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Nato a Cesena il 20 marzo del 1933, Azeglio Vicini ha avuto una discreta carriera da calciatore, vestendo le maglie di Sampdoria, Brescia e Vicenza. Ma è da allenatore che ha avuto le sue più grandi soddisfazioni. Vicini è stato il tecnico federale per eccellenza, avendo iniziato la trafila nel 1975.

Dopo la delusione di Messico ’86, la FIGC gli ha affidato la panchina della nazionale maggiore, con cui ha raggiunto la semifinale degli Europei del 1988. L’URSS del Colonnello Lobanovskyi non gli lasciò scampo. Eppure il tecnico cesenate stava forgiando la squadra che avrebbe dovuto puntare a vincere il Mondiale di Italia ’90.

Notti Magiche era la colonna sonora che risuonava in TV e nelle radio ed era respirata in ogni angolo del Belpaese per accompagnare il cammino degli Azzurri di Azeglio Vicini. Prima del Mondiale gli appassionati collezionavano ritagli di giornale che raffiguravano i propri beniamini, davano notizie sugli avversari, raccontavano miriadi di aneddoti e poi c’erano le mitiche caricature di Franco Bruna.

A Italia ’90 l’atmosfera era delle migliori e i tifosi italiani sognavano di bissare il titolo vinto solo due edizioni prima. Era un’Italia giovane, costruita dalle ceneri della spedizione negativa di Messico ’86. Bando alla riconoscenza, in campo il nuovo che avanza. Era l’Italia di Maldini, Baggio, Bergomi, Donadoni, Vialli, Giannini e, ovviamente di Totò Schillaci, calciatore che ha legato la propria carriera ineludibilmente a Italia ’90.

Per costruire un gruppo compatto servono giocatori di qualità e insieme persone serie. Poi, dopo questo, bisogna saperli condurre“.

La nostra nazionale fu invece gestita nel migliore dei modi. Vicini rinunciò a Mancini per tutto il torneo, mentre Vialli fece spazio a Schillaci come titolare, vero eroe di Italia ’90. I tifosi azzurri pregustavano un altro Paolo Rossi, ma sfortuna volle che Walter Zenga, uno dei migliori portieri al mondo all’epoca, commettesse un grave errore in semifinale.

Una semifinale in cui, a differenza di quanto riportato, il pubblico di Napoli non tifò Argentina. I napoletani tifarono Italia mentre Diego Armando Maradona, idolo del San Paolo, veniva comunque acclamato. Fu una partita del tutto ingiusta, maschia, dove gli argentini si limitarono a bloccare gli azzurri e furono assistiti da una dose di fortuna non indifferente.

C’è un mito popolare che aleggia sul successo dell’Argentina in Messico ’86 e che propaga la teoria che Diego Maradona abbia vinto i Mondiali da solo. In realtà, il D10S era il miglior giocatore indiscusso sulla faccia della terra, ma era assistito da un gruppo solido e forte. Da Italia ’90, invece, era circondato da una combinazione di compagni di squadra in declino e da nuovi elementi decisamente inferiori ai calciatori di quattro anni prima.

In generale, Italia ’90 è un Mondiale che porta con sé un alone di mito, perché è stato il mondiale casalingo, per le notti magiche che gli Azzurri ci hanno fatto vivere, per i tanti calciatori iconici che sono scesi in campo. Eppure Italia ’90 non è stato un Mondiale bello come lo dipingono. Lo spettacolo spesso non è stato avvincente e poche squadre hanno deliziato il palato degli spettatori.

Proprio per questo, vista la forza della nazionale di Vicini, aumenta il rammarico di non essere riusciti a raggiungere neanche la finale. L’ex CT azzurro è deceduto tre anni fa, il 3 gennaio 2018 a quasi 85 anni. Di lui resteranno indelebili pacatezza, signorilità, classe e competenza.