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Nato il 21 marzo 1969 ad Ardabil, nella parte settentrionale dell’Iran, Ali Daei è un’istituzione in patria. Diventato noto ai più per la partecipazione ai Mondiali di Francia ’98, il gigante ex Bayern ha ricevuto un trattamento che nella mitologia persiana veniva riservato a Rostam, Mitra oppure Ormuz.

Non poteva essere altrimenti, visti i 109 gol in nazionale. 7 in più di CR7, che attende di superarlo, 25 in più di Puskas, 32 in più di Pelé. Prima di CR7, Ali Daei era stato l’unico calciatore ad aver superato quota 100 in nazionale. E dire che con quest’ultima ha esordito a 24 anni!

Non tutti sanno che Ali Daei è di etnia azera. I tratti somatici lo rendono piuttosto diverso dal classico persiano. D’altronde quasi la metà dei cittadini iraniani non è di etnia persiana. Vi sono curdi, luri, baluci, arabi, turkmeni, bandari, qashqai e, naturalmente, azeri.

Quella nazionale portata a Francia ’98 in seguito a un pazzesco spareggio contro l’Australia. Dopo l’1-1 strappato a Teheran, gli oceanici erano gli indubbi favoriti. A Melbourne, i Socceroos passarono in vantaggio e raddoppiarono. Poi entrò in scena il nostro eroe, in qualità di assistman. Prima servì l’assist per Bagheri e, poi nel finale di match, a Bagheri, mandando in estasi un Paese intero.

Come noto, alle donne erano proibite manifestazioni pubbliche. Tanta fu la gioia per l’incredibile qualificazione a un Mondiale, che le donne non solo scesero in piazza a festeggiare ma si tolsero anche il velo. Ma non finì qui: vista la portata dell’evento e considerato il numero di persone per le strade, il governo non intervenne.

“The Iran disaster”, come divenne noto quel match in Australia (Foto AFC)

Uno degli avversari di quel Mondiale furono gli USA. L’ayatollah Komeini li definiva “Il Grande Satana”. L’Iran vinse per 2-1. Dopo il gol di Estili, Ali Daei, ancora una volta in veste di assistman, trovò un corridoio perfetto per Mahdavikia. Il “Grande Satana” fu sconfitto. Le persone ancora una volta si riversarono per le strade. Grazie a quella partita le donne iraniane manifestarono il proprio desiderio di libertà.

A differenza di molti giocatori asiatici e mediorientali di quell’epoca, Daei non ha avuto paura di tentare la fortuna in Europa, anche se non ha raggiunto i suoi picchi in Germania. Tuttavia ha realizzato la maggior parte dei gol in patria. Ha iniziato la sua carriera a 19 anni nel club della sua città natale, l’Esteghlal Ardabil, dove trascorse cinque anni nelle varie squadre giovanili. Dopo una sola stagione da professionista, passò al Taxirani, prima di trasferirsi al Bank Tejarat dopo una sola stagione.

Curiosamente, Daei non ha mai accumulato troppe presenze in una singola stagione, molto spesso perché si dava priorità alle partite del Team Melli (così è nota la nazionale). In quattro stagioni al Tegarat ha giocato solo 46 partite, realizzando una rete ogni due match.

Fu solo nel 1994, quando si trasferì al suo successivo club, il Persepolis, che la sua carriera decollò davvero, soprattutto in nazionale. Quell’anno segnò ben 22 gol in 18 partite internazionali, numeri che gli valsero il trasferimento all’Al Sadd del Qatar.

Otto di quei gol arrivarono nella Coppa d’Asia disputata negli Emirati Arabi. Daei realizzò 4 di queste reti nel 6-2 contro la Corea del Sud. L’Iran perse la semifinale ai rigori contro l’Arabia Saudita, ma le sue prestazioni eccezionali gli fecero guadagnare il secondo posto nel premio di Calciatore asiatico dell’anno, dietro al compagno di squadra Khodadad Azizi.

Il suo primo trasferimento all’estero è avvenuto nel 1997, anno in cui si trasferì all’Arminia Bielefeld. Mentre l’Iran guardava alla Coppa del Mondo del 1998 negli Stati Uniti, Daei segnò 7 gol in 25 partite di Bundesliga. Come al solito, tuttavia, riservò la maggior parte delle sue reti per la nazionale.

Foto Transfermarkt

Dopo il Mondiale 1998, quando era all’apice della carriera, arrivò la chiamata del Bayern Monaco. In Baviera vinse un titolo da vice Jancker. Nella straziante finale di Champions League persa contro il Manchester United al Camp Nou rimase in panchina. Eppure, quell’anno Daei fu nominato Calciatore asiatico dell’anno per l’unica volta nella sua carriera. In tre stagioni all’Hertha Berlino mise a segno appena 12 gol. Finita la sua avventura tedesca, si unì all’Al Shabab negli Emirati Arabi per due stagioni prima di concludere la sua carriera in Iran.

In un match di qualificazione alla Coppa d’Asia contro il Libano, nel 2003, superò Puskas nella classifica dei marcatori all-time in nazionale. La sua carriera in nazionale si concluse mestamente ai Mondiali 2006. Un Mondiale in cui secondo molti non avrebbe dovuto essere convocato. Bagheri, suo ex compagno di squadra, lo definì “un egoista che pensa solo ai propri interessi”. Daei segnò l’ultimo gol in nazionale il giorno 1 marzo 2006 in un’amichevole contro la Costa Rica.

Fuori dal campo ha riscosso venerazioni, ma anche antipatie. I gesti di filantropia sono stati tanti (costruzione di uno stadio nella sua città natale, contributi per scuole ed ospedali). Non pochi sono stati anche i gesti di ostentazione, tra cui i 60.000 dollari spesi per il suo matrimonio nel 2004, e lo sfoggiare orologi e gioielli carissimi. E nel 2007, poco prima di ritirarsi, si rese protagonista di una testata nei confronti di Sheys Rezaei del Persepolis, che lo aveva provocato. La gogna mediatica scaturita fu la naturale conseguenza.

Al netto di qualche controversia in patria, Ali Daei è considerato “Shahriar” (Il grande Re) da tanti appassionati. I giovani calciatori lo venerano e lo vedono come un modello. Merito di quel record di gol tuttora imbattuto. A riguardo, il bomber iraniano ha dichiarato: «Un certo numero di fattori mi hanno permesso di segnare più di 100 gol a livello internazionale. Lo devo perlopiù alla mia fede in Allah, ma anche all’amore incondizionato per il mio Paese e per la maglia della Nazionale, oltre che per l’Imam Hussein, a cui renderò servizio finché sarò in vita. Sarebbe stato tutto impossibile senza l’aiuto dei miei compagni di squadra, che hanno fatto sì che facessi quei gol. È per la loro assistenza che sono riuscito ad essere così costante nel corso degli anni».