La Roma ha annunciato il passaggio di Justin Kluivert al Nizza. Il figlio di Patrick, centravanti di Ajax, Milan e Barcellona tra gli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, era arrivato in giallorosso tra i migliori auspici.
Classe ’99, l’hype iniziale era dovuto al fatto che Justin era stato inserito tra i 50 giovani più promettenti al mondo dalla UEFA. D’altronde, essere arrivato in giallorosso con 10 gol in una stagione di Eredivisie, a soli 19 anni, era un biglietto da visita notevole.
Numeri e prestazioni tra Roma e Leipzig non sono da buttar via. Il problema è che il giovane olandese ha disatteso le aspettative. E pensare che José Mourinho, neo tecnico della Roma, si avvicinò al ragazzo al termine di Manchester United-Ajax di Europa League, dicendogli: «Ti conosco da tanto tempo, da quando avevi una settimana di vita. Stai giocando bene». Investitura notevole, ma il processo di crescita non sta andando come desiderato.
Accolto da re nella capitale, Justin Kluivert è stato forse vittima di queste attese. Almeno per adesso non ha tirato fuori quella mentalità necessaria per imporsi in una piazza come quella romana. Le peripezie dei giallorossi non hanno poi aiutato. Talento appariscente, mercuriale e di immediata lettura, il giovane Justin è rimasto prigioniero di sé stesso.
In Eredivisie ha impressionato perché facilitato dai grandi spazi. La struttura fisica è completamente diversa rispetto a quella del padre. In Italia ha sofferto oltre modo la fisicità. Emblematico quel tentativo fallito di superare Kalidou Koulibaly e la naturalezza con cui il senegalese lo ha poi evitato, come se si trovasse al cospetto di un calciatore della Primavera. L’olandese non si è particolarmente irrobustito e questo ha inciso nella sua breve avventura italiana.
Il suo gioco non è riuscito a prescindere dal contesto. In Italia imperano schemi, raddoppi di marcatura, fisicità e tatticismi spesso esasperati. E Kluivert non ha quell’esplosività tale da poter ergersi ad artefice di un caos disorganizzato. Un po’ come Federico Chiesa per intenderci.
Ronald De Boer ha affermato che il ragazzo non era pronto per la Serie A. Affermazioni che rispondono al vero ma c’è dell’altro. L’ex Ajax deve lavorare molto sui fondamentali di tiro e irrobustirsi. Ha avuto discreto spazio in una big tedesca come il Leipzig. Il passaggio al Nizza in Ligue 1 è un downgrade. L’altra faccia della medaglia è dovuta al fatto che può essere l’ambiente giusto per rilanciarsi.
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione