Paolo Montero, ex difensore della Juventus e ora allenatore della primavera bianconera, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di SportItalia.
Tanti i temi trattati dall’arrivo in Italia con la maglia dell’Atalanta, alla fortuna di aver incontrato Marcello Lippi che ha creduto in lui fino alla nuoca esperienza da allenatore.
Ecco le sue dichiarazioni.
Che bambino era Paolo Montero?
“Sono nato a Montevideo il 2 settembre del 1971 e non il 3 come risulta. Mia madre ha voluto aspettare mii padre, in tournée con la squadra, per registrare la mia nascita. Ero un bambino tranquillo, come tutti in sudamerica giocavo per strada a calcio, basket e altro. Ora purtroppo è cambiato molto è più pericoloso, noi siamo stati dei privilegiati in quel senso lì”.
Come sei arrivato in Italia?
“Ho avuto Menotti come allenatore nel Penarol e mi ha fatto conoscere i dirigenti dell’Atalanta che erano suoi amici. Sono venuti a vedermi in Uruguay. Abbiamo fatto una tournèe a Cagliari e li hanno deciso di comprarmi nel 1992 e così sono arrivato in Italia. All’epoca non esisteva il passaporto comunitario e non era facile. Ero molto giovane ma ho avuto la fortuna di trovare nel mio cammino di incontrare Lippi che mi ha voluto alla Juve. Per arrivare ci vuole sempre una mano”.
Il primo aspetto che ricordi dei tuoi anni alla Juventus?
“Il primo aspetto è che quando sono arrivato a Torino mi ha sorpreso l’organizzazione che c’era nella Juve. I compagni mi hanno accolto benissimo. Lippi mi ha messo a dormire con Ferrara. Loro avevano vinto la Champions ed erano rimasti umili. L’umiltà dei campioni che ti insegnano il cammino di come ci si deve comportare a certi livelli per mantenersi negli anni”.
Ti dà fastidio quello che dicevano di te quando giocavi…
“No non mi da fastidio perché io ho interpretato così il calcio. È vero che tante espulsioni non le meritavo ma altre sì eccome. Io sono così anche nella vita, sono molto passionale e cerco di dare il massimo in quello che faccio”.

Il trofeo che ti è rimasto nel cuore? E il giocatore con cui hai legato di più?
“Ti posso dire il rammarico più grande è aver perso le finali di Champions. Però sono stato un privilegiato e lo sono ancora. Mark Iuliano. Gli scapoli di turno. Stavamo sempre insieme, passavo quasi tutto il giorno a casa sua”.
Come hai deciso di diventare allenatore?
“Prima ho iniziato a viaggiare per fare il procuratore, ma non mi è mai piaciuto, un giorno ho deciso di cambiare e mi sono iscritto in Uruguay al corso, ho iniziato lì poi dopo che mi sono trasferito in Italia mi sono iscritto al corso di Coverciano e adesso mi trovo qua. Ho lasciato il mio paese 17 anni fa e sono sempre tornato a Torino perché la città mi fa impazzire”.
Cosa ne pensi della U19? Che stagione è stata finora?
“Il campionato è molto simile alla C, molto competitivo, ci sono allenatori molto preparati, io continuo a fare esperienza, sono contento di essere tornato alla Juve. Il mio lavoro è di far crescere i ragazzi per la Next Gen e per la prima squadra. Ci sono dei giocatori con dei valori importanti, qualcuno infatti già è in C. Fin qui è stato un anno buono, escluse le ultime due gare, il derby e la Sampdoria. Siamo in linea con gli obiettivi, alcuni hanno già fatto il salto in Under23, e altri sono vicini”.
Mister si nasce o si diventa?
“Per me allenatore si può diventare, calciatore invece si nasce. Allenatore si può diventare, certo poi non saremo tutti Lippi, Guardiola, Klopp, Ancelotti, però si può fare”.
Quanto è importante il senso di appartenenza?
“Io ce l’ho ed è quello che bisogna trasmettere, è fondamentale. Io allo staff dico che a Vinovo sono felicissimo, mi sento un privilegiato ad essere alla Juventus. Ogni giorno sono grato di essere qua.”
Kenan Yildiz, classe 2005, è stato il fiore all’occhiello dell’ultimo mercato dei giovani bianconero. Pensi che resterà alla Juve?
“Si sta discutendo molto sul suo futuro ma è una cosa che dipende solo ed esclusivamente da lui. Sarei ben felice che restasse. Qui può crescere tanto.”
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Appassionata di calcio a 360º
Scrivo per far sì che la mia passione mi porti a realizzare un mio grande sogno: diventare una giornalista sportiva.