Al di là di quello che succederà da qui alla fine del campionato, sembra che ormai il Napoli stia indirizzando la stagione, segnandola inevitabilmente verso il conseguimento di un Obiettivo (la maiuscola è doverosa…) storico.
A volte il tempo passa, e nel frattempo nulla cambia veramente: così, l’adagio caro a Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”, che ad un cinico Tancredi lascia l’illusione che lo scorrere degli eventi porterà con sé necessariamente delle novità, si adatta perfettamente alla realtà attuale della Serie A.
Probabilmente è quello che desideravano anche le inseguitrici, nella speranza che la Cremonese facesse il miracolo, immaginando che attraverso un passo falso della capolista, potessero reinventarsi.
E invece rimane tutto come prima. Con la squadra di Spalletti in fuga solitaria…
Le mezzali e gli half-space
Nonostante il rotondo risultato consegnato agli almanacchi lasci pensare ad una gara dall’andamento scontato, il Napoli ha incontrato comunque qualche difficoltà, prima di venire a capo di una ordinata e mai doma Cremonese.
Per riuscirci, gli azzurri hanno dovuto lavorare non solo sul mantenimento della palla. Ma pure sviluppare un certo tipo di calcio, funzionale alla creazione degli spazi.

In questo scenario tattico, determinante il contributo offerto da Anguissa e Zielinski nell’interpretare la fase di possesso, sorprendendo i grigiorossi con un’interessante giocata. Il solito leitmotiv degli azzurri, che contro la pressione uomo su uomo continuano a muovere compulsivamente il pallone, fino a trovare il passaggio chiave per imbucare.
Una delle mezzali – il camerunese o il polacco – si smarcavano dunque negli half-space, ovvero la parte di campo alle spalle dei centrocampisti di Ballardini, così da poter ricevere liberi e poi andare a verticalizzare. Eludendo il primo pressing ordinato dall’allenatore dei cremaschi.

Paradossalmente, il Napoli ha tratto vantaggio proprio dalla pressione della Cremonese. Infatti, mentre attaccanti e centrocampisti si alzavano direttamente sugli avversari, Kvaratskhelia e Lozano restavano assai larghi, praticamente con i piedi sulla linea. Una posizione che impediva ai “braccetti” di accorciare sulla trequarti, preferendo invece coprire la zona di competenza.
Ecco che, slegati dalla forte pressione, Anguissa e Zielinski erano liberi di ricevere e poi verticalizzare per l’attacco alla profondità di Osimhen.
A quel punto, sviluppare efficaci azioni offensive diventa una semplice conseguenza…
Napoli come al Super Bowl
Allora, per le difese avversarie, assorbire i movimenti del Napoli tesi alla finalizzazione del classico possesso qualitativo è complicatissimo.
Effettivamente, gli azzurri riescono ugualmente ad impattare negli ultimi sedici metri, pur dovendo spesso affrontare linee strette e corte tra i reparti. Questo perché le basi del calcio di Spalletti garantiscono almeno tre opzioni, che obbligano i diretti marcatori a fare una scelta.
Stanotte s’è giocato il Super Bowl, quindi, azzardando un divertente parallelismo con il Football Americano, potremmo considerare alla stregua del quarterback il giocatore con la palla.

Alla guida di un offensive line di altissimo livello. Talmente profonda da sfruttare tracce sul breve, il giropalla gestito in totale sicurezza da Lobotka. Oppure a medio raggio, cioè la grande mobilità delle mezzali, che mandano fuori giri qualsiasi tentativo di intercetto.
Non disdegnando di esplorare lo spazio profondo, con il lancio lungo che stimola Osimhen.
Insomma, il Napoli pare davvero un team della NFL, ed il suo gioco, sviluppato in aria e per terra, esalta egregiamente i suoi principali uomini simbolo.
Seguici anche su Per Sempre Napoli!
