Napoli, Osimhen: “Ecco qual è il mio segreto. Un retroscena di questa estate. Premier? Chissà, un giorno…”

Victor Osimhen ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, parlando del suo formidabile Napoli, degli obiettivi e dei segreti che si nascondono dietro alla sua clamorosa forza. Le parole.
“Dedicare lo scudetto a mia figlia? Lei è la mia bimba, un’emozione unica. È la luce della mia vita, la piccola donna alla quale insegnare il valore dell’amore, il rispetto per gli altri, ricchi o poveri che siano, bianchi o neri. Hailey gioirà con me e con tutti i tifosi, lei come noi merita di vedere il Napoli tagliare il traguardo”.
La Champions?
“Siamo a marzo e c’è ancora tempo davanti. Ma, sì, voglio tutto, vogliamo tutto. Stiamo dando la nostra vita per raggiungere questo successo. Lo meritiamo, stiamo sacrificando ogni cosa per raggiungerlo. Ci siamo quasi, ma guai a distrarci proprio adesso. La nostra mentalità è sempre la stessa, in Italia e in Europa: imporci e vincere”.
Qual è il tuo segreto?
“Ci curiamo l’uno dell’altro, in ogni momento. Ciascuno dà la carica all’altro, e se qualcuno è in difficoltà siamo pronti a dargli una mano. C’è solidarietà, difficile spiegarla a chi non la vive. La convinzione di ognuno serve per la collettività. E quando ci credi ti senti forte, quando sei forte vinci. Poi c’è il mister che rappresenta il cervello della squadra. Sa una cosa a cui penso? Se un giorno dovessi fare l’allenatore mi piacerebbe essere come lui. Fuori dal campo un papà: pronto ad ascoltare e a consigliare su qualsiasi cosa. In allenamento Spalletti è molto severo, rigoroso. Si arrabbia anche. Soprattutto con chi non dà il 100 per cento. Se si arrabbia con me? Certo. È successo in passato e probabilmente accadrà ancora. C’è una cosa che lo fa uscire pazzo: quando vede che uno non rende per quello che può. Il primo a dare il massimo è lui, pretende da noi la stessa cosa”.
Ti senti forte?
“Certo la testa è dura! Se non l’avessi avuta così e non fossi stato convinto avrei smesso. Qualcuno in passato diceva che non avrei mai fatto fortuna nel calcio. E, invece, eccomi qui a dimostrare con i fatti che si può. Se si vuole si può. Nessuno ha mai scelto per me, anche a Napoli sono venuto perché io ho deciso così”.
Gli infortuni?
“Sì effettivamente me ne sono capitate un po’, ma non mi sono curato troppo delle persone e di quello che hanno detto anche prima che arrivassi. Forse ogni cosa negativa è servita come stimolo in più. Sono credente e Dio mi ha messo alla prova. Nei momenti di difficoltà, il club mi ha sempre supportato. Oggi sono felice ma non soddisfatto. Si può fare di più. Per Napoli e la sua gente”.
Ormai lo Scudetto è vostro:
“Quando abbiamo capito che è possibile? Prima ancora che cominciassimo a vincere. E c’è una foto conservata che testimonia il momento. Era estate e dopo un allenamento abbastanza duro parlavo con Anguissa. Gli dissi: Frank, sai che la nostra squadra è forte e possiamo provare a vincerlo veramente lo scudetto? Lui era scettico e io lo convincevo. Si avvicina Spalletti e ci chiede di cosa parliamo. Glielo dico, lui mi guarda e dice: se i tuoi compagni si convincono, come lo sei tu, sì che possiamo provarci. È nata così la nostra bellissima storia, fatta di partite, di allenamenti, di uomini che non si risparmiano. Fatta di leader”.
La Premier ti stuzzica?
“Credo sia un’ambizione di tutti i giocatori. E chissà, un giorno… In questo momento, le assicuro, non mi sfiora neanche il pensiero. Mi distrarrebbe da una stagione bellissima. Solo Napoli. Punto”.
Come spieghi questa intesa con Kvara?
“Perché c’è stata empatia dal primo momento. Lui è fortissimo, ma anche un ragazzo d’oro. Questo per me conta”.
Il tuo idolo?
“Drogba”.
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Milanese classe 2000, bocciato sul campo ma promosso nella scrittura di calcio a 360 gradi. Risultatista di sangue, vivo il gioco con passione analizzando ogni suo singolo aspetto. Pragmatico sotto tutti i punti di vista, sogno di fare della mia passione un lavoro.