Il punto di partenza del Mazzarri-bis sarà la trasferta di Bergamo. Sabato pomeriggio, contro l’Atalanta, avrà finalmente l’occasione di accomodarsi nuovamente sulla panchina del Napoli a distanza di dieci anni: l’ultima esperienza in azzurro, infatti, risale al maggio 2013.
C’è curiosità, dunque, sul sistema di gioco con cui schiererà la squadra: 4-3-3 oppure difesa a tre? In fondo, il tecnico toscano ha sempre sbandierato con orgoglio il 3-5-2, paradigma della sua proposta tattica. In ogni caso, qualche settimana fa ebbe modo di rivendicare la paternità di una diversa idea, in una lunga intervista rilasciata a “Il Corriere dello Sport”, dal sapore quasi profetico circa un eventuale ritorno all’ombra del Vesuvio.
Nondimeno, al di là della dissertazione filosofica sul modulo, a suscitare maggiore interesse sarà l’approccio alla partita scelto dal “nuovo” allenatore.
Mai più lunghi in campo
Perché è indubbio che a causa di un atteggiamento reattivo e attendista, il Napoli di Garcia abbia pagato poi un prezzo salatissimo in termini di compattezza nella fase di non possesso. Finendo per allungarsi e concedere spazi vitali alle transizioni negative, così da veicolare in tifosi e addetti ai lavori la sgradevole sensazione di offrire costantemente il fianco alle ripartenze altrui. Il francese quindi non è riuscito a far rendere al meglio tutti gli uomini della rosa, inghiottiti dalla spirale negativa generata dalla mancanza di continuità nei risultati.
A questo punto, il primo intervento immaginato da Mazzarri per elevare notevolmente la squadra partenopea nel rendimento sarà proprio lavorare in funzione di un calcio dall’indole decisamente più propositiva. Tenendo presente che il prossimo avversario attua un pressing aggressivo, praticando marcature uomo su uomo in ogni zona del campo, a tratti veramente brutali.
Ergo, gli orobici lasceranno sicuramente meno tempo ai Campioni d’Italia per sviluppare il loro possesso, in quanto orientati a cercare immediatamente il recupero. Uno scenario nel quale anche i centrali difensivi nerazzurri spezzano in avanti l’allineamento della retroguardia, al fine di esercitare pressione in maniera coordinata.
Forse qui nasce davvero il problema. Nell’arco della sua carriera, Mazzarri non ha mai perseguito la gestione dell’attrezzo come strumento per dominare la gara.
Rinnovare entusiasmo e credibilità
Anzi, il suo stile nella precedente esperienza partenopea racconta di passaggi a corto raggio ridotti al lumicino. Con la connessione tra una mediana più di lotta che di governo, e la trequarti offensiva, garantita da Hamsik, nella sua versione di tuttocampista. Devastante quando si inseriva senza palla o strappava in conduzione. Oppure dai movimenti in assoluta libertà concessi a Lavezzi. Nella sua posizione privilegiata di seconda punta o “finta mezzala”, il Pocho si muoveva tra le linee, scegliendosi la posizione ideale per smarcarsi, e poi rifinire.
A confortare l’ambiente interviene non soltanto il ricordo del passato, bensì la consapevolezza che comunque Mazzarri – da gran pragmatico qual è – proverà a sfruttare il materiale a disposizione, rispettandone le attitudini tattiche, nonché le caratteristiche tecniche.
De Laurentiis gli ha affidato lo scomodo ruolo di traghettatore. In genere, uno status di precario, cui viene chiesto specialmente un intervento emotivo, tale da riportare fiducia nel gruppo e stabilità nei risultati. Senza inventarsi nulla o insistere ottusamente nel tentare di snaturare una squadra tendenzialmente portata a giocare, piuttosto che aspettare.
Insomma, ora viene il bello. Con l’esordio della nuova gestione al Gewiss Stadium, che diventa il porto da cui salpare per alimentare rinnovata credibilità e autostima. Ci sta che l’Atalanta determini un pizzico di tensione. Al contempo, può provocare un ritrovato entusiasmo in vista del futuro, con un’altra guida in panchina.
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