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Il Toro dei primi anni 90 è stato l’ultimo Toro vincente, rampante, capace di scrivere un capitolo indelebile nella storia granata e di regalare ai tifosi un’esaltante cavalcata europea. E’ il Toro di Gian Mauro Borsano, dell’immediata risalita in Serie A con Fascetti dopo la retrocessione nella stagione 1988/89, dell’ottimo campionato 1990/91 chiuso al 5° posto che vale l’accesso alla Coppa Uefa e la vittoria della Mitropa Cup ai danni del Pisa al Delle Alpi dopo i tempi supplementari. E’ il Toro di Marchegiani, Bruno, Annoni, Cravero e Policano, di Venturin, di Fusi e di campioni del calibro di Lentini, Scifo, Casagrande e Martin Vazquez con Emiliano Mondonico in panchina. Una squadra che si identifica perfettamente coi valori della tradizione granata: vivaio di alto livello e un mix di grinta, ferocia agonistica e talento che non si vedevano da anni. Una squadra paragonabile come forza a quella di Giagnoni e a quella campione d’italia di Gigi Radice. Una squadra che, con qualche ritocco, avrebbe potuto puntare allo scudetto.

Nella stagione 91/92, il Toro dunque torna in Europa con l’intenzione di essere protagonista. Al primo turno i granata si sbarazzano della modesta squadra islandese del Kr Reykjavik regolandoli con un 2-0 esterno e con una goleada (6-1) al Delle Alpi. Nei sedicesimi si alza il livello e il Toro trova sulla sua strada il Boavista, tignosa compagine portoghese. A Torino Annoni e Lentini firmano il 2-0 mentre nel ritorno Marchegiani è autore di una super partita chiudendo il match sullo 0-0. Negli ottavi di finale il Toro incrocia il temuto Aek Atene che nel turno precedente ha eliminato lo Spartak Mosca. In Grecia i granata impattano 2-2 per poi regolare la squadra greca a Torino per 1-0 con gol di testa di Walter Casagrande. Si vola ai quarti di finale e l’avversario è il Bk Copenaghen, reduce da un clamoroso 6-3 contro il Bayern Monaco. A Copenaghen i granata ipotecano la semifinale con un perentorio 2-0 firmato da Casagrande e Policano. Il ritorno è pressoché una formalità: 1-0 e semifinale da sogno contro una leggenda del calcio mondiale, il Real Madrid.

Andata al mitico Bernabeu e ritorno allo Stadio Delle Alpi. La squadra di Mondonico va in Spagna col piglio della grande squadra e passa in vantaggio con Casagrande innescando la reazione dei blancos che in 5 minuti ribaltano la situazione. Finisce 2-1 con il Toro in dieci uomini. Risultato ribaltabile a Torino dove il Toro è atteso dalla partita più importante. Il 15 aprile 1992 il popolo granata torna a mobilitarsi in massa. Il Delle Alpi si presenta vestito a festa con 70000 cuori granata che suonano la carica. Il Toro la partita l’ha vinta quando è entrato in campo vedendo l’incredibile spettacolo del Delle Alpi. Serve un gol per la qualificazione e al 7′ il Toro è già in vantaggio. Mussi, servito da Martin vazquez, se ne va sulla sinistra e centra. Il pallone finisce sul destro di Lentini: il suo cross è tagliente e Rocha nel tentativo di anticipare Casagrande infila alle spalle del proprio portiere Buyo. Il Toro gestisce la partita concedendo qualcosa al Real Madrid ma andando sempre alla ricerca del gol sicurezza che arriva a 13 minuti dalla fine. Contropiede da manuale di Lentini che scappa sulla sinistra, salta un avversario e crossa rasoterra. Il pallone passa in mezzo a una selva di gambe, sbuca Luca Fusi che di destro insacca il gol del 2-0 per il trionfo granata in una bolgia assordante: il Toro ha raggiunto la finale di Coppa Uefa , risultato mai raggiunto nella sua storia. Incontrerà l’Ajax che in semifinale supera il Genoa di Skhuravy e Aguilera. E’ l’Ajax di Van Gaal, di Bergkamp e Jonk.

Il 29 aprile 1992 è la notte della partita di andata. Oltre 70000 spettatori per 3564 milioni di incasso. Il clima è teso, si respira un’aria carica di tensione. I giocatori entrano in campo sentendo troppo la partita, contratti, quasi impauriti tanto che già al 14′ l’Ajax passa in vantaggio con Jonk che indisturbato lascia partire un missile da trenta metri che si infila alle spalle di Marchegiani. Dopo aver sprecato un paio di buone occasioni il pareggio del Toro arriva al 62′ con Casagrande che ribatte in rete un tiro di Scifo parato da Menzo. Tredici minuti dopo però l’Ajax si riporta avanti grazie ad un rigore trasformato da Petterson. Sembra finita ma non per il Toro che si scrolla di dosso tutte le ansie e trova il pareggio ancora con Casagrande. Finisce 2-2, pessimo risultato in vista del ritorno. Il Toro se vuole alzare al cielo la prima coppa europea della sua storia deve centrare l’impresa e andare a vincere in casa dell’Ajax. E’ Il 13 maggio e il match viene disputato nel vecchio Stadio Olimpico di Amsterdam. L’Ajax mette a disposizione del Toro quattromila biglietti. Il Toro deve vincere ma non parte subito all’assalto, anzi è l’Ajax che va vicino al gol con Petterson che sugli sviluppi di un calcio d’angolo gira di testa un pallone che Fusi sulla linea di porta respinge di petto. Passa un minuto e Casagrande, dopo uno scatto poderoso di Lentini e conseguente cross, schiaccia di testa, con Menzo immobile, trovando il palo. Passa un altro minuto, Cravero si infila in area e De Boer lo stende ma Petrovic fa proseguire scatenando l’ira di Mondonico che solleva una sedia che sta vicino alla panchina. Questa immagine diventerà un ‘cult’, un simbolo di protesta per il popolo granata. Negli anni successivi Mondonico è tornato sull’episodio” Quella sedia è il simbolo di chi tifa contro tutto e contro tutti. E’ il simbolo di chi non ci sta e reagisce con i mezzi che ha a disposizione. E’ un simbolo Toro perché una sedia non è un fucile, è un’arma da osteria”.

Il Toro non ha più niente da difendere e si butta in avanti alla ricerca disperata del gol. Al 73′ Mussi si impossessa della palla, arriva al limite dell’area e lascia partire un tiro leggermente deviato da Blind: Menzo è battuto ma la palla sbatte sul palo. E due. Il Toro non molla e a due minuti dalla fine, Mussi allunga di testa per Sordo, semigirata a dieci metri dalla porta e palla che si schianta sulla traversa. E tre. E’ Finita, con uno score incredibile di tre legni per il Toro con Menzo che li andrà a baciare. La traversa di Sordo a due minuti dalla fine è un’altra immagine che diventerà il simbolo del tracollo della società. Su quella traversa si è schiantato il sogno granata e l’era Borsano. Ancora una volta, la sfortuna e i rimpianti arricchiscono la storia meravigliosa e piena di maledizioni del Toro.