Sembra che Lobotka si sia riappropriato del suo ruolo di fulcro nel centrocampo del Napoli. Lo ha fatto strada facendo, adattandosi – non senza qualche difficoltà – alle richieste di Garcia. Il nuovo progetto tattico dell’allenatore francese, infatti, voleva arricchire la fase di possesso dei Campioni d’Italia con una varietà di soluzioni e occupazioni spaziali. Pur continuando ad appoggiarsi sulle letture del pivote slovacco.
Dopo un avvio forse più complicato del previsto, adesso il numero 68 ha trovato le misure per incidere nella maniera consona alle sue attitudini nel gioco degli azzurri. Trovando ricezioni centrali pulite davanti alla difesa, oppure resistendo sotto pressione ai tentativi di estrometterlo dalla manovra, marcandolo a uomo.
Insomma, ultimamente Lobotka ha ridefinito la sua identità calcistica ben oltre la semplice normalità, al punto da riscoprirsi protagonista. Fino a prendersi la scena anche contro il Real Madrid. Probabilmente, per come è strutturata qualitativamente, la squadra con una delle migliori mediane dell’intera Champions League.
Del resto, martedì scorso, Ancelotti ha potuto alternare in regia, conservando la medesima efficacia, Kroos e Modric. Proprio l’ingresso del croato ha posto le basi affinchè la Casa Blanca dosasse i ritmi del palleggio, controllando i flussi di gioco. Così da compattarsi con il palone, e addormentare di fatto l’intensità offensiva del Napoli.
Approfittando pure di una graduale, quanto palese, mancanza di sufficienti energie – fisiche ed emotive – degli uomini di Garcia. Ormai impossibilitati a rialzare il baricentro in modo adeguato, sostenendo e ribaltando il fronte dell’attacco.
Rinascita Arthur
Facendo le debite proporzioni, e senza voler sfociare nella blasfemia pedatoria, al cospetto della Fiorentina, domenica sera, Lobotka dovrà affrontare un dirimpettaio capace di giocate illuminanti, con l’istinto innato per orchestrare in costruzione: il brasiliano Arthur.
Classico centromediano metodista, i cui movimenti, quando non è direttamente coinvolto nella impostazione, si incastrano alla perfezione sia accanto a Duncan, anzichè di fianco a Mandragora. Chiamati a supportarlo nel sistema di Italiano, che prevede il doppio centrocampista basso. Trasformando il tradizionale 4-3-3 in un dinamico ed estremamente propositivo 4-2-3-1.
Sulle rive dell’Arno l’ex Juve e Barcellona appare letteralmente rinato, dopo tre stagioni in cui era praticamente scomparso dai radar. Addirittura, nell’esperienza in prestito annuale al Liverpool, aveva accumulato la miseria di 13 minuti complessivi in campo.
Attualmente, invece, è tornato ad essere il vero catalizzatore nello sviluppo del giropalla viola. Ripulendo con certosina puntualità la zona di competenza, appoggiando sul corto. Nonché esplorando la profondità attraverso passaggi lunghi e precisi. Sono questi gli strumenti che hanno fatto dei gigliati una delle sorprese di inizio campionato, permettendo alla Viola di condividere proprio con il Napoli il quarto posto.
Ecco, quindi, che il match di domenica sera assume un valore tutt’altro che effimero. Netta la sensazione che manchi veramente poco alla squadra di Italiano per acquisire uno status che trascenda la mera “classe media” della Serie A. Dal canto loro gli azzurri, forti di una nuova consapevolezza, non avendo affatto demeritato contro i Galácticos, intendono mantenere intatte le ambizioni di altissima classifica. Provando comunque a insidiare le milanesi nella lotta allo scudetto.
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