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Gabriele Gravina, in qualità di Presidente della FIGC, ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla Giustizia Sportiva in merito al caso-Juventus, deferita per il filone stipendi e in attesa del giudizio definitivo sulla vicenda giudiziaria relativa alle plusvalenze.

Noi abbiamo, da dirigenti del calcio italiano, un obbligo, salvaguardare il valore del brand del calcio italiano e internazionale e credo che la Juve sia uno dei riferimenti importanti del calcio internazionale e nazionale. Quindi la giustizia segue il suo corso, il presidente della Federazione deve fare sintesi tra i diversi interessi, e per noi l’interesse fondamentale è recuperare in termini di credibilità quello che è un brand straordinario che è quello della Juventus…”.

Appare quindi evidente quanto il numero uno della FederCalcio sia preoccupato per come le vicende giudiziarie che vedono coinvolte a vario titolo la società bianconera possano incidere sull’italico pallone nel suo complesso. 

E ancora: “I tifosi della Juventus sono un po’ preoccupati? Io credo che tutti i tifosi siano un po’ preoccupati, perché i tifosi della Juventus sono la maggioranza. I supporter bianconeri sono un gran numero nel panorama della tifoseria italiana. Le preoccupazioni credo che non possano riguardare quelli che sono giudizi della Corte di Giustizia, che lascio alla loro obiettività e sensibilità“. 

Organo “super partes”

Probabilmente, Gravina ha dimenticato che nel nostro ordinamento, giuridico e sportivo, vengono definiti “super partes” tutti quegli organi che agiscono in funzione neutra. E come tali, disinteressati, in quanto al di sopra delle parti in causa. Chiaramente, il Presidente della FIGC rientra in questo alveo ristretto.

Avendo appunto una funzione “Istituzionale” dovrebbe fare da garante, assumendo dunque una posizione neutrale, al fine di assicurare l’osservanza delle Leggi, a prescindere da qualsiasi interesse generale o particolare.

In effetti, proprio per questo motivo sono etichettati al di sopra delle parti, perché nei confronti di una certa situazione, dovendo necessariamente mantenersi estranei alla stessa, possono poi esprimere un giudizio obiettivo.

Il “lobbista”, ovviamente, è un’altra cosa. Sostanzialmente, il suo lavoro è quello di rappresentare gli interessi di un gruppo ristretto, oppure un’azienda. Giusto ricordare che, mentre in Italia la figura non è ancora prevista e disciplinata da alcuna norma giuridica, nell’Unione europea tale professione ha un suo specifico riconoscimento.

Credibilità ai minimi termini

A questo punto, sarebbe lecito domandare a Gravina se davvero possa ritenere legittime le sue parole. In grado di rendere ancora più confusa la figura che ricopre all’interno del “Sistema-Calcio”.

Effettivamente, non è ben chiaro se sia più preoccupato che la Giustizia Sportiva faccia veramente il suo corso, piuttosto che una eventuale sentenza di condanna possa indebolire in maniera irreversibile il movimento calcistico italiano.

In entrambe le circostanze, però, dichiarazioni così schierate ideologicamente fanno comunque scorrere un brivido lungo la schiena di tutti quelli che immaginano possa esserci ancora un barlume di credibilità in chi gestisce il campionato.

Trascurando, almeno in questa sede, su concetti come etica e moralità. Avulsi dalla logica che alimenta i comportamenti di chi continua a curare gli interessi di pochi, gestendo il Potere e spartendosi le cariche.