Non è un mistero che i Mondiali di Calcio rappresentino la ribalta suprema per un calciatore. Ancora oggi si racconta di come un diciassettenne Pelé strabiliò gli spettatori durante i Mondiali di calcio del 1958 in Svezia. Pelé ha visto le prime luci della ribalta solo al Mondiale, vista la giovanissima età. Eppure tanti calciatori sono entrati nel gotha di questo sport grazie a un Mondiale che li ha consacrati. Basti pensare a un fuoriclasse come Zidane, che regalò il titolo alla Francia quando aveva 26 anni e già aveva dimostrato abbastanza.
Ci sono stati poi esempi fugaci, come quello di Totò Schillaci, che sarà ricordato ai posteri per le “Notti magiche” di Italia ’90. Altri calciatori non hanno invece conquistato titoli con la nazionale, ma sono passati alla storia per quanto fatto con i club. Basti pensare a Ryan Giggs, Gareth Bale, George Weah o Zlatan Ibrahimović o Michael Laudrup (che non partecipò alla campagna vittoriosa della Danimarca nel 1992).
E poi ci sono coloro che non hanno mai fatto nessuna di queste cose, ma che hanno comunque conquistato lo status di leggenda. Eduard Streltsov appartiene all’ultima categoria. Nato a Mosca, Streltsov era uno dei calciatori più dotati dell’era sovietica, ma nonostante l’enorme talento e i titoli di campionato e di coppa sovietici non ha mai giocato un Mondiale.
La squadra in cui ha militato, la Torpedo è stata fondata nel 1924 con il nome di Proletarskaja Kuznica”(“Forza Proletaria”) su iniziativa di rappresentanze sindacali aziendali. Come avveniva a quei tempi, come quasi tutte le società, la Torpeto fu assegnata a una fabbrica, per l’esattezza la ZIS (oggi nota come ZIL) di Mosca, che all’epoca era una delle potenze industriali mondiali. Nonostante il colosso che aveva alle spalle, la Torpedo non aveva gli stessi mezzi economici dello Spartak, squadra della Promkooperatsiia, il sindacato dei venditori al dettaglio. Tantomeno aveva lo stesso potere politico per poter rivaleggiare con le squadre moscovite del ministero, come Dinamo, CSDA/CSKA, Lokomotiv. Eppure, grazie a un lavoro certosino sui giovani, le cose andarono piuttosto bene.

Streltsov fece il suo debutto per la Torpedo Mosca all’età di 16 anni nel 1954, e non gli ci volle molto per raggiungere la celebrità. All’età di 16 anni, otto mesi e 27 giorni divenne il più giovane calciatore a segnare nel campionato sovietico. Quando iniziò la stagione 1955, i rivali locali della Torpedo, lo Spartak Moscow, erano la squadra da battere. Lo Spartak iniziò la stagione con quattro vittorie consecutive e un pareggio in trasferta con la Dinamo Kiev. Nel 1955 diventò il più giovane capocannoniere della massima serie sovietica, con 15 gol in 22 partite.
Solo al sesto turno, quando i biancorossi affrontarono una squadra giovane ed energica come la Torpedo, la loro striscia si rinterruppe. La Torpedo era guidata dall’attaccante Valentin Ivanov e, naturalmente, da Streltsov. Davanti a 60.000 spettatori al Dinamo Stadium, la Torpedo vinse 2-0. Lo Spartak perse solo altre due partite in quella stagione e alla fine conquistò il titolo. Eppure, Eduard Streltsov fu votato come il miglior calciatore dell’Unione Sovietica.
Un mese prima del suo 18° compleanno, Streltsov realizzò tre gol contro la Svezia al suo debutto in nazionale. Il ragazzino moscovita segnò un’altra tripletta pochi giorni dopo – in un’amichevole contro l’India – prima di segnare una volta contro la Danimarca. Con i suoi gol, Streltsov si affermò rapidamente nella nazionale sovietica, una squadra che si stava ricostruendo dopo il deludente torneo olimpico del 1952, dove fu sconfitta dalla Jugoslavia di Josip Tito. Questa disfatta rappresentò una sconfitta politica per Josef Stalin e il comunismo sovietico. Su consiglio di Lavrentiy Beria Georgiy Malenkov, presidente del Consiglio dei ministri, sciolse la CDSA – l’ex incarnazione del CSKA Mosca.

Il nucleo della squadra sovietica proveniva dal CDSA, proprio come l’allenatore, il leggendario Boris Arkadiev. Mentre alcuni dei giocatori del CDSA si recarono alla guarnigione di Kaliningrad della società sportiva, altri preferirono rimanere a Mosca dove trovarono nuovi club, come il difensore centrale Anatoly Bashashkin. Bashashkin, che dopo le Olimpiadi perse la fascia di capitano della nazionale, fu uno dei più grandi difensori dell’Unione Sovietica. Giocò una stagione per lo Spartak prima che la CDSA si riformasse dopo la morte di Stalin nel 1953.
Fu in questo contesto che Streltsov cercò di farsi largo, e quando le Olimpiadi del 1956 presero il via a Melbourne, Streltsov era senza dubbio la stella della squadra sovietica. Con il carismatico ma giovanissimo campione, l’Unione Sovietica sconfisse la Germania Ovest al primo turno, prima di qualificarsi per la semifinale contro la Bulgaria. I tempi regolamentari si conclusero sullo 0-0 e l’URSS aveva subito due infortuni.
Nei tempi supplementari i bulgari passarono in vantaggio e si stava oramai materializzando un altro fallimento dei sovietici. Streltsov, però, la pensava diversamente, e a sette minuti dal secondo tempo supplementare pareggiò i conti, prima di fornire l’assist per il gol vincente di Boris Tatushin quattro minuti dopo.
Nonostante le sue prestazioni stellari durante tutto il torneo, Streltsov fu escluso dalla formazione di partenza nella finale contro la Jugoslavia. Il motivo era particolare: il CT Kachalin imponeva di far giocare nello stesso reparto solo giocatori che militavano nella stessa squadra di club. Considerato l’infortunio di Ivanov della Torpedo, il CT decise quindi di mettere in campo il reparto offensivo dello Spartak. L’Unione Sovietica vinse per 1-0. All’epoca, solo i calciatori che partivano nella formazione titolare in finale erano premiati con le medaglie. Quando Streltsov e la squadra tornarono a Vladivostok – da dove presero il treno per Mosca – solo gli undici giocatori della finale furono fotografati per la foto della vittoria.
Nel libro di Jonathan Wilson, Behind the Curtain: Travels in Eastern European Football (la cui traduzione letterale è: “Dietro la Cortina: viaggi nel calcio dell’Europa Orientale”), vengono riportate le parole di Nikita Simonyan, attuale vicepresidente onorario della federazione calcistica russa nonché l’attaccante che in finale fu preferito a Streltsov, al quale offrì la propria medaglia. Quest’ultimo rifiutò seccamente: “Nikita, ti ringrazio, vincerò molti altri trofei”. Streltsov non tornò a casa a mani vuote perché tutta la rosa vincitrice delle Olimpiadi fu ricevuta al Cremlino e tutti i calciatori furono insigniti di una laurea ad honorem.

Streltsov continuò a segnare quasi a suo piacimento per la Torpedo Mosca e, nella stagione successiva (1972), la squadra arrivò seconda dietro la Dinamo Mosca, con sia Streltsov che Ivanov che si confermarono tra i migliori attaccanti del campionato.
Fu sempre nel 1957, però, che iniziò il declino di Streltsov quando iniziò a bere sempre di più, cosa che fu causata dalla sua popolarità, secondo l’ex compagno di squadra Ivanov: “Sono stati i tifosi a ucciderlo“, disse a Wilson. “Tutti volevano bere con lui, e lui ha ottenuto sempre più proseliti”. A peggiorare le cose, si mise il fatto che Streltsov era anche un fumatore accanito. Tuttavia furono il suo bell’aspetto, il successo e il fascino a metterlo nei guai. Quando Ekaterina Furtseva, membro di spicco del Politburo, lo incontrò in occasione della festa per la vittoria delle Olimpiadi, gli propose di prendere in moglie la figlia 16enne. Preso dai fumi dell’alcol, Streltsov rispose in modo politicamente scorretto, affermando che non avrebbe mai sposato una scimmia.
Quell’atteggiamento lo marchiò a vita. Stiljaga è una parola russa che può essere tradotta come “decadente”. Questo era il termine utilizzato dagli iconoclastici giornali sovietici nei confronti di Eduard Streltsov, soprattutto dopo essersi messo contro i vertici del Politburo. Nella stagione del secondo posto, i rapporti con l’opinione pubblica erano ai minimi termini e il calciatore veniva attaccato dalla stampa per qualsiasi cosa. E quando commetteva un’infrazione dentro e fuori dal campo si sollevava nei suoi confronti un polverone infernale. Il suo stile troppo occidentale non si sposava con il rigido regime sovietico.
Con l’aiuto di Streltsov l’Unione Sovietica si qualificò per i Mondiali di calcio del 1958 in Svezia, il torneo in cui Pelé si annunciò sulla scena Mondiale conducendo il Brasile al titolo con sei gol. Fu durante gli ultimi preparativi per questo torneo che Streltsov si recò ad una festa vicino al campo di allenamento della nazionale. Qui incontrò la figlia di un colonnello dell’esercito, Marina Lebedeva, e la portò a casa. Mentre la maggior parte delle cronache dell’epoca riportavano che la ragazza aveva sedotto Streltsov, il giorno seguente la Lebedeva scrisse una lettera al pubblico ministero di Mosca, sostenendo che Streltsov l’aveva violentata.
I compagni di squadra di Streltsov, Mikhail Ogonkov e Boris Tatushin, che si erano uniti a lui alla festa, furono successivamente arrestati con le stesse accuse, ma furono successivamente scagionati per insufficienza di prove. Ciò non impedì a Tatushin e Ogonkov di essere squalificati dai campi da calcio per tre anni, mentre Streltsov fu condannato a 12 anni di carcere.

Oggi sono in pochi a credere che Streltsov abbia effettivamente violentato la Lebedeva, e mentre i suoi ex compagni di squadra sono sicuri che sia andato a letto con lei, molti credono che ci sia una cospirazione più grande attorno al caso Streltsov. Alcuni sostengono che sia stato incastrato dopo aver rifiutato la Dinamo, cosa che è successa anche a Nikita Simonyan prima che firmasse per lo Spartak.
Tuttavia, la teoria più diffusa è che l’arresto sia stato collegato alle sue parole proferite contro la figlia di Ekaterina Furtseva. La Furtseva era una stretta alleata del segretario generale Nikita Krusciov. Secondo l’allenatore della nazionale, Gavriil Kachalin, la polizia gli disse che Krushchev era stato informato personalmente del caso.
Nel libro di Aleksandr Nilin “Streltsov”, del 2002, è scritto che all’attaccante fu detto che avrebbe potuto partecipare ai Mondiali solo se avesse confessato il crimine.
“Firma questo foglio, è una confessione. Così ci risparmiamo le lungaggini burocratiche che ti impedirebbero di partecipare al mondiale, e dopo tutti si scorderanno di questa brutta storia”
Ma si rivelò tutto un grosso inganno. Il campione russo non solo non andò ai Mondiali di Svezia, ma fu condannato a 12 anni di gulag. Allo stesso tempo, questa confessione estorta con l’inganno fermò circa 100.000 lavoratori della fabbrica ZIL che stavano organizzando una protesta a sostegno del loro eroe locale.
Senza Streltsov, Tatushin e Ogonkov, l’URSS fu eliminata dalla Coppa del Mondo dopo la sconfitta nel quarto di finale con la Svezia. Mentre Streltsov era in carcere, la campagna di diffamazione pubblica che era iniziata qualche anno prima si rafforzò più che mai, mentre il suo nome venne lentamente cancellato dai libri di storia sovietici.
Streltsov visse un incubo in prigione. Secondo Nilin, Edik fu quasi ucciso dalle guardie carcerarie dopo aver aggredito un compagno di prigione, che si rivelò essere un informatore delle autorità. Dopo che Streltsov si riprese dai pestaggi delle guardie carcerarie, fu trasferito in un altro campo e le cose cambiarono. Streltsov fu liberato nel 1963, quando fu rilasciato dopo cinque anni di prigionia. Gli era ancora proibito di giocare a calcio ai massimi livelli, pertanto fu costretto ad accontentarsi del calcio amatoriale, dove giocò per la squadra della fabbrica ZIL.

Dopo il suo ritorno, divenne subito chiaro che i tifosi non avevano dimenticato il loro eroe caduto, e una grande folla accorse a vederlo. Nel 1963, migliaia di lavoratori supplicarono il segretario del Partito comunista Leonid Breznev di revocare il divieto per Streltsov di giocare a calcio a livello professionistico. Tuttavia il segretario rifiutò, dopo essersi consigliato con Krusciov. Quando Breznev, un anno dopo, assunse la guida del Partito comunista dopo Krusciov, concesse finalmente a Streltsov l’opportunità di tornare ai massimi livelli.
Streltsov, che aveva visitato spesso la Torpedo e che aveva giocato illegalmente per la seconda squadra, tornò rapidamente al top. Nonostante avesse perso forza, velocità e un po’ di capelli, con 12 gol in 26 partite aiutò la Torpedo a vincere il campionato sovietico nel 1965. Arrivò al secondo posto al premio di “Calciatore dell’anno sovietico” e l’anno successivo fu convocato nuovamente in in nazionale.
Streltsov e la Torpedo andarono a vincere la Coppa Sovietica nel 1968, lo stesso anno in cui giocò per l’ultima volta in nazionale. Non fu convocato per gli Europei che ebbero luogo giugno di quell’anno, e fu definitivamente depennato dopo una deludente sconfitta per 2-0 nelle qualificazioni contro l’Ungheria.
Due anni dopo, nel 1970, si ritirò dal calcio all’età di 33 anni, e cominciò rapidamente a studiare per diventare allenatore. Nello stesso periodo iniziò a giocare per la squadra dei veterani sovietici, dove ancora attirava grandi folle. Ad eccezione di un breve periodo come capo allenatore della prima squadra, ha trascorso la maggior parte della sua carriera di allenatore nel reparto giovanile della Torpedo, dove ha aiutato a formare la nuova generazione di calciatori sovietici, proprio come quando aiutava i giovani calciatori della prima squadra quando aveva 21 anni ed era già una stella affermata.

Streltsov morì di tumore alla gola nel 1990 e con lui scomparve la verità di ciò che accadde esattamente quella notte di primavera del 1958. Nonostante abbia disputato solo 38 partite in nazionale, solo cinque giocatori russi e sovietici hanno segnato più dei 25 gol di Streltsov, che quest’ultimo ha realizzato tra il suo debutto contro la Svezia e l’ultima partita contro l’Ungheria. Nel 1996 la Torpedo ha ribattezzato il stadio “Eduard Streltsov”, all’ingresso del quale una statua dell’ex leggenda della squadra saluta i tifosi.
Nonostante non abbia mai partecipato a un campionato del mondo o a un campionato europeo, non c’è dubbio che Streltsov sia uno dei più grandi giocatori che l’Unione Sovietica abbia mai avuto. Se non fosse stato imprigionato nel 1958, forse la storia dei Mondiali sarebbe stata completamente diversa. Nonostante sia cresciuto in una squadra amatoriale affiliata a una fabbrica, Streltsov era davvero “il ragazzo della terra delle meraviglie”, per dirla con le parole di Aleksandr Nilin.
Vincenzo Di Maso

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione