Napoli–Monza, per cercare di fare chiarezza in casa dei Campioni d’Italia: perché se la squadra di Garcia era una delusione, tra isterismi vari e scelte tattiche decisamente discutibili, quella di Mazzarri ancora deve venire alla luce. Qualche rara impennata di orgoglio e poco altro veicolano la sgradevole sensazione in tifosi e addetti ai lavori della pochezza – umana e pedatoria – di chi si fregia del tricolore sulla maglia. Contro i brianzoli era necessario dimostrare in primis che qualcosa fosse ancora degno di non essere buttato dalla finestra. Vediamo allora com’è andata…
Meret: 6,5
Doppio intervento che tiene in vita il Napoli: prima legge le intenzioni di Birindelli e resta in piedi fino allo scoccare del tiro, chiudendogli l’angolo. Quindi, ipnotizza Pessina dal dischetto. Il rigore sarà pure poco angolato, ma rimane la parata salva risultato.
(dal 74’ Contini: s.v.)
Si fa notare per una uscita fuori area con cui spazza la palla. Bravo ad accorciare in avanti sul lancio dalle retrovie, neutralizzando la profondità.
Di Lorenzo: 6
Non è facile coniugare gli aspetti prettamente difensivi e la necessità di creare superiorità numerica sull’esterno, oppure riempire lo spazio interno come una “finta mezzala”. Per questo merita un mezzo voto in meno nel giudizio complessivo. Nella baraonda finale si fa uccellare dall’imbucata, che mette Birindelli a tu per tu con Meret. Apre la strada all’azione del rigore in favore del Monza. La personalità è la solita. Avrebbe bisogno forse di rifiatare un po’. Evidente alla distanza il fiato corto e le idee annebbiate.
Rrahmani: 6
Si scambia la cura dell’unico attaccante del Monza assieme al compagno di reparto. Colombo, al netto di un fisico da corazziere, dimostra un certo dinamismo. Ma il kosovaro mette subito le cose in chiaro. Anticipandolo oppure abbarbicandosi alle sue spalle, modello cozza allo scoglio. Sulle palle inattive ha un paio di occasioni: buono il terzo tempo, stile NBA, meno la capocciata.
Juan Jesus: 6,5
Che il Napoli sia peggiorato dal punto di vista difensivo è talmente evidente, che diventa superfluo rimarcarlo puntualmente. Nondimeno, al cospetto di un “bisontino” come Colombo, tosto come il granito e inamovibile nel tenere sù la palla, il centrale brasiliano è assai incisivo. Praticamente, non gli concede nulla, vince tutti i duelli aerei, sostanzialmente, disinnescandolo.
Mario Rui: 6,5
Applicazione, intelligenza tattica, buone diagonali difensive. Qualche inserimento interessante, anche se un tantino lento e prevedibile nel supportare la spinta di Kvara. Uno dei pochi ad arrendersi solo al triplice fischio finale. Sarà brutto a vedersi, in ogni caso, la situazione attuale del Napoli, in caduta libera, suggerisce di prendere esempio dal portoghese. Adesso sudare la maglia deve avere un valore superiore all’Estetica Trascendentale.
Anguissa: 6
Non propriamente un fulmine in termini di strappi palla al piede o inserimenti senza palla. Ma quanta sostanza, mista a lavoro oscuro. Piccole cose che servono a tenere in piedi una baracca decisamente fragile. Priva di idee interessanti o giocate esplosive. Canta e porta la croce, un po’ governando la giostra, tanto sgomitando con i monzesi.
Lobotka: 6
La sua posizione iniziale di vertice basso del triangolo di centrocampo gli consente di essere il riferimento principale nella costruzione, anche abbondantemente dentro la propria trequarti. Dove sembra immune dalla pressione di Carboni o Mota Carvalho, che si alzano a turno, determinati a schermarlo, così da estrometterlo dalla centralità della manovra. Del resto, la strategia di Palladino mira a non concedergli tempo e spazio per la giocata. Andando a prendere subito alto il pivote slovacco. Che riesce comunque a muovere la palla con passaggi corti, in gran sicurezza. Senza mai forzare lo scarico. E’ mancata però la connessione tra risalita dal basso, e rifinitura offensiva. Ma se giochi senza centravanti, talvolta succede. E non puoi assumertene la responsabilità
Zielinski: 5,5
Inizialmente dinamico, con il giusto atteggiamento propositivo. Si muove seguendo un copione preciso: controlla il flusso del gioco, collaborando specialmente a consolidare il possesso nella metà campo monzese. Tenta di smuovere le cose con lunghe corse, che lo fanno allineare a Raspadori negli ultimi sedici metri, trasformandolo de facto nella seconda punta degli azzurri. Prova a ricreare quell’alchimia che la scorsa stagione era la forza del Napoli: i triangoli negli half spaces, funzionali a cercare subito la profondità, alle spalle del centrocampo dei lombardi. Scompare alla distanza, limitandosi a vivacchiare.
(dal 71’ Gaetano: s.v.)
Si gira e si volta, intenzionato a spaccare il mondo. Far vedere che può essere utile alla causa in contesti diversi dal garbage time. I piedi sono buoni. Deve decidere cosa intende fare della sua carriera.
Zerbin: 5
L’assenza di Politano si è fatta sentire, perché è mancato il guizzo del giocatore che sfrutta il piede invertito, per andare poi a riempire i corridoi centrali, tagliando dentro al campo su quello dominante. Il contributo del “ragazzino” s’è palesato a singhiozzo. Segno che la freschezza e la piena efficienza fisica sono ancora poco decisive per promuoverlo a qualcosa di diverso del mero rincalzo, seppur promettente. Ha l’occasione per sbloccarla al 70’: il taglio con cui interpone il corpo tra l’avversario e la palla, proteggendola in corsa, e dopo crea separazione dal marcatore, sono meravigliosi. Peccato che la conclusione finisca alle stelle.
(dal 71’ Lindstrom: s.v.)
Un paio di spunti, che non cancellano l’idea originaria. Acquisto sbagliato, ovviamente, se si continua a schierarlo sull’esterno del tridente offensivo.
Raspadori: 5
In teoria, dovrebbe essere l’elemento chiave del tridente partenopeo, non fosse altro che gode di una maggiore libertà, destrutturando col suo lavoro associativo la compattezza della retroguardia ospite, specialmente quando si abbassa per cucire il gioco. In questa maniera, però, da ipotetica bocca da fuoco, diventa (quasi…) un inutile orpello, limitato a fare le sponde. Il sostegno di Zielinski, bravo a buttarsi alle sue spalle, le volta che svuota lo spazio centrale, non è sufficiente da solo a garantire pericolosità offensiva. Si sposta anche bene per il campo. Insomma, è bellino. Però a questa squadra serve un assassino là davanti. E Jack si libera per una conclusione in diagonale solamente a ripresa inoltrata. Poco, davvero troppo poco.
Kvaratskhelia: 6
Starà pure attraversando una fase involutiva, ma quando riceve sulla sua mattonella e riesce poi a scrollarsi di dosso Pedro Pereira, spezzando al contempo il raddoppio di Akpa Akpro, con la classica sterzata di esterno destro, si apre il campo verso l’area brianzole alla stregua della katana che recide di netto il bambù. Rimane l’unico, attualmente, in grado di fare veramente la differenza. Non può fare tutto lui, creare occasioni e finalizzarle. Lo raddoppiano, e lo picchiano senza alcuna pietà. Nessuno ne tutela il talento. Gli arbitri fanno finta di nulla. L’allenatore lo abbandona senza costruirgli attorno un gioco decente, che ne esalti le abilità fuori scala.
Allenatore Mazzarri: 5
Cerca di seguire fedelmente i principi del calcio spallettiano. Quella tendenza a sviluppare il gioco attraverso il possesso. Una indole che si evince per tempo medio di passaggi in fase di costruzione. Una statistica che dovrebbe testimoniare la voglia della squadra di reagire al momento negativo provando a prendere prepotentemente in mano la situazione, piuttosto che attendere passivamente il proprio destino. Forse farebbe meglio a mettere in discussione dal punto di vista fisico e tecnico alcuni dei suoi uomini, che si approcciano alla gara come se il risultato finale non dipendesse da loro impegno massimale. Lui ci mette del suo, insistendo nel giropalla, che sarà nuovamente intenso e qualitativo. Tuttavia, se decidi consapevolmente di non avere un riferimento in attacco, poi non devi lamentarti. Perché se Guardiola ritiene lo spazio (vuoto…), il centravanti ideale, al Napoli basterebbe un Simeone qualsiasi, che quello spazio provasse ad occuparlo.
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