Come dimenticare una delle più grandi beffe europee della storia della Roma.
Roma-Slavia Praga è una delle partite che racchiude tutta l’essenza dell’essere romanista.
Quell’essenza vede una finale di Coppa Campioni, raggiunta alla prima partecipazione, perduta in casa ai rigori.
Oppure uno scudetto sfumato dopo una incredibile rimonta perdendo in casa contro una squadra già retrocessa. Oppure un altro scudetto perso con una rimonta subita per effetto di una doppietta.
E poi… E poi c’è Roma-Slavia Praga.
È il 19 marzo 1996 e all’Olimpico arriva appunto la squadra della Repubblica Ceca per la gara di ritorno dei Quarti di Finale di Coppa Uefa, un’avversaria assolutamente di tutto rispetto. Nella gara d’andata la Roma ha perso per 2-0 in una partita dove, tra errori del portiere e scivolate sul ghiaccio, la squadra di Mazzaona è tornata. con il morale sotto i tacchi.
Eppure, la tifoseria della Roma è formata da inguaribili ottimisti, vogliono guidare la squadra verso l’impresa e riempiono lo stadio in 63.859. Il colpo d’occhio è impressionante, la coreografia scalda subito il cuore.
Il messaggio da parte della tifoseria tutta alla squadra è chiaro: “Non molleremo mai”.
Il “non” è in Curva Nord, il “molleremo ” in Tevere e in Sud c’è il “mai”.
Ambiente da brividi, atmosfera da finale di coppa. E sempre nella Sud, sotto il tabellone, il grido di battaglia: “All’attacco! ”.
Mazzone schiera contemporaneamente Moriero, Totti, Giannini, Fonseca e Balbo, per un 4-4-2, che ha più le sembianze di un 4-2-4.
Giusto per essere in linea con lo striscione esposto sotto il tabellone.
Mazzone fa scendere in campo questa formazione: Cervone, Annoni, Aldair, Lanna, Carboni, Moriero, Di Biagio, Giannini, Totti, Balbo, Fonseca.
E la Roma parte all’attacco a testa bassa, più con il cuore che con la testa. Ciò non basta e il primo tempo va in archivio pur registrando un dominio dei padroni di casa. Per far esultare i tifosi bisogna attendere il secondo tempo, esattamente il 15’. Moriero, che raccoglie l’ennesima palla respinta da una difesa dello Slavia in grande apprensione, mette in rete con un gran tiro da fuori, dando linfa vitale a una speranza che si stava via via affievolendo. L’urlo squarcia la notte di Roma. L’Olimpico è bollente, la Roma può ancora farcela, manca ancora mezzora abbondante.
La Roma attacca senza soluzioni di continuità. All’83’ punizione. Sul punto di battuta si posiziona Aldair, e Giannini giostra al centro dell’area. Pluto lascia poi la palla a Carboni, e il Principe racconterà più tardi che “a quel punto mi sono spostato, perché sapevo che con il sinistro Carboni avrebbe chiuso il cross, che l’avrebbe tirato corto e forse anche un po’ sporco”. Cross in mezzo e gol di Giannini di testa. Epico a questo punto il commento di Cerqueti in diretta Rai: “Proprio lui, Giannini, Giannini, il due a zero per la Roma, il delirio sotto la Curva Sud, si è tolto la maglia Giannini. E poi c’è chi non crede alle favole, è un Principe che ha preso sottobraccio la sua Roma, non ha sbagliato praticamente un pallone”.
Finiscono quindi i tempi regolamentari. Sembrerebbe proprio la serata giusta per la Roma, per recuperare il feeling con i propri tifosi, un feeling minato da una stagione fino ad allora molto deludente.
L’avversario è in crisi. Al 9’ del primo tempo supplementare, la difesa della Roma respinge un pallone che arriva tra i piedi di un giovane Totti, il quale si gira, dribbla un avversario e fa arrivare il pallone a Francesco Moriero. L’esterno pugliese controlla il pallone nel migliore dei modi. I tifosi capiscono che quell’azione potrebbe tramutarsi in gol, iniziano ad abbracciarsi speranzosi ed esplodono in un boato quando la palla va in rete per il 3-0.
Rimonta sofferta, ma sembra oramai fatta.
Ma il tifoso della Roma è nato per soffrire. Manca poco al trionfo, si pensa che è la volta buona, ma ecco la frittata…
La Roma esagera con i festeggiamenti. I giallorossi pensano sia fatta, ma non Mazzona, che richiama alla calma e alla concentrazione. Purtroppo invano… Moriero è sotto la Curva Sud a festeggiare anche se ha segnato sotto la Nord. Cervone lo richiama, perché non è finita.
Ed infatti all’8′ del secondo tempo supplementare Vavra beffa la Roma, in un azione in cui Aldair cade, poi scivola tentando. Cervone non si muove e il pallone finisce inesorabilmente in rete.
La Roma viene quindi eliminata e a passare ai quarti è lo Slavia Praga. Una squadra che annoverava tra le proprie fila elementi che arrivarono in finale agli Europei. Basti pensare a Bejbl, Poborsky, Suchoparek, Novotny e Smicer.
Fu una occasione mancata. Ai quarti c’era il rischio di prendere il Bordeaux di Zidane o il Bayern di Matthaus, ma sulle ali dell’entusiasmo quella squadra avrebbe potuto fare grandi cose.
Nonostante ciò, quella partita è ricordata come una delle più belle della Roma in Europa. Il culmine è stato raggiunto con la rimonta contro il Barcellona, tra l’altro concretizzata in toto e senza beffa. Quella contro lo Slavia è una gara che ancora oggi procura grande delusione, vista l’illusione, considerato il sogno. Un sogno in cui i protagonisti, da giocatori e allenatore, fino al pubblico che cantava a squarciagola hanno dato tutto. In Roma-Barcellona, invece, c’è stato un rischio simile. Immaginate se il pallonetto di Dembelé fosse finito in rete.
La delusione per la squadra di Mazzone fu tangibile e terribile.
Nel corso della trasferta a Piacenza i tifosi giallorossi esibirono uno striscione crudele “Fonseca coniglio, Balbo suo figlio”.
Quella stagione fu quella del crepuscolo di due cuori romanisti come Mazzone e Giannini, che salutarono la loro amata Roma, per poi ricongiungersi altrove.
Giannini che quella sera, contro lo Slavia, aveva messo a segno, senza esserne consapevole, il suo ultimo gol con la maglia giallorossa.

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione