamorare la gente non sono i gol, ma è Totò come persona, che esulta come ogni italiano esulterebbe dopo aver segnato un gol ai Mondiali.
Gli occhi spiritati e le corse impazzite a festeggiare entrano nell’immaginario collettivo azzurro e diventano uno dei ricordi simbolo degli anni ’90 del pallone nostrano.
Perchè, come cantavano la Nannini e Bennato:
E negli occhi tuoi,
voglia di vincere,
un’estate, un’avventura in più
.

Il ritorno alla normalità e la fine della carriera

Il periodo magico di Italia ’90 si esaurisce in fretta.
L’ultimo assaggio di gloria per Totò è il Pallone d’Oro 1990, in cui arriva secondo, dietro al vincitore, Lothar Matthaus.
In campo, Totò non riesce più a ripetersi sugli stessi livelli e si avvia verso la fase discendente della carriera.
Rimarrà alla Juventus altri due anni, segnando poco e facendo parlare di sè soprattutto fuori dal campo.
Tra minacce agli avversari e liti con i compagni, Totò perde quella foga e la grinta che avevano portato la gente ad innamorarsi di lui.
Con l’arrivo di Vialli a Torino, non c’è più spazio per lui, così Totò si trasferisce a Milano, approdando sulla sponda nerazzurra del Naviglio.
La permanenza all’Inter è segnata da tanti problemi fisici che lo porteranno a giocare 30 partite in due anni, coronate da 11 gol.
Come ulteriore beffa, non si può nemmeno annoverare Totò Schillaci tra i vincitori della Coppa UEFA 1993-94.
L’Inter, infatti, lo vende in Giappone ad aprile, poco prima che si giocasse la doppia finale contro il Salisburgo.
Nella Terra del Sol Levante, Totò chiude dignitosamente la carriera, trascinato dal grande entusiasmo nipponico.
Questo ci fa vedere come per Schillaci fosse importantissimo l’aspetto emotivo in campo.
Giocare in due squadre in difficoltà come la Juventus e l’Inter di inizio anni ’90 non gli abbia permesso di esprimersi al meglio.
Dopo la fine della carriera calcistica, ne è iniziata un’altra televisiva: tante partecipazioni e apparizioni, l’ultima nel 2023 come concorrente di Pechino Express.
Ora Totò lascia i suoi cari, la moglie Barbara e i tre figli, e anche una sfilza di tifosi che hanno visto volare via un idolo della propria gioventù.