Ci siamo, tra poche ore Tottenham-Milan si giocheranno il tutto per tutto nel ritorno degli ottavi di finale di Champions League. Si ripartirà dal piccolissimo vantaggio per i rossoneri siglato Brahim Diaz all’andata, con il Diavolo che finì quella gara con le mani tra i capelli per aver chiuso con un punteggio strettissimo viste le occasioni nel finale di De Ketelaere e Thiaw. In uno scenario moderno, costruito sulle macerie di White Hart Lane (in mezzo ad una periferia di una capitale europea), costato più di un miliardo, il Milan si affaccerà per la prima volta nella sua storia al Tottenham Hotspur Stadium per mettere la ciliegina sulla torta e prendersi quei quarti di finale che mancano dalla stagione 2011/2012. Allora era tutta un’altra squadra: più esperta, più talentuosa, con campioni del Mondo ad alimentare il tutto.

A 11 anni di distanza, di acqua sotto al ponte immaginario di Milanello ne è passata, anche tanta. Tra abbagli societari e pseudo giocatori, il Milan è come se fosse morto e rinato. Stasera non saranno le luci di San Siro ma quelle della gelata Londra, zona nord, dove a marzo le temperature toccano picchi sotto gli zero gradi. Tradotto: nevica. Oltre ad essere una battaglia in campo, lo sarà anche nella filosofia dei due allenatori. Conte contro Pioli, l’integralista per eccellenza (o uno dei tanti, fate voi) contro la flessibilità piolana: due tecnici che hanno come minimo comun denominatore il fatto di curare i dettagli tecnico-tattici, ma con la differenza che il primo è una sorta di Jimi Hendrix, rivoluzionario quando si parla 3-5-2, l’altro più malleabile ad adattarsi alle caratteristiche dei singoli.

D’altronde un buon cuoco lo si vede quando cucina con gli ingredienti che ha disposizione. Di certo non una filosofia contiana, un califfo quando si tratta di entrare in progetti e ottenere tutto ciò che si vuole (vero Lukaku?). A Pioli gli davano del pazzo fino ad un mese fa quando nel derby ha spodestato le carte schierando un modulo inedito che mai prima di allora il Milan aveva provato: un 3-5-2 con addirittura Leao in panchina, Krunic perno di centrocampo e due punte statiche, nonché incompatibili, come Origi e Giroud. Risultato? Patatrac. Gli era stato dato del folle, alcuni ne chiedevano già la testa. Poi il campo gli ha dato ragione: vittorie contro Toro, Monza e Atalanta, intervallate da quella prestigiosa proprio contro il Tottenham.

Quello che sembrava essere un suicidio giocare a specchio con Conte si è rivelato un ingegno tattico da grande allenatore. Un Antonio Conte che, a San Siro, è stato completamente incartato, non solo dall’atmosfera del Meazza che fa storia a sé, dall’interpretazione di partita degli undici rossoneri, i quali non hanno fatto girare la macchina di Kane e compagnia. Chiusura degli spazi e lasciare al Tottenham quel possesso palla che tanto Conte ripudia: alla faccia del contropiede, verrebbe da pensare. Copione che, inverosimilmente, ha adottato Pioli, studiando gli avversari e i loro talloni d’Achille. All’andata Pioli la vinse con il pensiero da vincente, muovendo le caselle sulla scacchiera preferita da Conte e imbambolandolo con un calcio di aggressività e furore agonistico.

3-5-2 COME BASE DI PARTENZA

Stasera sarà tutta un’altra storia, condita bensì dallo stesso prologo: 3-5-2. Da lì si riparte, da lì si decide. Pioli l’ha definita una partita della “personalità”: un’occasione ghiottissima per sfruttare il momento nero degli inglesi e fare un favore alle casse societarie issandosi tra le prime 8. Dall’altra parte un Conte che deve smaltire i cocci della degenza ma che, per forza di cose, dovrà sfatare un tabù europeo che il suo curriculum di Coverciano nella tabella “allenatori” piange. Solo una volta il tecnico salentino ha superato gli ottavi: stagione 2012/2013 quando era alla guida della Juventus. Ma il Celtic come vittima sacrificale non può essere bilanciato al Milan Campione d’Italia un anno fa e campione di schizofrenia un mese fa.

Leggenda narra che sono i giocatori che vincono le partite: beh, quella di questa sera sarà la sfida degli italiani a bordocampo, propagandisti di 3-5-2 sfruttati in maniera diversa ma estremamente efficace. Uno si gioca un buonissimo 80% di un futuro che si prevede già sulla prima pagina del “The Guardian” a fine stagione: Conte was sacked. L’altro è all’esame di maturità per capire se dentro al suo ego ci sono le stigmate del “grande allenatore”. Conte vs Pioli è sfida al potere di due tatticisti: la scacchiera è pronta, noi godiamoci lo spettacolo.

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