L’Italia andava a caccia della continuità, dopo l’entusiasmante rimonta contro la Francia. La seconda giornata della Nations League offriva dunque agli Azzurri la possibilità di tentare già la fuga nel girone, visto che Israele aveva perso all’esordio col Belgio (3-1).
Scontato che il CT azzurro proseguisse sulla strada del 3-5-2. Il suo grande merito, dopo il disastroso Europeo, sembra proprio quello di aver compreso gli errori commessi in Germania. Perché l’idea di cambiare vestito tattico a gara in corso era sicuramente ambiziosa, ma ha finito per cozzare con le abitudini consolidate dei difensori nei vari club di appartenenza. Insomma, l’Uomo di Certaldo ha preso consapevolezza che la difesa a tre è ormai utilizzata da moltissime squadre del nostro campionato. Per cui trova terreno fertile, nonché un miglior adattamento nei giocatori, schierati nelle loro posizioni naturali.
Al di là della semplificazione numerica, le incognite maggiori erano relative all’atteggiamento della nostra Nazionale. In tal senso, il 2-1 rifilato a Israele ha sciolto i dubbi sulle consegne. Spalletti, conscio della difficoltà di riproporre il calcio che gli aveva consentito di dominare col Napoli, non vuole comunque rinunciare ad alcuni principi. Su tutti, il fraseggio e la fluidità posizionale.
Ermetismo difensivo
Ergo, diventa banale etichettare l’allenatore toscano come un mero conservatore. La difesa a tre offre ovviamente dei vantaggi in fase di non possesso. In primis, una valvola di salvezza garantita da una ulteriore copertura. Ieri, per esempio, ogni qual volta Buongiorno, impeccabile nei duelli difensivi corpo a corpo, rompeva la linea, uno dei braccetti decodificava puntualmente la situazione di potenziale pericolo e chiudeva tempestivamente la diagonale.
Consolidata l’efficacia del blocco basso, era fondamentale sviluppare una proposta semplificata, che favorisse Bellanova e Dimarco. Rispetto alla gara del Parco dei Principi, dove i laterali beneficiavano enormemente dei cambi di campo, il 4-3-3 di Israele si trasformava difensivamente in un ermetico 4-5-1, che suggeriva di non insistere su questa giocata, poco incisiva se la controparte rimane stretta e corta sottopalla.
Allora, niente accentrarsi dei laterali, che magari stimolavano la sovrapposizione del braccetto. Con la squadra di Ben Shimon che schermava qualsiasi ricezione pulita, l’unico modo per riuscire a dare respiro alla manovra era ricorrere ai movimenti di Raspadori.
I raccordi di Raspadori
L’attaccante del Napoli ha svolto un encomiabile lavoro di raccordo. Del resto, è un profilo da seconda punta che si adatta perfettamente alle ricezioni tra le linee, grazie ai suoi tradizionali movimenti incontro. La sua attitudine al fraseggio permetteva all’Italia di manipolare la compattezza israeliana. Infatti, associandosi ai compagni, accorciando verso il possessore, arrivando persino ad abbassarsi fino alla linea dei propri difensori, Jack creava spazi da aggredire.
D’altronde, le cose non potevano andare diversamente, poiché Kean “fissava” i centrali. E l’unica via da percorrere rimaneva la zona di campo alle spalle dei centrocampisti avversari, da ripulire con la rotazione tra Raspadori e una delle mezzali (generalmente Frattesi). Il tuttocampista interista leggeva la situazione e occupava proprio lo spazio tra terzino e difensore centrale di parte.
In questo scenario strategico, un capitolo lo merita Ricci: regista di innegabile personalità, ha aumentato in maniera esponenziale l’influenza sul gioco dell’Italia. Si faceva continuamente vedere in “zona luce” per favorire lo scarico a muro, e uscire poi in costruzione, cercando il terzo uomo. Coinvolgendo i laterali, o invogliando Frattesi e Tonali a tagliare in profondità.
Italia, meglio andare sul sicuro
Queste due partite contro Francia e Israele hanno finito per rimarcare l’enorme differenza che passa tra i club e la Nazionale. A Coverciano il tempo è tiranno. Gli Azzurri sono schiacciati dagli impegni di un calendario ingolfato, che lascia davvero poco spazio al lavoro di Spalletti. Quindi, meglio andare sul sicuro, rifugiandosi su certezze tattiche consolidate in Serie A.
Non è escluso che in futuro il commissario tecnico possa esplorare interpretazioni alternative del sistema, legate eventualmente al rientro di Chiesa e Barella (3-4-2-1 o 3-4-3 che dir si voglia). Senza tuttavia derogare sul trio difensivo, i laterali a tutta fascia e le mezzali a fianco del metodista. A completare l’Italia, una classica seconda punta in appoggio al centravanti. Oppure, nell’ottica di una fluida occupazione degli spazi, un paio di offensive player funzionali a togliere punti di riferimento agli avversari coi loro movimenti tra le linee.
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