Un giorno giunse a Napoli dal Canada un tulipano olandese chiamato Rudolf Jozef “Ruud” Krol. Ruud aveva una folta chioma bionda, non era più giovanissimo nell’età, ma nello spirito e nel fisico sì. L’olandese approdò a Napoli a 31 anni per continuare una carriera che gli aveva regalato grandi trofei. Trofei che aveva vinto con quell’Ajax che aveva nella sua rosa “il poeta del goal”, al secolo Johan Cruyff.

Quel Johan Cruyff, che da calciatore infiammò con le sue prodezze e con i suoi goal i cuori e gli occhi dei tifosi, non solo olandesi ma anche di tutto il globo terrestre calcistico. Quell’Aiax e quella Olanda erano allenate dal profeta degli allenatori, Rinus Michels. Il tecnico di Amsterdam fu il padre del il calcio totale, il mitico totaalvoetbal, vincendo parecchio con l’Aiax di Amsterdam e venendo beffato due volte in finale con l’Olanda. La carriera di Krol fu fortemente intrecciata con quella di Michels.

In quella squadra Ruud Krol era il terzino fluidificante, una volta chiamato terzino sinistro. Ma era riduttivo definirlo un semplice terzino. Il centrale olandese si reinventò libero, stopper, terzino destro o anche centrocampista difensivo. A Vancouver, dove cercò di staccare la spina dal calcio a certi livelli, si trasformò in libero.

Completo sotto tutti i punti di vista, da quello fisico a quello tecnico, ha sviluppato un senso tattico accuratissimo. Indifferentemente destro o sinistro, era dotato di un fisico imponente per l’epoca, con i suoi 80 kg distribuiti lungo 184 cm di altezza, che gli garantiva progressione, stacco di testa, resistenza e lo collocava in posizione di forza nei contrasti.

Quasi impossibile da scartare ed eccellente colpitore di testa, era dotato di una coordinazione eccezionale e di piedi d’oro, che lo facevano spiccare nei cross o nei suoi lanci dalla difesa per impostare l’azione. Insomma, il prototipo del perfetto esponente del Calcio Totale Olandese negli anni ’70. Il suo massimo riconoscimento a livello personale fu il terzo posto all’edizione del Pallone d’oro del 1979.

L’ostinazione e il colpo di genio dell’idolo di San Giovanni a Teduccio “Totonno” Juliano lo riportarono al calcio che conta nel 1980. Il suo nome è Rudolf Krol, ma per il San Paolo divenne Rudy Krol.

Di bell’aspetto e dai capelli biondi, fece strage di cuori fra le donne napoletane. Delle sue avventure “rosa” poco si sa, mentre in campo la sua chioma bionda e la sua testa alta, insieme con il suo piede fatato e telecomandato, rimarranno sempre nei cuori e nelle menti azzurre. Giunse sulle rive del golfo più bello del mondo nel periodo più tragico per il popolo napoletano, a causa della calamità territoriale che va sotto il nome di terremoto e che colpì Napoli e tutta la Campania quel maledetto 23 novembre del 1980.

Krol, insieme a capitan “Vinazza” Vinazzani, al mitico “Pal e Fier” Bruscolotti, al sempre rimpianto Nino Musella, a Tortellino Guidetti e al bomber Pellegrini, sotto la guida paziente del mister con il sigaro toscano Rino Marchesi, cercò di regalare parecchie gioie a Napoli e al suo popolo.

Sul più bello gli azzurri perseo lo scudetto, a causa di una sciagurata autorete di Ferrario e della prestazione portiere paratutto Della Martira, quando un Napoli lanciato verso il primo tricolore fu sconfitto Perugia già retrocesso per 0-1.

Krol, con i suoi lanci metteva davanti alla porta il centravanti Pellegrini, che gli deve molto. L’olandese decideva dove si doveva posizionare il centravanti e con il suo piede telecomandato gli forniva assist che dovevano essere solo appoggiati in porta. Un centrale futuristico per l’epoca.

L’avventura di Krol a Napoli finì, tuttavia, in maniera triste. Infatti, nella sfida con il Cesena, vero spareggio per la salvezza, un intervento criminale di Schachner gli causò la rottura del legamento crociato. Fu sostituito dal giovane Masi l’anno dopo. Cercò di rientrare ma l’infortunio e l’età gli impedirono di continuare l’avventura a Napoli.

Finì proprio quando a Napoli stava per arrivare colui che avrebbe reso felice gli occhi e i cuori del popolo di fede azzurra, Diego Armando Maradona, anche egli portato a Napoli dallo stratega di San Giovanni a Teduccio Totonno Juliano.