Il ritmo con cui i nostri eroi dell’infanzia si ritirano dal calcio è spaventoso. Viene il magone quando li vediamo uscire lentamente dal terreno di gioco, scivolando fuori dal presente e facendoci immergere in un mare di nostalgia.
Le ultime stagioni hanno visto il ritiro di innumerevoli campioni. Si è spesso trattato di eroi degli anni ’90 e dei primi anni 2000, quando la globalizzazione ha trasformato il calcio in un’entità commerciale dove il denaro l’ha fatta da padrone.
Certi calciatori sembravano eterni, proprio perché segnavano raffiche di gol e non accennavano a calare nonostante avessero oltre 30 anni. Miroslav Klose è il paradosso fatto calciatore. Il 15 maggio 2016 ha disputato la sua ultima partita, lasciando la Lazio e il calcio giocato, rinunciando a un’avventura in MLS.
In quel 4-2 contro la Fiorentina, Klose ha segnato il suo 54° gol per il Biancocelesti, paradossalmente il suo primo e unico rigore in Serie A. Prima del calcio d’inizio, lo Stadio Olimpico era esploso in una serie interminabile di manifestazioni di affetto per il tedesco, gridando il suo nome assieme allo speaker, mentre Klose si preparava ad andare in scena per l’ultimo atto della sua gloriosa carriera.
Un tale commiato era più che giustificato per un giocatore che spesso viene, ingiustamente, lodato solo per i Mondiali, ma anche troppo spesso trascurato quando bisogna snocciolare i centravanti più forti di sempre.
Klose non avrà raggiunto il livello di Zlatan Ibrahimović e Cristiano Ronaldo nei club, ma quanto fatto nei tornei internazionali con la nazionale non può che cementare la sua eredità ai posteri.
Nato e cresciuto in Polonia fino all’età di otto anni, anche lui rappresenta il multiculturalismo della storia di successo della Germania nella conquista dei Mondiali di calcio del 2014 e, allo stesso modo, il motivo per cui amiamo amare i calciatori che si esprimono ad alti livelli oltre i 35 anni. Calciatori come Klose ignorano i vincoli biologici che dicono al loro corpo di fermarsi e continuando ad andare avanti anche quando i risultati non sono gli stessi dei tempi d’oro.
Gli inizi della carriera di Klose non lasciavano presagire la sua traiettoria. La chiave di volta è stata la tripletta contro l’Arabia Saudita nella partita d’apertura dei Mondiali di calcio del 2002 in Germania. A 21 anni Klose giocava nell’Homburg, piccola compagine dilettantistica tedesca.
Klose è cresciuto nel Blaubach-Diedelkopf dopo aver seguito suo padre a Blaubach, in Germania Ovest, nel 1986, fuggito dal regime comunista in Polonia. Suo padre, di origine tedesca, aveva giocato a calcio nella terza divisione della Polonia, la Trzecia Liga, mentre la madre, polacca, aveva giocato a pallavolo, rappresentando il suo Paese 62 volte. Fu qui che l’adolescente Klose avrebbe iniziato l’apprendistato professionale per diventare carpentiere, prima che la sua carriera calcistica cominciasse a fiorire, in una famiglia divisa per nazionalità e lingua, ma che condivideva la passione per l’atletica.
Gli ingranaggi della carriera di Klose cominciarono a girare quando, a 21 anni e ancora nella quinta serie tedesca, fu notato per caso da un osservatore del Kaiserslautern in una visita nella cittadina di residenza del ragazzo. Nel 2000 Klose debuttò in Bundesliga, segnando 9 reti nel suo primo campionato completo, realizzandone poi ben 16 nel 2001/2002.
Quel campionato fu determinante per Klose – e per il calcio tedesco – in quanto l’attaccante nato in Polonia venne convocato per la prima volta in nazionale nel 2001, nonostante il tentativo del CT polacco Jerzy Engel di convincerlo a giocare nella nazionale di nascita.
«Ho un passaporto tedesco e non voglio perdermi la possibilità di essere allenato da Rudi Völler».
Miro Klose impiegò appena 15 minuti al suo debutto per Die Mannschaft per realizzare quello che sarebbe stato il primo di 71 gol per la Germania. Klose segnò in un sofferto e deludente pareggio contro l’Albania. In quell’occasione sfoggiò la sua famosa capriola anche a livello internazionale.
Il Mondiale di Giappone e Corea
Sconosciuto agli occhi degli osservatori meno esperti durante le qualificazioni ai Mondiali, Klose avrebbe poi inserito il suo nome nel gotha dei grandi attaccanti tedeschi, assieme a Gerd Müller, Uwe Seeler, Jürgen Klinsmann, Oliver Bierhoff e al suo CT Rudi Völler.
Prima dei Mondiali di Giappone e Corea del Sud, Klose realizzò 7 reti in nazionale, tra cui due triplette nelle amichevoli contro Israele e Austria. Il suo score fece sì che Klose guidasse l’attacco tedesco ai Mondiali. La sua tripletta all’esordio mondiale lo fece diventare inamovibile e l’allora attaccante del Kaiserslautern timbrò il cartellino in tutte e tre le partite del girone, salvo poi non segnare più fino alla fine del torneo.
Ciò non impedì all’attaccante di piazzarsi al secondo posto nella classifica marcatori al suo primo grande torneo internazionale, segnando 5 gol in totale. Klose divenne poi il primo giocatore nella storia della Coppa del Mondo a segnare con cinque colpi di testa in una competizione. I tedeschi persero poi in finale contro il Brasile di Ronaldo e Klose fu anche espulso. Contro la nazionale verdeoro si sarebbe rifatto… e con gli interessi.
La consacrazione in Bundesliga e il secondo mondiale
Diciannove gol nelle sue successive 58 prestazioni in Bundesliga fecero guadagnare a Klose il passaggio al Werder Brema, compagine vincitrice della Bundesliga nel 2004. A Brema mise a segno 15 gol alla sua prima stagione. Nel 2005-2006 riuscì a realizzare 31 gol in 40 presenze e chiaramente fu convocato in nazionale per i mondiali casalinghi.
La forma di Klose è stata costruita verso un crescendo decisivo nel 2005-06, quando ha segnato 31 gol in 40 presenze in occasione dei Mondiali di calcio 2006, ospitati dal Paese teutonico. Sarebbe dovuto essere il torneo della consacrazione della Mannschaft; che puntava a vincere un altro mondiale dopo l’unificazione della Germania, avvenuta 17 anni prima.
Dopo i fallimenti a Euro 2000 e 2004, che videro i tedeschi fermarsi nei gironi in entrambe le edizioni e la destituzione di Rudi Völler come CT, l’aria di rinnovamento era evidente. Il calcio tedesco mise in mostra calciatori del calibro di Bastian Schweinsteiger e Philipp Lahm, guidati da Jürgen Klinsmann e dal suo assistente Joachim Löw.
Klose segnò una doppietta contro Costa Rica ed Ecuador nelle fasi a gironi, beffando poi l’Argentina ai quarti. Grazie a quei gol, il tedesco vinse il titolo di capocannoniere. Il suo score ai Mondiali era notevole: 10 gol in 14 partite, suddivisi tra le due edizioni.
Nonostante la sconfitta sacrosanta contro l’Italia, Klose era considerato assolutamente un punto fermo della nazionale in tutta la Germania. Ciò gli valse il passaggio al Bayern Monaco nell’estate del 2007, dove giocò a ottimi livelli le prime due stagioni, toccando in entrambe la soglia dei 20 gol stagionali. Le ultime due furono invece deludenti a causa di problemi fisici e alla mancanza di “chimica” con alcuni compagni.
I titoli con il Bayern non furono pochi, ma nelle ultime due stagioni fu oscurato dal ciclone Ivica Olić, eccellente nella stagione 2010-11. L’eredità di Klose è stata poi raccolta qualche anno dopo da un certo Lewandowski, pallino di Karl-Heinz-Rummenigge, che è diventato indiscutibilmente uno dei migliori attaccanti del nuovo millennio.
Interessante il parallelismo con Müller vista l’analoga ascesa in nazionale. L’attuale esterno d’attacco del Bayern ha segnato cinque gol in Sudafrica nel 2010 contro i cinque di Klose nel 2002. Inoltre, Müller ne ha realizzati 5 nel 2014 e Klose lo stesso numero del 2010. Nel 2014, seppur 36enne, Miro Klose ha contribuito alla vittoria del titolo segnando 2 gol in 5 partite e prendendosi il posto da titolare dai quarti fino alla finale.
Franz Beckenbauer ha affermato che quello che ha giocato Lazio è “il miglior Klose di sempre”. Secondo il kaiser, cambiando campionato e nazione, Klose si è “tolto un peso” e riceve di nuovo quella stima che “i tifosi tedeschi non gli riconoscevano più”.
Il lascito di Miro Klose
Klose è uno dei pochi giocatori che non è stato al livello dei migliori nelle squadre dei club, ma che in nazionale vanta numeri fuori dall’ordinario. E parliamo di una delle nazionali più forti al mondo. Con 71 gol è il miglior marcatore della storia della Germania, avendo tra l’altro segnato caterve di gol ai Mondiali.
Non è arrivato al top a livello di club, come i migliori fuoriclasse dell’area di rigore, probabilmente a causa del fatto che la sua carriera professionistica è iniziata a 21 anni e ha avuto bisogno di qualche anno per adattarsi. Klose ha quindi dovuto recuperare questo terreno e ci ha messo tantissimo del suo, sfruttando la sua innata capacità di attendere il momento giusto per far esplodere verso la porta tutta la tensione accumulata.
Il suo stile di gioco è stato caratterizzato da un istinto predatorio assolutamente istintivo e da una mentalità innata nel disputare certe partite. Klose è stato un classico attaccante centrale “primordiale”: devastante di testa, pochissimi tocchi in area di rigore e nessun problema a segnare con qualsiasi parte del corpo.
Nei club avrà vissuto pause, ma la forma di Klose per la sua nazionale non è mai calata. Il Sudafrica nel 2010 ha segnato 4 gol, contro Australia, Inghilterra e una doppietta contro l’Argentina di Diego Maradona. Come nel 2002, nel 2006 e anche in occasione di Euro 2008, la Germania non era all’altezza della situazione, eppure Klose è emerso dalla mediocrità di una nazionale in via di rinnovamento.
Nel 2014, un 35enne Klose è stato scelto come centravanti titolare da Joachim Löw dai quarti in poi, nonostante i problemi fisici che aveva avuto nei mesi precedenti.
Löw fece di necessità virtù a seguito dell’infortunio patito da Reus e affidò le chiavi dell’attacco a un calciatore che in nazionale non aveva mai deluso. La sua capacità innata di far male in area di rigore non apparteneva ai compagni di reparto, ragion per cui il CT decise di dare spazio a un calciatore con questa skill unica.
Nessuno tra Mesut Özil, Mario Götze, Lukas Podolski e Andre Schürrle era un centravanti d’area. Con il suo centro nel 7-1 contro il Brasile, Klose è diventato il miglior marcatore nella storia dei Mondiali di calcio. Una cosa impensabile per un ragazzo che a 21 anni non era professionista. E pensare che era stato titubante sulla scelta della nazionale da rappresentare…
Klose rappresenta molto di più della somma delle sue parti ed è riuscito a ottenere più del massimo, se rapportato con le opportunità, non eccelse, che aveva avuto da giovane. Anche se non era dotato della tecnica e della velocità fulminea dei calciatori offensivi tedeschi del 2014 e anche dell’attualità, Klose è riuscito ad entrare nel cuore di una nazione che sente assolutamente sua.
Klose è stato di poche parole, ma ha lasciato parlate i fatti, non solo grazie ai suoi gol. Quando vestiva la maglia del Werder Brema, nel 2005, rifiutò un rigore che riteneva ingiusto, mentre nel settembre 2012, quando giocava con la Lazio, ammise di aver segnato un gol con la mano.
In un calcio attuale contraddistinto da smania di denaro e avidità, Klose rappresenta uno dei bravi ragazzi del calcio che riaccenderà per sempre il ricordo di lunghe estati pallonare e, vista la sua longevità, sarà ricordato tra i “sempreterni”.
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione