“Ei fu. Siccome immobile, Dato il mortal sospiro, Stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, Così percossa, attonita La terra al nunzio sta, Muta pensando all’ultima ora dell’uom fatale”.
Il 5 maggio 2002
Il 5 maggio è una data agrodolce per la storia dell’Inter. Amara quanto una medicina servita dai governi ai popoli per rimettere a posto i conti dei Paesi quella del 2002, quando la squadra allenata dall’argentino Héctor Raul Cúper dovette soccombere all’Olimpico contro la Lazio di Alberto Zaccheroni.
È stato il culmine di una corsa al titolo affascinante e avvincente all’insegna di colpi di scena, alti e bassi, imprevedibilità, talenti di livello mondiale, errori arbitrali, e una giornata finale in cui si è consumato uno psicodramma. Il 5 maggio 2002, infatti, si è rivelato essere tutto questo e molto di più. È stato un punto di svolta nel calcio italiano, che ha segnato l’inizio di un cambiamento di potere all’interno del calcio europeo.
Entrando nelle fasi finali del campionato, l’Inter si era fatta strada sotto la guida di Héctor Cúper, unico allenatore non italiano del campionato, dopo che sei mesi prima Carlo Ancelotti aveva sostituito Fatih Terim al Milan. Cúper era a 90 minuti dal guidare i nerazzurri al loro primo titolo in campionato dal 1989 nella sua prima stagione completa al timone ma, in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo, avrebbe dato vita al periodo più lungo senza scudetto nella storia dell’Inter.
L’Inter arrivò alla sfida finale contro i biancocelesti al primo posto in classifica e con ottime possibilità di vincere, ma la Lazio era in lotta per una posizione UEFA ed era decisamente più distesa. La sud era colorata a festa di nerazzurro e questo probabilmente suscitò una sensazione di sottovalutazione da parte dei calciatori dell’Inter.
Allo stadio Olimpico andò quindi in scena uno dei più grandi drammi sportivi dei 112 anni di storia della Beneamata: il primo tempo si concluse sul 2-2 con le reti di Di Biagio e Vieri per l’Inter e la doppietta di Karel Poborsky per i biancocelesti, con l’errore di Gresko che regalò il pallone al ceco e distrusse psicologicamente la squadra. Il colpo fu terribile e i nerazzurri subirono le reti del Cholo Simeone e di Simone Inzaghi. Le lacrime di Materazzi e di Ronaldo il Fenomeno furono l’emblema di quella giornata così catastrofica a livello sportivo per l’Inter. La partita poteva già di per sé nascondere il trappolone, poi Gresko (il disastro della stagione) si rivelò determinante.
Nel match tra la sua Repubblica Democratica del Congo Congo e il Benin, il tecnico argentino ha vissuto una sorta di 5 maggio. In questo caso, la colpa è solo sua e del suo staff. Non c’è Gresko che tenga.
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione