Il modo in cui il Napoli è riuscito a lasciarsi scivolare la gara dalle mani contro la Fiorentina è classico di quelle situazioni in cui diventa complicato distinguere i meriti di una squadra dalle disattenzioni della controparte. Talvolta a indirizzare le partite provvedono una serie di dettagli che fanno la differenza. E magari innalzano un senso di fiducia all’interno del gruppo. Al contempo, l’atteggiamento rinunciatario e poco propositivo veicolato da Garcia non contribuisce ad aiutare una squadra contratta, che si esprime evidentemente col freno a mano tirato. A testimoniarlo, il baricentro bassissimo su cui si sono attestati per l’intero primo tempo i padroni di casa, nonostante lo svantaggio immediato da dover recuperare.
E meno male che arrivano in soccorso quelle famose giocate individuali in grado di capitalizzare a favore ogni leggerezza dell’avversario. Letteralmente scippato dalla spazzatura il pallone con cui Osimhen s’è procurato il rigore del pareggio, poi trasformato magistralmente. Solo un centravanti che “sente” la porta, prima di vederla effettivamente con gli occhi, non considera già morta quell’azione e caccia con feroce determinazione la palla. Consapevole che possa pure concretizzarsi uno sbaglio.
Nondimeno, il Napoli vive sul filo sottile del tutto o niente. Distratto e sonnecchiante, con idee a tratti approssimative. Alternate a strappi di innegabile qualità. Al cospetto di un avversario, invece, minuziosamente organizzato. Assai attento, con e senza palla, da rendersi la via verso i tre punti maggiormente accessibile.
Gli azzurri, infatti, hanno affrontato una Viola forte di una certa compattezza. Un contesto in cui, al netto del vantaggio trovato immediatamente, è sembrato che gli ospiti potessero prendere comunque in mano le redini del match, palesando il coraggio tipico di chi sta assolutamente a suo agio nel recuperare palla in avanti. E dopo, palleggiare liberamente, poiché il Napoli si guarda bene da pressare sistematicamente o riaggredire all’atto della perdita di possesso.
Napoli tatticamente imbrigliato
Il problema rimane proprio l’approccio strategicamente agli antipodi imposto dall’allenatore francese alla sua squadra: difesa non troppo alta, e centrocampisti talmente piatti, al punto da permettere a Bonaventura di ricevere liberamente e illuminare, assorbendo lo scarico e subito dopo far progredire l’azione, pescando il compagno smarcato.
Situazione aggravata dalla voglia della Fiorentina di portare molti uomini nella trequarti del Napoli, progredendo attraverso le catene laterali. In effetti, stasera gli uomini di Garcia hanno fatto vedere più ombre che luci, mettendoci una eternità a decodificare il sistema di Italiano. Che ormai ha virato stabilmente verso il 4-2-3-1. Un cambiamento profondo, che però riguarda il sistema, rivisitato e adattato alle caratteristiche dei giocatori in organico. Ma non i principi. Nient’affatto sconfessati o addirittura abiurati.
Ikonè gioca sul lato destro dell’attacco viola. Nondimeno, schierato sull’arto (teoricamente) debole, sviluppa una folgorante capacità di strappare in conduzione, disegnando traiettorie interne. La maniera con cui trasforma i suoi movimenti in pericoli costanti per la difesa dei Campioni d’Italia ha qualcosa di feroce. Il fatto che parta largo, accoppiandosi inizialmente con Olivera e dopo stringa notevolmente la posizione, finisce col produrre un cortocircuito nella retroguardia partenopea. Perché taglia alle spalle di Zielinski e Lobotka, avvicinandosi a Meret alla stregua di un trequartista.
A bilanciare la situazione, sul versante opposto, Brekalo. Anche lui schierato a piede invertito. Un esterno dalla dimensione maggiormente associativa con i compagni, perfetto dunque quando entra dentro il campo, portando palla e puntando Di Lorenzo, favorendo al contempo la corsa di Parisi, molto efficace se liberato nello spazio in sovrapposizione.
Insomma, il Napoli continua a veicolare una sgradevole sensazione, non soltanto visiva, ovvero che manchi solidità. Con un possesso divenuto nel frattempo meno ragionato. Palesemente confusionario, nel tentativo di trasformare gli azzurri in una squadra molto più diretta e verticale di quanto forse è in grado di fare con questi giocatori. Kvara e Osimhen, per esempio, stanno pagando il prezzo più alto in termini di prestazioni individuali, nonchè sulla incapacità di impattare sul gioco collettivo. Evidente quanto corrano a vuoto e fatichino più del dovuto a reinventarsi come risorse orientate a correre, esprimendo nell’uno contro uno e in campo aperto la loro esuberanza tecnica piuttosto che rifinire.
Un dettaglio non di poco conto, che spiega la difficoltà dei giocatori ad adattarsi alle richieste del loro allenatore. Dimostrandosi, come il resto della squadra, spaccati in due, oltre che molto confusionari.
Scelte discutibili e cambi astrusi
Le scelte di Garcia sono discutibili, sia quando insiste su determinate scelte tecnico-tattiche iniziali. Ma specialmente nel momento in cui mette mano ai cambi. Dando l’impressione di capirci ben poco sul piano delle letture connesse ai cambiamenti in corso d’opera. Le cinque sostituzioni sono una concreta opportunità per ridisegnare assetti e strategie. Non per inserire gente alla rinfusa.
Anche tatticamente, la soluzione Raspadori in luogo dell’infortunato Anguissa, e conseguente stravolgimento, con la squadra ridisegnata sulla scorta di un modulo ibrido, oscillante tra il 4-2-3-1 ed il 4-4-2, si è rivelata fallimentare. Jack dovrebbe essere una sorta di trequartista, chiamato ad agire nello spazio alle spalle di Duncan e Arthur. Ma riceve spalle alla porta, spostandosi orizzontalmente e non in verticale. Ergo, sostanzialmente inutile sul piano offensivo.
Trascurando il finale arrembante, con l’inserimento degli ultimi tre cambi e l’inversione degli esterni: il georgiano spostato a destra e Lindostrom dirottato sul lato opposto, preoccupa una considerazione più generale. Per tutta la partita il Napoli non è riuscito a vincere una seconda palla, facilitando non poco il possesso alla Fiorentina.
Insomma, stasera è apparso sin troppo evidente come Garcia, in un paio di mesi, abbia invertito l’inerzia ad una squadra che, emotivamente e calcisticamente, s’è smarrita. Il “nuovo” Napoli dovrà pure assestarsi. Nel frattempo, comincia a scucirsi poco alla volta lo scudetto dalla maglia. Evidenziando la sensazione che, al momento, non sia affatto in grado di difenderlo. Men che meno, provare a insidiare chi vorrà vincerlo quest’anno.
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