Pierino Prati, un attaccante che ha fatto la storia di Roma e Milan e troppo spesso sottovalutato, è stato uno dei tanti campioni del calcio che ci ha lasciati nel 2020. Avrebbe compiuto oggi 76 anni. L’attaccante di Cinisello Balsamo ha avuto un impatto tangibile sui risultati delle rispettive squadre.
Il contributo alla nazionale
L’edizione degli Europei del 1968 prevedeva una formula particolare. A partire da Euro ’68 furono introdotti i gironi eliminatori. Le vincitrici dei gironi si sarebbero scontrate nei play-off, nei quarti di finale. Le squadre che avrebbero avuto la meglio avrebbero poi giocato le semifinali e la finale in Italia.
Ai quarti agli Azzurri toccò la Bulgaria, che vinse a Sofia per 3-2 sfruttando l’infortunio del leader difensivo Armando Picchi (il gol di Prati al minuto 83 salvò la nazionale) per poi perdere al San Paolo per 2-0, per effetto delle reti dello stesso Prati e di Domenghini. Senza quella rete a Sofia l’Italia avrebbe dovuto penare per arrivare alla fase finale dell’Europeo vinto. Un Europeo che rientra nel palmares di questo attaccante troppo bistrattato.
La Coppa Campioni con il Milan
Nel 1968-1969, un 23enne Pierino Prati giocò la finale di Coppa Campioni tra Milan e Ajax.
Alla fine della stagione 1968-69 non si parlò solo dello sbarco sulla luna e della guerra del Vietnam che infuriava nel sud-est asiatico. C’era partita di calcio di proporzioni titaniche che stava per avere luogo al Santiago Bernabéu di Madrid. La finale della Coppa dei Campioni. Il Milan era chiamato a sfidare il temibile Ajax, guidato dal leggendario Johan Cruyff.
Dopo aver battuto Malmö e Celtic, l’avversario successivo era il Manchester United, campione in carica, guidato dal leggendario Matt Busby, che aveva annunciato il ritiro dopo la fine della stagione. I favori del pronostico erano tutti per gli inglesi. Davanti a 80.000 spettatori, il Milan vinse 2-0 a San Siro, grazie alle reti di Angelo Sormani e Kurt Hamrin. Bastarono questi due gol per poi aspettare l’avversario e controllare.
La partita di Old Trafford rappresentò l’ultima di Busby in Coppa dei Campioni come allenatore del Manchester United. Il Milan si difese alla grande e il gol di Bobby Charlton arrivò troppo tardi.
Molto è stato scritto sulla finale iconica tra Milan e Ajax e sullo scontro di stili tra catenaccio e totaalvoetbal. Ancora una volta, i favoriti erano gli avversari. Johan Cruyff e Rinus Michels sembravano troppo avanti rispetto a un sistema reputato vetusto. Eppure questo sistema, tanto criticato alla vigilia non fu modificato di una virgola nell’affrontare Cruyff e compagni. Rocco era il volto di questo stile e doveva farlo funzionare a tutti i costi.
Rocco consigliò ai propri calciatori di calciare tutto ciò che si muoveva: palla o gambe. Disse inoltre a uno dei suoi difensori di marcare il centrocampista avversario dallo spogliatoio al gabinetto. Il Milan non avrebbe dato spazio all’Ajax per costruire il proprio gioco: la Coppa Campioni doveva finire a Milano.
Quando la partita sarebbe dovuta iniziare al Bernabéu, c’erano così tanti giornalisti sul campo che il calcio d’inizio fu ritardato di 15 minuti per farli sgombrare tutti. Quella doveva essere la prima partita trasmessa a colori in televisione.
La partita fu a senso unico, ma per il Milan, che asfissiò l’Ajax. All’ottavo minuto, Pierino Prati segnò il primo gol. L’Ajax sembrava essere sotto shock. Prati raddoppiò prima dell’intervallo e nel secondo tempo il canovaccio non cambiò. La solidità del Milan spazzò via ogni attacco orchestrato dalla squadra di Michels e Cruyff fece una sorta di comparsata. Sormani mise a segno il gol del 3-0, mentre Prati completò la sua tripletta. Prati diventò «il primo giocatore italiano a realizzare una tripletta in finale di Coppa dei Campioni». Il Milan e Rocco erano di nuovo campioni d’Europa e, ancora una volta, il catenaccio si rivelò la formula vincente. Il Paron aveva raggiunto l’apice della sua carriera.
Con il Milan, Prati vinse anche la successiva Coppa Intercontinentale, due Coppe delle Coppe e un campionato (quello del 1967-68, da capocannoniere).
Alla Roma
Pierino la peste continuò a fare danni nelle difese avversarie anche con la maglia della Roma. Approdato in giallorosso all’età di 27 anni, disputò le prime due stagioni al top. Nella seconda arrivò a segnare ben 22 gol tra campionato e coppa, cifra ragguardevole per un epoca in cui si segnavano decisamente meno gol e si disputavano meno partite.
Era la Roma del Barone Liedholm, di Ago Di Bartolomei, di Francesco Rocca, di Franco Cordova, di Picchio De Sisti e di Domenico Penzo. Bruno Conti, a cui Prati era molto legato, sarebbe tornato in pianta stabile nel 1976.
Nelle ultime stagioni in giallorosso imboccò il viale del tramonto, anche a causa di problemi fisici, ma nello straordinario ’74/’75 era riuscito a portare i giallorossi al terzo posto a suon di gol.
Calciatore “rock”, Pierino Prati ha segnato una generazione, facendo sognare i propri tifosi. Idolo a San Siro, lo è diventato anche all’Olimpico, grazie ai suoi gol decisivi.
Proprio l’importanza e la decisività dei suoi gol lo fanno entrare di diritto tra i grandi del calcio italiano. Ma qualcuno ne dimentica troppo spesso le gesta…
Vincenzo Di Maso
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione