Ci sono momenti in cui un giornalista sa che sta vivendo la Storia dello Sport. C’è qualcosa che rallenta nell’aria. Ad esempio c’è Michael Jordan che ruba palla a Malone e tutto rallenta mentre va dall’altra parte a segnare il canestro della vittoria. Lo sa lui, lo sa tutta l’arena, lo sanno anche Flavio Tranquillo e Federico Buffa che quando MJ fa esattamente quello che tutti si aspettano, sottolineano con la voce quello che verrà visto e rivisto per milioni di volte su YouTube, che prenderà un nome “The Steal” e sul quale verrà girato un documentario chiamato “The Last Dance”. Sanno che si sta compiendo un pezzo di Storia e lo testimoniano.

La premessa è necessaria perché quando il 28 marzo 1993 Francesco Totti prese il posto di Rizzitelli per gli ultimi scampoli di un Brescia-Roma già vinto dai giallorossi, Alberto Mandolesi, telecronista storico al seguito della Roma per oltre 30 anni, ebbe una strana intuizione, come un sentore. Al momento dell’esordio di questo biondino appena sedicenne con la maglia numero 14 commentò così:

“…e poi, e questo è il fatto storico, vogliamo un po’ esagerare, è uscito Rizzitelli e ha lasciato il posto al giovane Francesco Totti…”

Perché storico? Totti, non era Michael Jordan al termine della sua Leggenda, era solo un “pupetto” di cui nell’ambiente giallorosso si parlava come di un prodigio da tempo. Eppure Mandolesi, che pure di giocatori ne aveva commentati sin dal 1975, bagnò l’esordio del biondino con parole profetiche, non comuni per uno dei tanti esordi che aveva visto. Non le usò per altri, fu un ricamo dedicato chissà per quale strana intuizione proprio a lui.

Quel giovane che sarebbe diventato un giocatore formidabile, uno dei giocatori più forti della storia del calcio italiano, bandiera della Roma per oltre 25 anni e sarebbe superfluo andare oltre a prescindere dalla fede calcistica, anche perché cadere nella retorica è molto facile.

Onore a Mandolesi dunque, che con quella frase ha intravisto qualcosa prima che tutti salissero sul carro. Prima che Totti diventasse simbolo e leggenda, campione universalmente riconosciuto. Lo fece quando era soltanto un ragazzetto di cui si parlava un gran bene, forse benissimo ma che si sarebbe potuto bruciare in un amen come tanti altri.

Vai a pensare che 30 anni dopo testate nazionali e televisioni avrebbero definito quel momento con lo stesso termine che aveva usato lui in quell’anonimo pomeriggio primaverile a Brescia. Storico.