Il Napoli si rituffa immediatamente nel campionato con l’intenzione di confermare, al cospetto della Fiorentina, i progressi palesati contro il Real Madrid. Evidente, dunque, la volontà di smentire quella parte della critica che ha accusato la squadra partenopea di aver accettato con benevolenza la sconfitta con la Casa Blanca. In ossequio al principio per cui perdere di misura con un Top Club europeo va comunque considerato un epilogo tutto sommato accettabile.
Un percorso, quello degli azzurri, che necessariamente si incrocia con le ambizioni dei gigliati, vera rivelazione di questa fase della stagione. A caccia di punti al “Maradona”, per confermare l’innalzamento esponenziale dei suoi obiettivi.
Del resto, questo sembra davvero l’anno buono per Vincenzo Italiano, giunto alla terza tappa del suo ciclo sulla panchina viola. Caratterizzato da una continuità nei risultati, che ha permesso ai toscani prima di ritrovarsi in lotta per la qualificazione in Europa. Quindi di spingersi sino all’atto conclusivo della Conference League, persa poi ad Atene contro l’Aston Villa. Senza dimenticare anche la finale di Coppa Italia, lasciata all’Inter.
I principi di Italiano
Pur essendo ormai la Fiorentina è una macchina oliata (quasi…) alla perfezione, per la gara contro i Campioni d’Italia, le scelte di formazione saranno inevitabilmente condizionate dall’impegno di Conference League. In cui ha speso un mucchio di energie, fisiche ed emotive, per rimontare il doppio vantaggio del Ferencvaros.
Il gioco però rimane assai riconoscibile: pressing alto, con l’uomo come riferimento, senza guardare in faccia a chi sia l’avversario di giornata. E intensità nel tentativo di recuperare immediatamente il pallone in fase di non possesso. Insomma, il punto di forza è la feroce determinazione nel provare ad imporre sempre il proprio ritmo.
Inoltre, rispetto agli anni precedenti, pare che l’allenatore della Viola sia riuscito a superare una certa fragilità sottopalla, grazie ad un sagace adattamento, trasformando il tradizionale 4-3-3 in un sistema più funzionale al controllo dei flussi di gioco. Ovvero, il 4-2-3-1, che ha permesso, ricorrendo al doppio pivote, di schermare meglio la linea difensiva.
In passato, infatti, la squadra andava notevolmente in sofferenza le volte che doveva mantenere le distanze tra i reparti strette e corte. Non poteva essere altrimenti, puntando forte sull’idea di portare molti uomini nella zona di costruzione altrui. Ergo, non appena veniva superata la prima pressione, subiva proverbiali imbucate centrali o micidiali ripartenze.
L’opzione di schierare Arthur non nella classica posizione di solitario centromediano metodista, bensì supportato da Duncan oppure Mandragora, ha determinato innegabili ripercussioni tattiche. Al netto di un principio tutt’altro che negoziabile, vale a dire una mentalità spiccatamente propositiva, i movimenti del doppio centrocampista basso si incastrano perfettamente con lo stile dinamico e ipercinetico, tipico del calcio di Italiano.
La probabile formazione
Lo scenario post Conference condiziona l’undici da opporre al Napoli. Per sciogliere gli ultimi dubbi, così da avere le idee maggiormente chiare, Italiano aspetterà quindi la rifinitura di sabato. Presumibile, tuttavia, che metta Terracciano in porta, considerando pure l’infortunio accorso a Christensen durante il riscaldamento nel match di Coppa.
Poi, difesa composta da Kayode, Martinez Quarta, Milenkovic, più uno tra Biraghi e Parisi. Con l’ex Empoli possibile sorpresa. Sta scalando velocemente le gerarchie, facendo vedere sprazzi di indubbio talento, al punto da mettere addirittura in discussione la titolarità di Biraghi. Entrambi i mancini offrono interessanti soluzioni nei meccanismi di squadra, in quanto capaci di destreggiarsi con efficacia lungo tutta la fascia. Magari Parisi garantisce una migliore conduzione palla al piede. Al contrario di Biraghi, devastante nelle ricezioni in corsa, propedeutiche a disegnare cross dalle traiettorie poco digeribile per portiere e difensori avversari.
Non va sottovalutata anche la crescita di Kayode (classe 2004): Campione d’Europa con la Nazionale Under 19. Fragorosa la sua esplosione, che compensa il grave infortunio occorso a Dodô. L’italo-nigeriano è una forza della natura, in grado di favorire le triangolazioni sulla catena di destra, risalendo il campo in sovrapposizione o inserimenti interni.
I due centrali sono forti in marcatura, ma concedono qualcosina in termini di velocità, specialmente quando bisogna scappare all’indietro e coprire la profondità, se la linea si alza tanto e poi viene presa d’infilata.
Giocatori determinanti
A proposito della grande mole di lavoro prodotta dalla Fiorentina, Bonaventura è la principale fonte di ispirazione. Nico Gonzalez l’altra sicurezza nell’ultimo quarto di campo. L’argentino viene dirottato a destra, a piede invertito, per poi rientrare sul sinistro. Punta l’uomo e crea superiorità numerica, strappando con i suoi movimenti a venire dentro al campo.
Incertezza totale sullo slot di offensive player opposto. Sottil, Ikoné, Kouamé o Brekalo avanzano la loro candidatura. A pensarci bene, ciascuno potrebbe scendere in campo domenica sera, proponendo un discreto tasso di conversione in finte e dribbling.
A completare l’attacco, M’Bala Nzola, che Italiano conosce bene, avendolo già allenato sia a Trapani che allo Spezia. Un centravanti di raccordo, che fa tanto movimento e “fissa” i centrali avversari attraverso un lavoro continuo spalle alla porta.
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