Erba naturale o sintetica? Questo è il dilemma…

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Le parole di Mourinho nel post-partita di Bodø/Glimt-Roma hanno riacceso i riflettori su una questione che va avanti da circa una decina di anni: l’utilizzo dei campi sintetici nei campionati professionistici e nelle competizioni europee.
A livello tecnico, riferendoci ad allenatori e giocatori, le superfici artificiali riservano diverse insidie. Innanzitutto non sono tutte uguali: alcune sono più lente, altre più veloci, qualcuna più dura qualcun’altra più morbida; solitamente ciò dipende dal fornitore del materiale ed dall’usura della stessa. Quindi, sebbene i più importanti club professionistici abbiano anche dei campi sintetici nei loro centri sportivi, il comportamento del pallone rimane sempre un’incognita rilevante e le squadre di casa hanno anche il vantaggio di sapere già che tipo di materiali utilizzare (numero e lunghezza dei tacchetti a seconda delle condizioni meteo, ecc.). L’erba naturale, invece, ha un comportamento simile più o meno ovunque, in quanto i campi vengono falciati alla stessa lunghezza (può cambiare di qualche millimetro), vengono innaffiati abbondantemente durante la settimana e poco prima degli incontri e per ottenere l’omologazione devono rispettare ferree regole imposte da FIFA/UEFA e dalle federazioni locali. Perciò l’unica incognita potrebbe derivare da cause esterne e problemi di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, che porterebbero però uno svantaggio ad entrambi i contendenti.
Verso la fine degli anni ’90, grazie all’introduzione di nuove tecnologie, le fibre sintetiche per i campi da gioco hanno subito un’evoluzione enorme, arrivando a performance paragonabili all’erba naturale e diminuendo drasticamente le caratteristiche negative che avevano avuto fino a quel momento come, ad esempio, l’elevato rischio di infortuni. Inizialmente queste nuove superfici furono accolte con interesse dalla FIFA che però dopo qualche tempo ne fermò l’autorizzazione per l’uso professionistico avviando numerosi studi e test e fissando nuovi protocolli abbastanza rigidi e autorizzando l’installazione di fibre sintetiche solo di determinati produttori, di cui il più importate è un’azienda italiana.
Allora perché troviamo ancora campi sintetici? La risposta è abbastanza semplice. Prima di tutto non sono vietati e quelli che vengono utilizzati sono stati costruiti secondo un protocollo molto rigido. Un altro aspetto molto importante riguarda il discorso della manutenzione più semplice. Questo aspetto non va sottovalutato: in determinate condizioni la crescita ed il mantenimento dell’erba naturale è difficile e molto costoso. Può essere il caso questo di Bodø/Glimt o di altre località dove freddo, gelo e neve rendono molto complicato avere un manto erboso decente oppure l’esatto contrario, come a Lampedusa dove il problema oltre al clima caldo e secco è anche la gestione delle acque irrigue che durante alcuni periodi dell’anno scarseggiano.
Altro aspetto di particolare importanza è quello sociale: in comunità molto piccole o isolate spesso esiste un solo impianto che viene utilizzato dalla scuola calcio fino agli allenamenti ed alle partite della prima squadra, professionistica o dilettantistica che sia. La superfice sintetica in questi casi sfonda il più grande limite dell’erba naturale: il tempo di calpestio. Un manto erboso per quanto ben fatto e ben mantenuto difficilmente riesce a superare le 4 ore di utilizzo continuo, ciò significa che ad un certo punto della giornata non può essere più utilizzato e deve iniziare la manutenzione. Una superfice sintetica paradossalmente può essere utilizzata h24 e questo permette di programmare al meglio le attività di base, quelle femminili e quelle agonistiche.
Negli ultimi anni si stanno utilizzando nuove tecniche per cercare di dare ai terreni naturali le caratteristiche di durata simili a quelli artificiali: le più utilizzati sono quelle del prato ibrido e del prato misto. L’Ibrido consiste nell’ancorare le zolle naturali al terreno attraverso l’inserimento di una fibra sintetica ogni intervallo di spazio ben determinato, ciò avviene tramite un macchinario che letteralmente “cuce” il campo da gioco ed è stato utilizzato anche a San Siro per risolverne i problemi di qualità nell’arco della stagione. Il Prato Misto invece consiste nel seminare l’erba su grandi terreni agricoli sui quali è stata posata una rete sintetica con delle fibre ad intervalli regolari, questa tecnica è stata utilizzata in molti stadi important,i tra i cui il Bernabeu, ed ha diversi vantaggi: non si alzano le zolle durante il gioco per cui il campo si rovina molto meno e la manutenzione si riduce significativamente, la rizollatura o la posa del terreno può avvenire in tempi che sfiorano le 48 ore e ci si trova di fronte ad un terreno composto per il 95/98% in erba naturale.
La Fifa ha già dichiarato che i Campionati del Mondo, i campionati continentali e le finali dei principali tornei continentali si possono svolgere esclusivamente su terreni naturali, ma con la velocità con cui oggi la tecnologia non c’è da stupirsi se tra qualche anno questo diktat verrà rivisto.
