È stato Andy Warhol a concepire il concetto dei 15 minuti di fama. Secondo l’icona dell’arte, ognuno ad un certo punto avrebbe goduto di questo quarto d’ora di celebrità. Il mondo moderno della televisione e dei social media ha certamente iniziato a rendere questa affermazione sempre più realistica.
Negli anni Ottanta, tuttavia, questi eventi erano sempre meno frequenti. Mentre ora il mondo sembra diventare sempre più piccolo, allora la Cortina di Ferro divideva il globo in due universi contrapposti. Molti angoli del mondo del calcio erano ancora avvolti dall’oscurità e dalla paranoia e, in virtù di ciò, i calciatori potevano passare da perfetti sconosciuti a superstar in un batter d’occhio. Il calcio era ruspante in tanti Paesi: i diritti TV e gli sponsor non ne costituivano certo l’aspetto preponderante.
La Romania era uno di questi Paesi, governata dal Cunductador Nicolae Ceaușescu che, dopo aver guadagnato un’impennata di popolarità durante la prima parte del suo regime, aveva presto fatto precipitare la nazione nel caos. Il fallimento economico, unito all’abbassamento del tenore di vita e alle notizie di violazioni dei diritti umani, gettarono nella disperazione il Paese dell’Europa orientale. La conseguente rivoluzione, il processo e l’esecuzione sia di Ceaușescu che di sua moglie il giorno di Natale del 1989 hanno dato al popolo rumeno la speranza di un nuovo futuro e della costruzione di molti opportunità.
In mezzo a questi disordini, la Steaua Bucarest vinse cinque nazionali titoli consecutivi tra il 1984 e il 1989, conquistando anche la Coppa dei Campioni, esattamente 34 anni fa, il 7 maggio 1986. La Steaua era allenata da Emerich Jenei e vantava tra le sue fila Miodrag Belodedici, Victor Pițurcă e Marius Lăcătuș. L’unico uomo che ha saputo personificare al meglio quest’epoca di successo per i Roș-Albaștrii è stato il loro portiere Helmuth Duckadam, grazie sua eroicità in una notte particolarmente speciale a Siviglia.
“Ho sempre sognato di fare il portiere, anche da bambino, perché ero troppo pigro per correre”.
Duckadam è nato vicino al confine ungherese a Semlac, nella Romania occidentale. Ha iniziato a giocare per la sua squadra locale prima di passare all’UTA Arad nel 1982 ed è lì che è stato segnalato per la nazionale. Dopo una sola apparizione per il Tricolorii, fu acquistato dal club di maggior successo del paese, lo Steaua Bucarest.
Valentin Ceaușescu, il figlio (adottivo) maggiore del dittatore Nicolae, era un appassionato di calcio e ben presto fu coinvolto nel club dell’esercito della capitale, in qualità di presidente. All’inizio non figurava ufficialmente nei ranghi del club, ma era di fatto un deus ex machina. Anche se il suo coinvolgimento non è mai stato pienamente spiegato, le voci di partite truccate e corruzione si sono fatte sempre più insistenti.
Un motivo dietro il dominio dello Steaua sul calcio rumeno o bugie infondate da parte dei suoi rivali? Qualsiasi potere esercitato a livello nazionale non ha avuto alcun peso sul palcoscenico europeo, dove la Steaua ha cercato di ottenere ciò che nessun’altra squadra rumena aveva conquistato.

La Coppa Campioni 1985/1986
Il Vejle e l’Honvéd furono facilmente sconfitti dallo Steaua nei primi turni della competizione, mentre ai quarti i rumeni soffrirono più del previsto per avere la meglio per 1-0 sui finlandesi del Kuusysi Lahti. In semifinale l’avversario era il temibile Anderlecht di Vincenzino Scifo, che vinse per 1-0 a Bruxelles, ma lo Steaua ribaltò il risultato nel match di ritorno a Bucarest, vincendo 3-0 in Romania.
L’assenza dei club inglesi, squalificati dalle competizioni europee a seguito del coinvolgimento degli hooligans del Liverpool nei tragici fatti dell’Heysel, aveva lasciato un vuoto di potere, che la Steaua voleva sfruttare. In finale, la Steaua era attesa dal Barcellona, in una partita da giocare all’Estadio Ramón Sánchez Pizjuán di Siviglia, dove ci si aspettava che una folla di partigiani gridasse a gran voce alla vittoria del Blaugrana.
Il Barcellona avuto un percorso decisamente più duro per raggiungere la finale. Le vittorie contro la Juventus, il Porto e una vittoria ai rigori contro il Goteborg aveva condotto i Blaugrana alla finale di Siviglia. Con Terry Venables al timone e lo scozzese Steve Archibald al centro dell’attacco, i catalani erano fiduciosi di sollevare la loro prima Coppa dei Campioni. I favori del pronostico erano tutti dalla loro parte. Il Mundo Deportivo scriveva spavaldo: “La formazione di Venables gioca un calcio offensivo e raffinato che ha la possibilità di sbarazzarsi facilmente dell’arrocco difensivo dei rumeni”.
Una notte di caldo soffocante in Andalusia “prosciugò” anche il gioco. Il talismano del Barcellona, Bernd Schuster, calciatore euclideo ma sottotono in quel match, disputò un match sbirolento.
Anghel Iordanescu è l’unico calciatore ad aver disputato una finale di Coppa Campioni da vice-allenatore. Aveva 36 anni e si era ritirato due anni prima. Iordanescu fu la mossa a sorpresa dell’allenatore Jenei per confondere ulteriormente il Barça, che neanche già aveva poche informazioni sullo Steaua a causa della cortina di ferro in Romania. Quando entrò in campo come primo sostituto, il tecnico gli disse: “Al primo pallone che tocchi fai un dribbling. Così li spaventi“. E Iordanescu non si fece pregare, rendendosi protagonista di una pregevole giocata nei confronti di Schuster.

La partita si trasformò in una vera e propria gnagnera, trascinandosi ai tempi supplementari e agli inevitabili calci di rigore, dove un uomo era pronto a prendere il suo posto nella storia.
Duckadam oltre i rigori
Duckadam scelse di non studiare i rigori. Per il portiere della Steaua, si trattava solo di proiettarsi nella mente del rigorista: era una battaglia psicologica. Appassionato giocatore di poker, Duckadam sapeva come tenere le sue carte vicino al petto ed era estremamente consapevole di quanto fosse importanteil primo rigore.
Il rigorista principale dello Steaua, Mihail Majearu, si fece avanti per primo ma Urutti neutralizzò la sua conclusione. Duckadam prese il suo posto sulla linea di porta, mise entrambe le mani sulle cosce e adottò una posizione di inchino.
“Dopo il primo rigore, fu una battaglia psicologica. Ero quasi sicuro che Pedraza avrebbe tirato nello stesso lato di Alexanco, e così fu. Al terzo rigore, immaginai che Pichi Alonso avrebbe pensato che non mi sarei buttato ancora una volta sulla mia destra. Scommisi quindi che avrebbe tirato alla mia destra e così fece. Il quarto rigore fu il più difficile. Non ero sicuro se tuffarmi ancora a destra o andare a sinistra. Calcolai che Marcos avrebbe tirato alla mia sinistra e ancora una volta scelsi in maniera corretta”.
Dopo aver parato tutti e quattro i rigori, Duckadam era diventato Eroul de la Sevill, eroe di Siviglia, per i giornali propagandistici rumeni. Duckadam aveva raggiunto il tetto del mondo, o almeno del continente, ma poco tempo dopo scomparve misteriosamente dal mondo del calcio a causa di un grave infortunio al braccio. Il destino era in agguato e, a soli 27 anni, fu costretto a interrompere la propria carriera. Dopo aver toccato il cielo con un dito, la carriera e la vita di Duckadam presero una svolta nefasta.
“Fummo ricevuti da Ceausescu dopo la finale col Barcellona e rimanemmo sorpresi dalla sua freddezza. – ricorda l’ex portiere – Addirittura, ci disse che, se ci fossimo preparati meglio, avremmo potuto vincere nei 90 minuti!”.

Circolavano le voci più maliziose su quell’infortunio. La gelosia di Ceaușescu per il fatto che Duckadam gli aveva rubato la scena spinse il presidente a sparare al proprio estremo difensore? Forse Duckadam era diventato troppo grande e scomodo per il suo Paese e alcuni intermediari di Ceaușescu gli avevano fatto visita? Si diceva che un ricco tifoso del Real Madrid gli avesse regalato una Mercedes, che Duckadam aveva accettato di buon grado, ma che il regime socialista non gradì. In quegli anni, tolti i capi del governo, nessuno in Romania poteva esibire un simile sfarzo.
La cosa certa è che il portiere rumeno si rifiutò di prendere parte a una combine. I figli del dittatore, Valentin e Nicu, effettuarono una scommessa sul capocannoniere del campionato. Lo Steaua era già campione e affrontava l’Universitatea Craiova all’ultima giornata. Valentin chiese a Duckadam di far segnare tanti gol a Piturca, ma il portiere non accettò. Piturca segnò una tripletta ma, il suo rivale Gica Hagi mise a segnò 6 gol per lo Sportul nell’altro match. Duckadam fu condannato a una multa pari a due mesi del suo stipendio da Valentin a causa del suo atto di insubordinazione. A quei tempi, dopo la tragedia di Chernobyl e l’avvento di Gorbaciov in Unione Sovietica, di cui Ceaușescu era oppositore, il dittatore rumeno gettò il Paese in un’ulteriore deriva autarchica e autoritaria.
Duckadam riapparve circa tre anni dopo, giocando per una squadra di seconda divisione. La rivoluzione rumena ha fatto sì che molte delle stelle della nazione cercassero nuove sfide, e contratti più redditizi all’estero. Duckadam rivelò che il suo infortunio gli era stato causato da un coagulo di sangue che gli aveva fatto perdere ogni sensazione al braccio nell’autunno successivo alla finale contro il Barcellona.
Duckadam ha poi aggiunto che la strana ferita che ne ha limitato la sua carriera avrebbe potuto essere molto peggiore, che avrebbe potuto verificarsi prima della partita che lo ha fatto entrare nella leggenda, che gli ha consegnato un posto nella storia della Coppa Campioni, insieme ai suoi 15 minuti di celebrità. La verità, orpello sempre fastidioso quando c’è di mezzo un regime dittatoriale, non la saprà mai nessuno. Duckadam avrà sofferto in silenzio. Risulta palese che la sua dichiarazione ufficiale sia stata un modo per proteggere sé stesso e la propria famiglia da rappresaglie.
Dopo il rovesciamento del regime, a distanza di anni, Helmuth Duckadam è stato nominato presidente onorario della Steaua. Un lieto fine alla storia che ha visto come protagonista un gigante buono, eroe e vittima allo stesso tempo.

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione