Serie A, zona retrocessione quasi definita: la Samp aspetta il miracolo, il Verona ci crede

Fonte foto: Profilo Twitter Sampdoria
Ormai si parla talmente tanto di Napoli e zona Champions che quasi ci si è dimenticati di una lotta per non retrocedere che si sta delineando sempre di più. Giusto da una parte, perché un campionato così schiacciante di una squadra che non sia la Juventus non lo si vedeva da anni; ingiusto dall’altra perché anche le “minors” meritano una fetta di spazio e analisi. A 14 giornate dalla deadline, in un campionato anomalo per via della pausa Mondiale e di un calendario fitto per tutti, la zona retrocessione sta assumendo sempre più i contorni di una serie Netflix appetibile ma con pochissime puntate. Sintomo di storie brevi, in cui nel giro di poco si arriva all’epilogo, nel bene o nel male. Un po’ come la vite di Cremonese, Sampdoria, Verona, Spezia e Salernitana, le quali al momento devono avere mano sul defibrillatore da una parte e sul cuore dall’altra.
Vi starete chiedendo, perché solo cinque squadre nominate? Con il Lecce 15° a più 10 dal terz’ultimo posto, la riga può essere tirata tranquillamente. In primis c’è un discorso di aritmetica: difficile immaginarsi che i salentini perdano 10 punti da qui alla fine. In secundis c’è in ballo un ragionamento di natura tecnica: la squadra di Baroni ha ampiamente dimostrato fino ad oggi di sapersi meritare la categoria tramite le prestazioni sul campo. I giallorossi, pensateci, hanno messo in difficoltà tutte le big del campionato, ma proprio tutte. Sono stati gli unici a pareggiare al Maradona contro il Napoli, hanno battuto una settimana fa a Bergamo l’Atalanta, l’Inter ci ha vinto all’ultimo, la Juventus nel finale, il Milan si è inceppato 2-2 al Via del Mare, la Lazio è stata battuta, la Roma fermata.
Insomma, troppi indizi fanno troppe prove e questo Lecce, nonostante qualche passo falso inaspettato, si salverà con grande anticipo. La Salernitana ha tirato una bella boccata d’aria pulita questo weekend battendo con un 3-0 secco lo sfrontato Monza di Palladino. Paulo Sousa sa come si allena in Serie A, anche se il lavoro da fare in corsa con una squadra che deve lottare per salvarsi non è mai stato il suo pane quotidiano. Di sicuro, i granata sono quelli che sulla carta hanno la rosa più forte rispetto a quelle sotto: Candreva, Dia, Piatek, Ochoa, Nicolussi, Coulibaly, Bonazzoli. Insomma, il materiale al tecnico portoghese non manca, serve solo assemblarlo bene.
IL MALAUGURATO SPEZIA
Un gradino sotto troviamo lo Spezia, alla terza stagione consecutiva in Serie A. Molto discutibile è stato l’esonero di Luca Gotti, tecnico che non aveva ancora toccato la zona rossa e che si è ritrovato senza mezzo giocatore a disposizione per via degli infortuni. A gennaio, in più, è partito Kiwior, Nzola si è fatto male, Bastoni anche, Verde è rientrato da poco. Insomma, il mercato americano ha portato solamente una bacchetta magica da affidare all’allenatore e uno Shomurodov consumato: mosse non di prim’ordine e che, inevitabilmente, stanno venendo pagate. Domenica è crash-test contro il Verona: già da lì si capirà tantissimo del futuro degli spezzini nel massimo campionato.
LE ULTIME TRE: VERONA CI CREDE, SAMP E CREMONESE CON LA BANDIERA BIANCA
Per quanto riguarda la zona più calda di classifica, 2/3 di futuro delle dirette interessate è già stato scritto. La Cremonese gioca ormai solo per l’orgoglio, visto che senza neanche una vittoria in 23 giornate (in attesa di stasera contro la Roma) ha raggiunto il record negativo di quell’Ancona 2003/2004 falcidiato da miriade di giocatori presi in prestito da qualsiasi parte del mondo. Ballardini il miracolo l’ha fatto, ma in Coppa Italia, ormai l’unica ancora di salvataggio che rimane. Probabilmente sarà lì, in semifinale contro la Fiorentina, che i grigiorossi daranno tutti loro stessi. In campionato la classifica parla di 9 punti fatti con 9 pareggi e -11 dalla salvezza. Adesso l’obiettivo è chiaro: salvare il salvabile.
L’altra squadra con un piede e mezzo in B è la Sampdoria, grande delusione di questo campionato. I blucerchiati non riescono a fare un gol neanche se le buste paga raddoppiano. L’uscita in lacrime dal campo di Stankovic nel 2-2 finale di Monza è la fotografia di un comandante che non sa più cosa fare dopo essere andato alla deriva. Ci sono evidenti episodi malaugurati che stanno indirizzando come peggio non poteva una stagione maledetta per la Sampdoria: Sabiri che sbaglia il rigore decisivo col Bologna e Orsolini che fissa la vittoria finale al ’90; ieri occasioni clamorose non sfruttate contro la Lazio, 0-0 a 10 dal termine, errore in uscita e gol di Luis Alberto.
Se a mettersi di mezzo è anche il caos societario, tiriamo le somme e diventa facile arrivare al risultato: questa Sampdoria è condannata a tornare in B dopo 11 anni.
VERONA REDIVIVO
Chi si giocherà l’ultimo slot per salvarsi sarà il nuovo Verona di Zaffaroni, squadra letteralmente rinata sotto l’egida del neo allenatore. Bocchetti era ancora troppo acerbo e da braccio destro, al momento, funziona meglio. Da spacciato a redivivo, il Verona è a soli tre punti dal vedere la luce della permanenza e questo grazie ad un 2023 super: sole tre sconfitte ma contro Roma, Inter e ieri Fiorentina. Ci sta, onestamente. Una squadra piena zeppa di giovani e scommesse che ha trovato in Cyril Ngonge l’eroe a cui fare affidamento.
Zaffaroni ha riportato il Verona a riscoprire la sua vera identità che aveva lasciato prima Juric e poi Tudor: quella di squadra aggressiva, coraggiosa e sfrontata di giocarsi gli uno contro uno con tutti. Il lavaggio del cervello comminato su Lazovic è stato l’ingranaggio per far funzionare tutto, con questa nuova posizione da trequartista inventatagli da Zaffaroni e che sta cambiando da così a così l’attacco scaligero. Domenica a La Spezia è già un dentro e fuori. Urge crederci.
IL CONFRONTO CON GLI ALTRI CAMPIONATI
Parlando di numeri, è abbastanza impietoso il divario con gli altri campionati (prendiamo sempre i soliti 5). In Premier League, il Southampton ultimissimo con 18 punti ne ha vinte 5, in Serie A lo Spezia ha racimolato appena 4 successi e non ha quasi mai toccato la zona rossa. Un chiaro segno della pochezza tecnica delle nostre squadre che lottano per non retrocedere. Per fare un altro esempio: la Salernitana è 16esima con 24 punti, a più 7 dal terz’ultimo posto. In Premier, il Nottingham è 13esimo con 25, a solo +4 dall’Everton 18esimo. Un segnale netto e chiaro di come quelle in fondo abbiano due marce in più rispetto alle nostre che possono permettersi in lusso di non fare punti per mesi e rimanere sempre nella stessa posizione.
Pensate all’Udinese che sta campando di rendita dopo quei mesi folli di settembre e ottobre dove sembrava la squadra più forte della Serie A: 1 vittoria nelle ultime 16 e sempre nella parte sinistra della classifica è. In Liga, il Valencia al momento non si salva con 23 punti che da noi varrebbero un 16esimo posto tranquillissimo (prendo in riferimento la Salernitana che ne ha 24). E il Valencia ne ha vinte 6, come il Lecce che però ha 10 punti di distacco. Una forbice ampissima e che fa capire quanto le nostre squadre di più basso livello campino coi risultati mancati delle concorrenti rispetto ai valori tecnici personali.
L’eccezione, se vogliamo, è stata la Salernitana di Nicola che si è costruita una salvezza che dire clamorosa è poco. Ma, infatti, è un’eccezione che conferma una regola grossa come una casa: se quelle dietro non corrono, neanche quelle davanti lo fanno.
Noi siamo quella parte di italiani che o non inizia proprio a lottare – dicasi Cremonese – oppure aspetta fino all’ultimo prima di iniziare a correre, senza dare la mazzata quando serve. Il Sassuolo si è dovuto svegliare per capire che stava per sprofondare negli abissi e adesso è in ripresa. La Salernitana prendeva 8 gol dall’Atalanta, 3 dal Monza, 3 dalla Juve ed è sempre stata nella stessa posizione. C’è un problema di mentalità nelle nostre “piccole”: si campa con gli errori altrui e non coi propri ideali. Si vuole rischiare fino all’ultimo per raggiungere l’obiettivo col minimo sforzo; si guardano i punti anziché le prestazioni. Serve rivoluzionare: basta calcolatrici, serve una forma-mentis all’inglese.
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Milanese classe 2000, bocciato sul campo ma promosso nella scrittura di calcio a 360 gradi. Risultatista di sangue, vivo il gioco con passione analizzando ogni suo singolo aspetto. Pragmatico sotto tutti i punti di vista, sogno di fare della mia passione un lavoro.