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Mentre la Cortina di ferro si estendeva sull’Europa dell’Est dopo la seconda guerra mondiale, quando l’Unione Sovietica di Josef Stalin manteneva – o almeno controllava – la terra che si era guadagnata combattendo contro la Germania nazista, non erano solo le strutture politiche dei Paesi del blocco orientale ad esserne colpite. Ad essere alterate furono le loro intere società. Gruppi di persone venivano perseguitati, la polizia segreta terrorizzava la popolazione e la segretezza era all’ordine del giorno. I risvolti di tutto ciò si videro anche nel calcio giocato.

A seguito della seconda Guerra Mondiale, molti calciatori straordinari sono stati trascurati, o addirittura ignorati, semplicemente perché non era possibile vederli. Tenendo presente che era raro vedere calciatori stranieri in tutti gli anni ’60, era praticamente impossibile vedere molti grandi giocatori dell’Europa dell’Est a causa della natura isolazionista dei Paesi sovietici. Anche verso la fine del dominio sovietico, molte grandi squadre sono state ignorate o dimenticate.

Una di queste è la squadra della Stella Rossa di Belgrado, vincitrice della Coppa dei Campioni 1991, che sconfisse il Marsiglia in quella finale. Sembra quasi bizzarro dire che una squadra vincitrice di una Coppa dei Campioni sia stata dimenticata dalla storia, ma la compagine della Stella Rossa del 1991 è spesso vittima di questa dimenticanza. Se cercate su Google le “grandi squadre di calcio” non troverete grandi riferimenti a quella Stella Rossa. Infatti, in un recente articolo sulle 20 grandi squadre di club che sono state protagoniste, si parla giustamente dell’Ajax del Calcio Totale, del Milan di Sacchi e, addirittura, del Celtic del 1967 (“I Leoni di Lisbona”). Nessun riferimento alla Stella Rossa.

La Stella Rossa all’uscita del tunnel del Marakana

Forse era una conseguenza di ciò che stava accadendo in Jugoslavia all’epoca, che rendeva relativamente poco significativo il successo della Stella Rossa quando la Jugoslavia cadeva a pezzi e nel caos a causa della pulizia etnica e delle tensioni religiose che risalgono a secoli addietro. Se ricordiamo la Honvéd di Puskas o il grande Real Madrid di tanti decenni addietro, dobbiamo per forza di cose ricordare la Stella Rossa del ’91, che trasudava classe e rappresentava per l’Occidente quello che può essere il calcio orientale.

La squadra jugoslava esprimeva un simile di gioco che poteva essere considerato l’antesignano del gegenpressing. Era una squadra rapidissima e micidiale nelle transizioni in contropiede e dotata di una grande armonia nel pressing. Non era pertanto una squadra difensiva, bensì una compagine con baricentro alto ed estremamente aggressiva. Tra le compagni del passato, quella Stella Rossa è senza dubbio la squadra più vicina al Liverpool di Klopp.

Di quella squadra faceva parte anche uno degli ultimo esponenti del ruolo di Libero puro, la cui storia è stata anche un po’ romanzata. Belodedici era un difensore che aveva già vinto la Coppa dei Campioni con lo Steaua Bucarest nel 1986, sconfiggendo il Barcellona in finale e diventando la prima squadra dell’Est europeo a vincere questa illustre competizione.

Belodedici ai tempi della Stella Rossa

Non tutto andava bene in Romania sotto il brutale regime di Nicolae Ceaușescu, e Belodedici si trasferì in Jugoslavia 1988. Dichiarando che avrebbe giocato solo per la Stella Rossa – rifiutando i rivali del Partizan – fu squalificato per un anno (mentre la Romania lo giudicò colpevole di tradimento e lo condannò a dieci anni di carcere) prima di diventare un calciatore fondamentale della squadra che conquistò la Coppa dei Campioni, comandando la difesa da Libero leader, guadagnandosi il soprannome di Cervo per l’eleganza del suo stile.

Un altro giocatore indimenticabile della grande squadra della Stella Rossa è stato Robert Prosinečki, il maestro del centrocampo della squadra e calciatore che spesso sembrava essere di un altro livello rispetto agli altri 21 giocatori in campo. Dotato di tecnica raffinata ed estro, Prosinečki era in faro della squadra assieme a Dejan Savićević, i due rifinitori principali per l’attaccante Darko Pančev. Il montenegrino Dejan Savićević giocava alle spalle del macedone Pančev. Entrambi sostengono che l’altro è stato il miglior partner offensivo con cui abbia mai giocato.

Savićević è ricordato soprattutto per il suo periodo con il Milan, dove è diventato uno dei migliori calciatori della Serie A. Alla Stella Rossa il suo ritmo e la sua creatività funzionavano a meraviglia con Pančev, soprannominato Kobra per la sua letale abilità di finalizzazione. Nel 1991 quest’ultimo ha vinto la Scarpa d’Oro Europea e nello stesso anno è arrivato secondo al Pallone d’Oro. L’altra stella era Siniša Mihajlović (appena arrivato dal Vojvodina), che a quei tempi ricopriva il ruolo di esterno sinistro, dotato di un piede sinistro letale, che sfruttava al meglio nei calci di punizione, skill in cui era letale.

Tuttavia, concentrarsi sui giocatori chiave rappresenta quasi un’ingiustizia nei confronti della squadra della Stella Rossa del ’91, che era un collettivo in tutti i sensi, in cui tutti operavano per il bene collettivo. Non era socialismo, bensì solo uno straordinario lavoro di squadra, con undici uomini che davano tutto per il collettivo.

Dejan Savićević e Darko Pančev in una foto recente

La Champions League 1990/1991

Il primo avversario era il Grasshoppers di Zurigo: 1-1 in Svizzera e 4-1 facile a Belgrado. Arrivò poi il turno dei Rangers di Graham Souness. Prima della partita, Souness mandò il suo secondo Walter Smith ad osservare la Stella Rossa. Al ruo ritorno, Smith disse laconicamente a Souness: “Siamo fottuti”. E non aveva torto.

Souness ricorda bene entrambe le partite. All’epoca i Rangers dominavano in Scozia ed erano abituati a fare la parte del leone. Ciò non avvenne contro la Stella Rossa, la quale dominò il possesso entrambe le partite. Davanti ai 75.000 spettatori del Marakana, la Stella Rossa vinse 3-0 e strappò un pareggio per 1-1 in terra scozzese.

Ai quarti di finale l’avversario era la Dinamo Dresda, squadra vincitrice del campionato della Germania Est. Quella partita segnò il debutto europeo di Mihajlović al cospetto degli 80.000 del Marakana. La Stella Rossa era una squadra di gran lunga superiore rispetto alla Dinamo Dresda, che regolò con un doppio 3-0.

Ad attendere la Stella Rossa in semifinale c’era il temibile Bayern Monaco. Quella doppia sfida ha definito l’essenza di quella squadra. La squadra jugoslava eseguì un piano di gioco perfetto all’Olympiastadion di Monaco. Il contropressing e le combinazioni micidiali tra Savićević e Pančev strabiliarono gli spettatori tedeschi e la Stella Rossa vinse per 2-1, rimontando lo svantaggio iniziale. Prosinečki giocò una partita magistrale, raggiungendo il culmine con lo splendido lungolinea filtrante per Binić, che crosso per Pančev.

La storia insegna che i tedeschi non muoiono mai. La partita era iniziata benissimo per la Stella Rossa, con Mihajlović che siglò il vantaggio al 25° minuto con calcio di punizione che ingannò un colpevole Raimond Aumann. L’omologo Stojanović fece molto peggio, facendosi passare sotto al corpo un calcio di punizione. Cinque minuti dopo, Manfred Bender realizzò il gol del sorpasso, zittendo il Marakana. I tedeschi arrivarono vicinissimi al terzo gol, prendendo anche un palo.

A pochi minuti dalla fine Mihajlović si ritrovò sulla fascia destra e mise in mezzo un cross cercando Pančev sul palo lontano. Il capitano del Bayern Klaus Augenthaler allontanò in maniera maldestra, facendo impennare la palla. Aumann fece ancora peggio rispetto al primo gol, non riuscendo ad alzare sopra la traversa una palla sbilenca. Con quell’autogol del Bayern, la Stella Rossa era in finale di Coppa Campioni, dove avrebbe affrontato il Marsiglia al San Nicola di Bari.

La foto del clamoroso autorete

Il Marsiglia era nell’apogeo della sua storia, vantando calciatori del calibro di Abedi Pele, Chris Waddle, Jean-Pierre Papin, dell’ex Stella Rossa Dragan Stojković, e di Jean Tigana. A una squadra imbottita di ragazzi molto giovani era messo di fronte un ostacolo estremamente arduo.

L’atteggiamento della Stella Rossa cambiò radicalmente. Il tecnico Ljupko Petrović prese la decisione di affrontare il Marsiglia, chiudendosi. Due grandi squadre giocarono senza scoprirsi e la partita si avviò sonnecchiante ai calci di rigore. La decisione di Petrović poteva sembrare strana, considerando che i rigori sono considerati una lotteria. Eppure era ben ponderata, alla luce del fatto che in Jugoslavia le partite finite in pareggio si sarebbero decise ai rigori. Di conseguenza, tutti i giocatori della Stella Rossa erano pertanto decisamente più abituati.

La tattica diede i propri frutti, con la Stella Rossa che vinse 5-3 ai rigori. Prosinečki, Binić, Belodedici, Mihajlović e Pančev segnarono tutti i propri calci di rigore, consegnando la Coppa dei Campioni alla Stella Rossa. Fu un momento fantastico per la squadra, ma il Paese non potette gioirne più di tanto, visto il conflitto che lo avrebbe attanagliato.

Stella Rossa Belgrado – Coppa dei Campioni 1990-91

Purtroppo, anche la squadra sarebbe andata in rovina. Con il crollo della Jugoslavia, i tifosi di calcio sono stati privati della più grande squadra jugoslava che il mondo abbia mai visto. A causa della guerra scoppiata del Paese, alla nazionale jugoslava fu inoltre impedito di disputare l’Europeo del 1992, una competizione in cui era senz’altro tra le candidate più accreditate.

Prosinečki passò al Real Madrid, mentre Pančev, Mihajlović e Savićević si trasferirono in Italia, rispettivamente a Inter, Roma e Milan. Stojanović accettò la corte dell’Anversa, Refik Šabanadžović andò all’AEK Atene mentre Slobodan Marović si accasò al Norrköping. Vladimir Jugović passò alla Sampdoria mentre Binić allo Slavia Praga. La squadra fu completamente smantellata nel giro di un paio d’anni e quegli straordinari calciatori non giocarono più insieme. Un’epoca era finita prima ancora di cominciare.

Certo, il calcio è stato uno spettacolo secondario rispetto alla guerra che travolse la Jugoslavia e causò innumerevoli tragedie, ma agli appassionati non può non scendere più di una lacrimuccia nell’osservare la disintegrazione della Stella Rossa di Belgrado del 1991. Mentre la Jugoslavia è andata in pezzi a causa di problemi sociali, razziali, politici e storici, in quegli stessi anni la Stella Rossa è riuscita ad annoverare tra le proprie fila calciatori di tutte le regioni ed etnie dell’area balcanica.

Il trionfo della Stella Rossa è immortale e rimane uno dei più grandi successi della storia del calcio dell’Europa dell’Est. Nonostante le guerre degli anni ’90 che rasero al suolo anche quello splendido calcio balcanico, quella Stella Rossa di inizio anni ’90 che fece tremare le compagini europee più ricche, gloriose e potenti rimarrà sempre nei cuori e della memoria che preferisce un calcio genuino, tecnico, “libero” e intriso di uno splendido mix di classe e collettivo.

Vincenzo Di Maso