Altro che prevedibile: cresce il Napoli, con Lukaku che si sporca le mani

Nella classifica del centravanti ideale per il gioco del Napoli c’è chi scende e chi sale: una scala gerarchica in cui Lukaku ha sorpassato Raspadori (e Simeone). Se Jack garantisce una maggiore precisione nel palleggio, partecipando attivamente alla risalita del campo con uno spirito da rifinitore, Romelu appare meno raffinato nel gestire il pallone. Nondimeno, mortifero nella finalizzazione decisiva.

Accantonando solo per un attimo il gol ed i due assist di Cagliari, c’è un segnale preciso che testimonia quanto il belga sia diventato subito dominante. All’interno di una squadra che sta crescendo in maniera esponenziale in termini di cattiveria agonistica e feroce determinazione. La voglia di sporcarsi le mani nel duello con Mina, un altro colosso tutt’altro che pavido nello scendere a compromessi, racconta una porzione del match.

Sarebbe però riduttivo derubricare il resoconto della sua partita alla mera battaglia muscolare con il colombiano per contendersi un briciolo di spazio verso la porta di Scuffet. Se l’approccio tattico immaginato da Conte non può prescindere talvolta dall’attivarlo direttamente attraverso il lancio dal fondo, questo non significa etichettare come prevedibile la proposta calcistica degli azzurri.

Stimolarne le ricezioni in post basso, alla stregua del pivot nel basket – cioè, spalle a canestro – rappresenta la soluzione per sfruttare la fisicità fuori scala di Big Rom. Che alla Unipol Domus, grazie a una serie di movimenti e contatti (consentiti) con l’avversario, è riuscito a tenere lungamente l’attrezzo, così da realizzare un duplice obiettivo strategico. In primis, permettere ai compagni di rifiatare, sottrarsi al pressing a tratti iperoffensivo dei sardi, e accorciare in zona palla. Al contempo, allungare le maglie della difesa predisposta da Nicola, facilitando la creazione di spazi dove potevano poi fiondarsi Kvaratskhelia e Politano.

Napoli beneficia della panchina lunga

Insomma, andando al di là della dominanza negli ultimi sedici metri, con quel corpaccione che si trasforma in una sorta di onda d’urto, in grado di appiattire chiunque azzardi a frapporsi tra lui e la porta, appare evidente che alla capacità realizzativa, Lukaku associa una grande lettura degli spazi offensivi, specie in verticale.

A Cagliari non c’è stato minutaggio per Raspadori, mentre Simeone ha dato il solito contributo in uscita dalla panchina: spezzoni di notevole sacrificio, conditi da qualche spallata di troppo con Mina. Che non gli hanno comunque impedito di fiondarsi come un indemoniato su un mucchio di palloni vaganti.

L’alternanza tra El Cholito e Lukaku lascia intendere che in certe gare “sporche”, l’idea rimane quella di preferire l’argentino all’ex Sassuolo.  Che da sempre si abbassa per legare centrocampo e attacco. Riceve spesso di spalle e con naturalezza controlla e passa, associandosi ai compagni. Al punto da inserirsi a perfezione all’interno di un contesto teso al possesso insistito, dove bisogna necessariamente saper interpretare il gioco con pazienza. Perché la manovra si dipana scaricando palla nelle vicinanze, e immediatamente dopo, muovendosi in avanti, per creare continuamente zone libere. Invece Simeone è più autosufficiente. Ma nonostante la differenza rispetto a Raspadori nel contributo offerto in fase di costruzione, il suo istinto predatorio non intralcia la fluidità del palleggio azzurro. Anzi, gli consente di essere assai utile con le sponde.

La sensazione è che nel prosieguo della stagione tutti e tre gli attaccanti a disposizione di Conte potranno essere decisivi in egual misura, ognuno con sfumature diverse.

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