Sembrava un lunedì qualsiasi, in cui in testa non c’era altro che il pensiero sulla Nazionale italiana che si appresta a giocarsi la qualificazione al prossimo Mondiale. Invece è stato un lunedì di verdetti, quasi inaspettati ma che (finalmente) pongono fine ad una telenovela durata mesi. Tra Paulo Dybala e la Juventus siamo arrivati alla conclusione, al capolinea di un matrimonio durato 7 anni in cui amore e tensione hanno dovuto convivere assieme, soprattutto in questo ultimo anno. Arrivabene e compagnia ci hanno pensato molto, troppo anche visti i continui rinvii di meeting con l’agente Jorge Antun.
Una situazione che, conoscendo l’emotività del ragazzo, non ha fatto piacere alla Joya, che tra il pensiero di combattere l’ennesimo infortunio muscolare e quello di conoscere il prima possibile il suo futuro, ha lasciato intendere tutto il suo disappunto con quell’occhiataccia rivolta alla tribuna dopo il gol contro l’Udinese. E’ stata una questione travagliata, perché passare da una stretta di mano verbale da 8 milioni più due di bonus, così da diventare una “bandiera” della Juventus, a finire di essere etichettato come “capro espiatorio”, a detta di molti, del mancato accordo a condizioni completamente diverse non dev’essere stato semplice.
In questo momento Paulo Dybala si trova in un limbo la cui “reputazione”, chiamiamola così, passerà da un eventuale trasferimento all’Inter, forte pretendente all’acquisto dell’argentino, nonché rivale per eccellenza della Juve. In attesa di capire qualche retroscena in più sulla vicenda contrattuale, dalle parole pronunciate ieri da Arrivabene non si scappa: “Dybala non è più al centro del progetto“. Il che fa sorgere molti dubbi e domande; dalle dichiarazioni del dirigente bianconero si evince come Dybala sia stato “scartato” per una questione puramente tecnica, non economica.
Tanto è vero che “da parte della Juventus sarebbe stato facile fare un’offerta al ribasso ma sarebbe stato poco rispettoso nei confronti di Paulo”, ha concluso l’AD bianconero. Parole che fanno capire come Madama non abbia neanche messo sul tavolo i 7 milioni più 3 come si vociferava alla vigilia. E allora uno si domanda: per che cosa si sono visti a fare club e agente? Salutarsi e ringraziarsi a vicenda del rapporto avuto in questi anni probabilmente. In compenso, di rispettoso c’è poco nei confronti di Dybala, fatto passare in 6 mesi dall’uomo cardine della squadra con uno stipendio da top player, a un giocatore normalissimo a cui non è stata presentata neanche una controfferta contrattuale. Duemila rinvii per pensare e ripensarci su al fine di non mostrare neanche dei pezzi di carta a Jorge Antun, trattato come un burattino.
Alla Juventus deve regnare la parola “progettualità” in questo momento, fattore andato allo sbando negli ultimi tre anni e che è costato carissimo sul campo europeo e non solo. Vero che i mercati cambiano aspettative e pianificazioni, perché nessuno si aspettava l’arrivo di Vlahovic già a gennaio, neanche la stessa Juventus, che ha solo colto la palla al balzo negli ultimi giorni per piazzare il colpo da novanta. Da quel momento è nata la frattura definitiva con Paulo Dybala, portata alle strette fino al post Villarreal.
I bianconeri, però, si devono ricordare che la lezione di Cristiano Ronaldo insegna: smantellare la Vecchia Signora dei suoi gioielli per sedersi sugli allori dei 15 risultati utili consecutivi in campionato è il primo errore da non commettere. Senza fare troppi giri di parole, dire “non è più al centro del progetto” significa farne volontariamente a meno; e qui la mano di Allegri dev’esserci stata. Un allenatore che guadagna 9 milioni all’anno in questi casi diventa una sorta di consulente tecnico e quando nel post Salernitana afferma “sono in linea con la società“, non fa altro che dare sempre più forma alla sentenza.
DA PICCIRIDDU A UOMO
Con Allegri Dybala è passato da picciriddu a uomo, da un ragazzo che piano piano ha estrapolato tutto il suo talento conquistandosi l’affetto dei tifosi juventini, prima col 21 e poi con la famosa 10 sulle spalle, che forse ha pesato un po’ troppo. L’argentino ha vissuto sulle montagne russe, da una disposizione tattica che lo vedeva lontano 50 metri dalla porta avversaria, ad essere il risolutore di partite decisive, come contro Barcellona e Tottenham in Champions League. E probabilmente il motivo che porterà alla separazione in estate sta proprio qui, nella disposizione tattica: Dybala è uno che vive nel giocare nelle metà campo avversarie per dare lustro alla sua fantasia; una situazione contraria al pragmatismo di Allegri, amante nel fare giostrare la palla agli avversari per poi ripartire velocemente.
Un tipo di idea che non giova affatto alle caratteristiche della Joya, che non fa della velocità una delle sue armi migliori. Tirando le righe, è una storia senza lieto fine, in cui la carretta è stata tirata per troppo tempo dalla Juventus pur sapendo delle problematiche fisiche di Dybala. E’ stato tutto un perseverare diabolicamente che non ha lasciato serenità ad un giocatore che non era uno qualsiasi, e che di conseguenza si è indispettito scegliendo la via di trasferirsi altrove. Alla fine il danno la Juve se l’è portato dentro la Continassa, non ricavando un centesimo dal suo addio e perdendo un giocatore che non sostituisci con uno schiocco di dita. Ma va bene, quando arrivi a questi livelli ci sono dei verdetti da prendere, nel bene o nel male.
La decisione è stata forte, il messaggio lanciato anche; adesso entra in gioco la “prova del nove” di Arrivabene e Cherubini, che in estate dovranno fare scelte accurate nella campagna acquisti per sopperire e gestire l’addio di uno che di “gioie”, infortuni e non, ne dava tante.
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Milanese classe 2000, bocciato sul campo ma promosso nella scrittura di calcio a 360 gradi. Risultatista di sangue, vivo il gioco con passione analizzando ogni suo singolo aspetto. Pragmatico sotto tutti i punti di vista, sogno di fare della mia passione un lavoro.