Partiamo da un dato di fatto, inequivocabile: zero gol e un assist a novembre inoltrato testimoniano alla perfezione il non-impatto di Charles De Ketelaere al calcio italiano. Il Milan lo sa, Pioli anche. Con 14 giornate alle spalle, si può tranquillamente arrivare alla conclusione di come il prodigio belga non abbia rispettato le enormi aspettative caricategli addosso il giorno del suo arrivo a Milanello. Per 35 milioni di motivi, il classe 2001 ha palesato difficoltà evidenti: di ambientamento, di carattere e soprattutto tecniche. Strano a dirsi per uno che fino ad un anno fa con la casacca del Bruges era abituato a fare faville, a trasformarsi in un risolutore di problemi e ad incantare mezza Europa. De Ketelaere è la perfetta fotografia di quanto il mercato rossonero sia stato totalmente sopravvalutato in estate.
Calma, con questo non si vuole intendere che il giovane trequartista sia uno pseudo giocatore qualsiasi che è stato strapagato. Ma sicuramente lui assieme ai Dest, Adli, Thiaw, Origi e Vranckx non hanno fatto cose particolari per prendersi i cuori dei tifosi fino a questo momento. E per una volta lo possiamo dire: “Caro Paolo, stavolta hai steccato”. Non piangiamoci addosso, però. La politica Milan ha avuto ragione sempre sul lungo periodo e, per correttezza, è giusto portare delle critiche senza mettere la croce addosso a qualcuno. Fino adesso De Ketelaere ha giocato 18 partite senza dare la benché minima sensazione di poter fare la differenza.
QUELL’ASSURDO PARAGONE CON KAKA’
Che fosse da titolare o da subentrato, la gestione di Pioli non ha portato gli effetti sperati. Di lui, al momento, si ricorda la cavalcata di San Siro contro il Bologna e l’assist servito a Leao. Fine. Il lampo del talento belga si ferma lì. Poi tanti problemi, psicologici in primis e fisici in secundis. Ma soprattutto grossi problemi nel tenere in vita uno dei tanti classici paragoni calciofili, per usare un eufemismo, con Ricardo Kakà. Un campione d’Europa, un Pallone d’Oro, giocatore difficilmente nominabile e accostabile quando si parla di Milan. Forse per la capigliatura, forse per gli occhi, ma di quel Kakà fenomenale che tutti ricordano, De Ketelaere non ha proprio niente.
Oltre a ciò, la più grande difficoltà emersa agli occhi è l’incapacità del 21enne di sostenere l’aspettativa. Inseguito e (re)inseguito dal Milan in estate pagandolo una fortuna, CDK non si è ancora sciolto, vive dentro di sé con una paura di sbagliare che di conseguenza limita la sua velocità di crescita. Anche quando è entrato a Cremona per cercare di portare più fantasia alla trequarti si è nascosto, è stato un fantasma, come se i piedi gli tremassero, la testa non girasse nel verso giusto. Anche qualche fischio da San Siro è arrivato e questo non può assolutamente agevolarlo. Pioli lo vuole rigenerare e sta cercando la medicina giusta per trasformarlo nel Signor Wolf di Pulp Fiction che risolve problemi, o addirittura Re Mida che tramuta in oro i pochi palloni che tocca.
Per chiudere, è politicamente corretto ricordare una cosa: anche Leao e Tonali non erano così appena arrivati al Milan. Di partite sbagliate e sottotono ne hanno fatte prima di prendersi la squadra sulle spalle. Ricordatevi cosa si diceva del centrocampista italiano dopo la prima stagione: “sopravvalutato, italiano scarso”. Adesso è il leader del centrocampo del Diavolo. Leao non era “continuo”, passano un paio di stagioni e bum, diventa l’uomo più imprescindibile della squadra. Insomma, giocare al Milan da protagonista sembra facile ma non lo è. Il peso della maglia lo sentono inesorabilmente tutti i ‘picciotti’ soprattutto che vengono pagati fior di quattrini. Il comandante Pioli, adesso, ha un’unica missione: salvare il soldato De Ketelaere.
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Milanese classe 2000, bocciato sul campo ma promosso nella scrittura di calcio a 360 gradi. Risultatista di sangue, vivo il gioco con passione analizzando ogni suo singolo aspetto. Pragmatico sotto tutti i punti di vista, sogno di fare della mia passione un lavoro.