Pur non avendo potuto vincere i Mondiali di Svizzera ’54 dopo aver perso inaspettatamente contro la Germania in quella finale che sarà eternamente ricordata come il Miracolo di Berna, l’Ungheria è stata una delle squadre che hanno fatto la storia di questo sport. Con un gioco brioso, divertente e devastante, l’Aranycsapat incantò i locali e gli stranieri. Era una squadra all’avanguardia e gettò le basi del calcio che sarebbe stato praticato in Europa nei decenni successivi, il preludio del “Calcio totale” di Rinus Michels.

Tra le tante esibizioni straordinarie prodotte dalla “squadra d’oro”, ce n’è una che è entrata negli annali della storia del calcio per ovvie ragioni. Era il 25 novembre 1953. Nella cattedrale del calcio mondiale di Wembley l’Ungheria affrontava l’Inghilterra. Era un’amichevole, ma di prestigio. Gli inventori del calcio, riluttanti a credere in un modo di intendere il gioco diverso dal proprio, contro i campioni olimpici in carica a Helsinki ’52. L’Inghilterra non aveva mai perso in casa contro squadre diverse da quelle britanniche.
L’Ungheria non perdeva da 24 partite. Lo spettacolo era garantito. E Gustav Sebes, l’allenatore ungherese, aveva un asso nella manica per fare a pezzi la difesa inglese e, nel frattempo, dare una lezione a un’Inghilterra appassionata di calcio che, per quanto avesse inventato questo gioco, era rimasta ancorata a vecchie convinzioni.
Mentre i suoi avversari impazzivano, Hidegkuti ha regalato agli amanti di questo sport la prima esibizione di un attaccante che era tutto tranne che un centravanti comune
L’Ungheria scese in campo a Wembley, giocando con cinque calciatori offensivi: Budai, Kocsis, Hidegkuti, Puskás e Czibor. O meglio, questo era l’assetto apparente. Il piano di Sebes era di arretrare di qualche metro la posizione del centravanti Hidegkuti per assistere Bozsik e Zakarias a centrocampo. Con quella mossa, lo schema per eccellenza del calcio inglese, la formazione nota come WM, fu fatta a fette in uno dei templi del calcio mondiale.
Nel magnifico libro “The Ball is Round”, David Goldblatt ricorda la battuta raccontata da Billy Wright, capitano dell’Inghilterra, quando vide gli scarpini leggeri, tagliati sotto la caviglia, che gli ungheresi indossavano: “non dovrebbero esserci problemi, ragazzi, non hanno nemmeno portato l’attrezzatura adeguata“. Lo scontro tra tradizione e modernità potrebbe essere condensato in questa piccola storia, ma ciò che è accaduto poco dopo lo ha relegato in secondo piano.

Gli inglesi vedevano gli avversari arrivare da tutte le parti. Prima del primo minuto di gioco, Hidegkuti aveva già segnato il primo gol. Alla mezz’ora, il punteggio era su un doloroso e umiliante 4-1. A fine primo tempo l’Aranycsapat conduceva per 4-2, e dopo l’intervallo, Bozsik e Hidegkuti annientarono gli inglesi prima che Alf Ramsey segnasse il terzo gol.
Il cosiddetto Match of the Century, uno dei tanti duelli a cui è stata assegnata questa etichetta, si concluse con una vittoria per 6-3 per gli ungheresi. Al di là del risultato, se c’era un calcatore che era spiccatosu gli altri,a prescindere dai suoi tre gol, quel calciatore era Nándor Hidegkuti.
L’attaccante dell’MTK Budapest, probabilmente inconsapevolmente, ha rivoluzionato il calcio quella sera con la sua performance fuori dall’ordinario. Harry Johnstone e Billy Wright, difensori centrali della squadra allenata dall’illustre Walter Winterbottom, non riuscivano a fermare un Hidegkuti, che compariva e scompariva dalla posizione di centravanti a suo piacimento.
Non sapevano seguirlo o se lasciarlo andare. Era una partita perfetta per i centrocampisti Bozsik e Zakarias, che beneficiavano della superiorità a centrocampo data dalla presenza di Hidegkuti e potevano quindi lanciare gli esterni. Mentre gli inglesi impazzivano, incapaci di vedere da dove sarebbe spuntato, Hidegkuti regalò agli appassionati di calcio la prima vera e propria esibizione da primo falso nueve della storia.
Mesi dopo, gli inglesi, feriti, chiesero la rivincita. La partita ebbe luogo al Nepstadion Budapest il 23 maggio 1954. L’arbitro era l’italiano Giorgio Bernardi. Gli oramai ex maestri inglesi furono sconfitti di nuovo. Questa volta il punteggio fu un travolgente 7-1 per la squadra di Puskas e Hidegkuti.

Convinti di poter riscattarsi dopo il 3-6 di Wembley, gli inglesi entrarono in campo con grande spocchia. Nonostante fossero solo quarti nella classifica FIFA, si definivano superiori agli ungheresi sia dal punto di vista tecnico che fisico. Le innovazioni tattiche straniere erano ignote agli oramai ex Maestri. Basti pensare che giocavano ancora con il vecchio WM.
L’aranycsapat spazzò via l’obsoleto modulo della nazionale dei Tre Leoni grazie al suo micidiale 4-2-4. Gli inglesi furono colti perennemente fuori posizione. Emerse ben presto che non avevano capito un bel nulla della lezione di Wembley.
I gol di Lantos, Puskas e Kocsis portarono l’Ungheria sul 3-0 dopo 19 minuti. Dopo poco più di un’ora di gioco i magiari erano sul 6-0. Arrivò poi il gol della bandiera di Ivor Broadis, attaccante del Newcastle, mentre Puskas sigillò il definitivo 7-1 pochi minuti dopo.
Il calcio era cambiato per sempre. Gli inglesi si resero finalmente conto di non essere più i migliori. Guardarono pertanto alle innovazioni del “Continente” e sollevarono quella sorta di cortina di ferro autocreata. Dopo aver fatto tabula rasa, negli anni e nei decenni successivi emersero tecnici vincenti come Don Revie, Matt Busby, Brian Clough, Bill Nicholson e Ron Greenwood. Dal canto suo, l’Ungheria non ha invece mai più avuto una squadra nemmeno lontanamente paragonabile all’aranycsapat.

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione