Il secondo tempo con la Lazio e l’ora abbondante contro il Genoa certificano la mancanza di identità del Napoli. Apparso lento, svagato e prevedibile. Incapace di calciare nei primi 45’ anche solo una volta verso la porta rossoblù. Lontano parente della squadra che surclassava gli avversari, producendo un mucchio di occasioni da rete.
Ovviamente, bisogna avere ancora un po’ di pazienza. Aspettare almeno l’esordio in Champions prima di tirare le somme. Ma le premesse sono tutt’altro che lusinghiere. Avendo osservato finora poco dinamico e mancanza di entusiasmo. Gli azzurri sono piatti nei movimenti, senza precisi punti di riferimento, sopra e sotto la linea della palla.
Proviamo a capire i motivi di cotanta povertà…
Difesa ballerina
La partenza di Kim ha sottratto alla retroguardia il suo elemento chiave, ma il resto dei compagni non hanno fatto nulla finora per mantenere altissimo il livello di competitività. Senza trascurare la pigrizia e la mancanza di cattiveria agonistica con cui ci si accoppia agli avversari in situazione di marcatura a uomo. Del resto, Juan Jesus era una valida alternativa in uscita dalla panchina. Mentre ora ha acquisito lo status di titolare inamovibile.
Quindi, alcune riflessioni (dolorose…) tocca farle. Sullo stato di salute di Mario Rui, davvero la brutta copia di sé stesso. Su Natan che dopo quattro giornate non ha mai messo piede in campo. Ci si aspettava che il brasiliano, arrivato per sostituire un “mostro sacro”, venisse progressivamente inserito nei meccanismi difensivi. Ieri, sorta l’improvvisa necessità di concedere un turno di riposo all’affaticato Rrahmani, gli è stato preferito addirittura Ostigard. Ovvero, la quarta scelta nella rosa di Spalletti.
Centrocampo inconsistente
Il maldestro tentativo di cambiare lo stile di gioco alla squadra ha prodotto un calcio ibrido, snaturandone quel giropalla qualitativo, associato a pressione in avanti e immediata riaggressione feroce in caso di perdita di possesso, che ne aveva caratterizzato lo scorso biennio.
Attualmente, però, il lancio lungo non stimola la vorace predilezione di Osimhen ad aggredire lo spazio profondo. Anzi, riflette la sensazione di impotenza nello spostare con intensità il pallone, creando e moltiplicando gli spazi con le rotazioni continue delle mezzali. Al contrario, si traduce in uno stucchevole e ozioso tiki taka perimetrale, con l’avversario comodamente attestato sottopalla.
D’altronde, Anguissa cammina, trascinandosi stancamente per la mediana. Irriconoscibile Lobotka, cui hanno sottratto la centralità della manovra. Complicato dunque dare un senso a un centrocampo evaporato in fase di costruzione e inesistente nell’interdizione.
Se lì nel mezzo tutti corrono più dei centrocampisti napoletani, evidentemente urge invertire l’atteggiamento molle e imbolsito, che veicola la sgradevole sensazione di giocatori con la pancia piena, presumibilmente pure appagato dallo storico scudetto.
Attacco improduttivo
Al momento, non avulsi dalle responsabilità anche Osimhen e Kvaratskhelia. La similitudine con la stagione passata è solamente nel nome stampato dietro la maglia. Per il resto, rendimento e spaziature ricordano sinistramente la fase d’attacco di altri Napoli, privi di equilibrio e poveri di movimenti. Talmente confusi, da apparire un corpo estraneo rispetto ai compagni. L’impressione che abbiano rigettato le soluzioni offensive prospettate da Garcia non è campata in aria.
Fa tenerezza osservare il nigeriano che si sbatte inutilmente: assistito male e isolatissimo, con le mezzali a distanza siderale dagli ultimi sedici metri, ergo, impossibilitate ad associarsi con lui oppure buttarsi negli spazi che creava. Inoltre, il centravanti era il primo difensore di Spalletti, quello che metteva immediatamente ansia al difensore avversario. Non c’è più traccia di tutto questo.
Kvara è un’anima in pena, fotocopia sbiadita del Top Player della Serie A 2022/23: arruffone, confusionario, incline a intestardirsi nel dribbling, quando sarebbe meglio progredire l’azione attraverso un “dai e vai”.
Insomma, il Napoli s’è arenato e aspetta l’esordio in Europa per ritrovare dentro di sé personalità e convinzione. Vediamo cosa riserva la trasferta di Braga per capirne di più sul futuro degli azzurri.
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