Con la vittoria sull’Atalanta, il Napoli mostra i muscoli al campionato

Quanto sia bello ed efficace questo Napoli ormai è un dato di fatto. La vittoria con l’Atalanta probabilmente non mette solo le inseguitrici con le spalle ancora più al muro. Ma certifica senza ombra di dubbio la mentalità vincente di una squadra che si avvia a scrivere una nuova pagina di storia nella letteratura del campionato.
Forse il risultato stride rispetto all’andamento dei novanta minuti, in cui gli orobici hanno fatto davvero poco per impensierire la retroguardia partenopea. Mentre la capolista ha toccato picchi di rendimento e giocate esteticamente in grado di strappare applausi a scena aperta o far stropicciare gli occhi dallo stupore al pubblico di Fuorigrotta.
Gasperini aveva optato per un sistema che prevedeva la presenza del trequartista Pašalić, piuttosto del tradizionale tridente offensivo, con l’evidente intenzione di avere una maggiore solidità nelle due fasi in cui si articola il gioco. Una disposizione che ha ovviamente favorito la Dea quando doveva chiudere gli spazi agli azzurri, in virtù di un meccanismo tattico orientato a favorire un mucchio di duelli individuali.
Il lavoro oscuro di Osimhen
In questo scenario, consapevole quanto fosse inutile usare la classica costruzione dal basso per attirare i nerazzurri in avanti, persistendo la volontà bergamasca di mantenere un baricentro basso, Spalletti ha sfruttato la mobilità di Osimhen per creare potenziali pericoli. Andando subito in verticale, affinchè tagliasse alle spalle della linea difensiva.

Una sorta di Molleggiato della pedata, il nigeriano. Che rimane un centravanti ingiocabile, principalmente perché abile nel trasformare in oro colato palloni vaganti, manco li stesse raccattando dalla spazzatura, con quelle leve da fenicottero sgraziato.
E pensare che qualche commentatore miope continua ad insistere sull’inestetismo delle sue movenze dinoccolate. Nondimeno, sono le serate come quella di ieri che Victor ricorda a questi “scienziati” come le circostanze pedatorie l’abbiano gettato tra le bestie. E lui ne sia uscito da capobranco.
Serviva massima concentrazione per rimanere in partita, nonostante Toloi, Djimsiti e Scalvini, a turno, le abbiano pensate veramente tutte pur di estrometterlo dal gioco. Nondimeno, il numero nove non si è affatto intimorito. Anzi, l’atteggiamento che si percepiva osservandone il linguaggio del corpo dimostrava quanta voglia avesse gli scaricassero il pallone nei piedi.
Situazione in cui Osimhen è andato a nozze, specialmente lavorando con le sponde spalle alla porta. Prendendo posizione e dopo usando le braccia per appoggiarsi sul difensore; tenerlo a distanza, proteggere la palla.
I guizzi ubriacanti di Kvara
Chiaramente il modo di attaccare del Napoli passa pure per l’imprevedibilità garantita dalle giocate individuali di Kvaratskhelia.
La catena di destra atalantina, composta da un laterale abituato a coprire tutta la fascia come Maehle, supportato dagli aiuti di De Roon, in teoria avrebbe dovuto idealmente disinnescare il georgiano. Che però quando prende posizione, addomesticando palloni messi in ampiezza, diventa letteralmente immarcabile.

A quel punto, sia Maehle che De Roon sembravano indecisi sul comportamento da adottare: quando usciva forte in pressione il “braccetto”, Kvara si buttava tra le linee. Al contrario, le volte che veniva raddoppiato, spezzava la copertura, puntando la mezzala con serpentine ubriacanti.
Oggi in Serie A si contano sulle dita di una mano gli offensive player capaci di eludere chiunque gli si pari davanti, utilizzando i fondamentali tecnici in maniera mai banale. Una destrezza creativa a tratti addirittura visionaria, come in occasione del gol.
Adesso urge restare umili
Insomma, il Napoli si avvicina all’Obiettivo (rigorosamente con la maiuscola…). Ma gioca talmente bene e con varianti al calcio che propone, tali da poter immaginare un futuro importante anche per competere ai massimi livelli in Europa.
Per riuscirci, Spalletti deve necessariamente continuare a stimolare il gruppo, coinvolgendo tutti gli uomini della rosa, come ha fatto finora. Forgiando gli azzurri a sua immagine e somiglianza.

Difesa impenetrabile, con Kim e Rrahmani a dominare fisicamente gli avversari. Una mediana di lotta e governo, ideale per amministrare i ritmi e gestire l’intensità del possesso. Attacco poliedrico, sviluppato con verticalizzazioni immediate, oppure, attraverso una sofisticata preparazione.
Quanto sia bello ed efficace questo Napoli ormai è un dato di fatto. La vittoria con l’Atalanta probabilmente non mette solo le inseguitrici con le spalle ancora più al muro. Ma certifica senza ombra di dubbio la mentalità vincente di una squadra che si avvia a scrivere una nuova pagina di storia nella letteratura del campionato.
Forse il risultato stride rispetto all’andamento dei novanta minuti, in cui gli orobici hanno fatto davvero poco per impensierire la retroguardia partenopea. Mentre la capolista ha toccato picchi di rendimento e giocate esteticamente in grado di strappare applausi a scena aperta o far stropicciare gli occhi dallo stupore al pubblico di Fuorigrotta.
Gasperini aveva optato per un sistema che prevedeva la presenza del trequartista Pašalić, piuttosto del tradizionale tridente offensivo, con l’evidente intenzione di avere una maggiore solidità nelle due fasi in cui si articola il gioco. Una disposizione che ha ovviamente favorito la Dea quando doveva chiudere gli spazi agli azzurri, in virtù di un meccanismo tattico orientato a favorire un mucchio di duelli individuali.
Il lavoro oscuro di Osimehn
In questo scenario, consapevole quanto fosse inutile usare la classica costruzione dal basso per attirare i nerazzurri in avanti, persistendo la volontà bergamasca di mantenere un baricentro basso, Spalletti ha sfruttato la mobilità di Osimhen per creare potenziali pericoli. Andando subito in verticale, affinchè tagliasse alle spalle della linea difensiva.

Una sorta di Molleggiato della pedata, il nigeriano. Che rimane un centravanti ingiocabile, principalmente perché abile nel trasformare in oro colato palloni vaganti, manco li stesse raccattando dalla spazzatura, con quelle leve da fenicottero sgraziato.
E pensare che qualche commentatore miope continua ad insistere sull’inestetismo delle sue movenze dinoccolate. Nondimeno, sono le serate come quella di ieri che Victor ricorda a questi “scienziati” come le circostanze pedatorie l’abbiano gettato tra le bestie. E lui ne sia uscito da capobranco.
Serviva massima concentrazione per rimanere in partita, nonostante Toloi, Djimsiti e Scalvini, a turno, le abbiano pensate veramente tutte pur di estrometterlo dal gioco. Nondimeno, il numero nove non si è affatto intimorito. Anzi, l’atteggiamento che si percepiva osservandone il linguaggio del corpo dimostrava quanta voglia avesse gli scaricassero il pallone nei piedi.
Situazione in cui Osimhen è andato a nozze, specialmente lavorando con le sponde spalle alla porta. Prendendo posizione e dopo usando le braccia per appoggiarsi sul difensore; tenerlo a distanza, proteggere la palla.
I guizzi ubriacanti di Kvara
Chiaramente il modo di attaccare del Napoli passa pure per l’imprevedibilità garantita dalle giocate individuali di Kvaratskhelia.
La catena di destra atalantina, composta da un laterale abituato a coprire tutta la fascia come Maehle, supportato dagli aiuti di De Roon, in teoria avrebbe dovuto idealmente disinnescare il georgiano. Che però quando prende posizione, addomesticando palloni messi in ampiezza, diventa letteralmente immarcabile.

A quel punto, sia Maehle che De Roon sembravano indecisi sul comportamento da adottare: quando usciva forte in pressione il “braccetto”, Kvara si buttava tra le linee. Al contrario, le volte che veniva raddoppiato, spezzava la copertura, puntando la mezzala con serpentine ubriacanti.
Oggi in Serie A si contano sulle dita di una mano gli offensive player capaci di eludere chiunque gli si pari davanti, utilizzando i fondamentali tecnici in maniera mai banale. Una destrezza creativa a tratti addirittura visionaria, come in occasione del gol.
Adesso urge restare umili
Insomma, il Napoli si avvicina all’Obiettivo (rigorosamente con la maiuscola…). Ma gioca talmente bene e con varianti al calcio che propone, tali da poter immaginare un futuro importante anche per competere ai massimi livelli in Europa.
Per riuscirci, Spalletti deve necessariamente continuare a stimolare il gruppo, coinvolgendo tutti gli uomini della rosa, come ha fatto finora. Forgiando gli azzurri a sua immagine e somiglianza.

Difesa impenetrabile, con Kim e Rrahmani a dominare fisicamente gli avversari. Una mediana di lotta e governo, ideale per amministrare i ritmi e gestire l’intensità del possesso. Attacco poliedrico, sviluppato con verticalizzazioni immediate, oppure, attraverso una sofisticata preparazione.
Seguici anche su Per Sempre Napoli!

Il calcio è la mia passione in ogni sua sfaccettatura: ho giocato tanto, ho allenato altrettanto e adesso mi piace raccontarlo.