Ci volevano le lacrime affinché ADL diventasse un presidente benvoluto da (quasi) tutti

In occasione della conferenza stampa di presentazione della partnership con “Sorgesana”, nuovo back of shirt partner, volgarmente noto come sponsor dietro la maglia del Napoli, è tornato a parlare Aurelio De Laurentiis. Chi era presente ha vissuto un momento molto particolare quando s’è commosso, mentre leggeva una lettera dedicata ai tifosi per i vent’anni di presidenza.

Lasciandosi trasportare dal peso delle emozioni, ADL accantona quindi temporaneamente l’immagine di proprietario egocentrico e accentratore, sempre pronto a riaffermare la sua posizione di indiscusso padre-padrone, a dire il vero non così insolita in Serie A (Lotito docet). E perciò mai timoroso di andare allo scontro con la sua gente. Effettivamente, a Villa D’Angelo è andata in scena una situazione che non ha precedenti nell’era del cineproduttore, per modalità e impatto mediatico. Parole al miele, che cancellano in un batter d’occhio molte delle tensioni che avevano caratterizzato i suoi rapporti con l’ambiente partenopeo. Un conflitto strisciante, che ha caratterizzato tutta la sua gestione, a causa del bilancio interpretato come assoluta priorità.

Parole cariche di orgoglio

Sembrava davvero che tra Don Aurelio e una larga fetta di napoletani, quelli che ne contestavano ferocemente la mission aziendale sin dal suo insediamento post fallimento, il punto di rottura si profilasse paurosamente all’orizzonte. Il mantra del risultato sportivo secondario al cospetto dei conti a posto è deflagrato clamorosamente nell’ultimo anno, proprio con le azioni successive alla vittoria dello scudetto. Là il malcontento ha raggiunto picchi di intolleranza, tra insulti e striscioni polemici durante le gare al Maradona.

Emblematica, in tal senso, la scelta comunicativa a margine della partnership con il noto marchio di acqua oligominerale, lontana anni luce – nei modi e nei toni – dal personaggio che s’era cucito addosso, e con cui De Laurentiis aveva costantemente palesato i suoi sentimenti in pubblico. Alimentando de facto un dibattito tossico all’ombra del Vesuvio. Insomma, senza alcun tipo di ruffianeria, il presidente del Napoli ha teso educatamente la mano a detrattoti vari, aureliofobici assortiti e haters in servizio permanente effettivo. Semplicemente con parole di amore ed orgoglio per quanto fatto finora. Diametralmente opposte rispetto alla strisciante ostilità delle dichiarazioni passate, con cui spesso era entrato a gamba tesa, alzando deliberatamente un muro con la piazza.

Probabilmente è stata questa frase a conquistare definitivamente gli astanti: “Dicevano che il Napoli era una squadra di passaggio ed invece tanti calciatori forti vogliono vestire la maglia azzurra…”. Come se volesse comunicare a chiunque, che accontentarsi non è una opzione, e chi veste questi colori deve avere un certo approccio alle gare. Rinsaldando l’idillio con un altro pensiero apparso come musica alle orecchie di chi ama la maglia azzurra: “Siamo l’ultimo baluardo di un calcio che non rispetta le regole e la competizione. Il nostro scudetto dimostra che siamo l’altra faccia della medaglia!”.

ADL promette e mantiene

E se come ogni tifoseria che si rispetti, legata indissolubilmente alle proprie radici, funzionali a edificarne l’identità, anche quella napoletana non vuole rinunciare a determinati simboli, allora De Laurentiis, pur non abiurando la sua filosofia (“Il nostro sarà un calcio libero e sostenibile…”), celebra idealmente un patto di ferro con la città.

Vogliamo rappresentare il Rinascimento napoletano. Vorremmo comprare il Maradona. Faremo un Napoli vincente rispettando le regole. E fra quattro anni festeggeremo il centenario stupendo…”.  

Chi credeva che De Laurentiis, deluso dal fallimento della scorsa stagione, volesse abbassare notevolmente gli investimenti, ridimensionando le ambizioni, nonché la bontà del prodotto calcio offerto ai suoi consumatori, è servito. Altro che aura mediocritas: ha deciso di investire cifre importanti sul mercato.

Dicono che sono impazzito per aver speso più di 150 milioni di euro. Questo investimento andava fatto per rivoluzionare tutto portando uno degli allenatori più forti al mondo!”.

Perché l’idea di ristagnare nell’anonimato del centro classifica gli era insopportabile. E oggigiorno si scontra con l’inizio di campionato, un picco emotivo che sembra poter segnare la rinascita del Napoli. Il ritorno ai fasti in cui gli azzurri lottavano ogni anno per un posto in Champions League. La normalità, per una società che rappresenta un bacino come quello partenopeo.  

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