Belgio e Olanda fondono i campionati: la BeNeLeague è quasi realtà

In Belgio e Olanda si cambia spesso la storia del calcio e non si ha paura di farlo, sia fuori che dentro il campo. Negli anni Settanta l’Ajax di Rinus Michels e Crujiff segnò lo spartiacque con il calcio “antico”, ridefinendone i parametri per come li intendiamo tutt’oggi.

Nel 1995 fu il belga Jean-Marc Bosman a ridefinire il calciomercato con una sentenza storica che sancì la nascita dei “parametri zero” e del libero mercato tra i giocatori comunitari, da quel momento liberi di accordarsi con altre squadre a sei mesi dalla scadenza del contratto.

Belgio e Olanda sono realtà affini nel carattere e innovative per definizione, pragmatiche e nordiche ma allo stesso tempo libertine e permissive, il cui “carattere della nazione” è in se contraddittorio e affascinante. Non è una sorpresa quindi se, come sembra ormai imminente, il primo campionato “confederato” vedrà la fusione dei loro due campionati nazionali: l’Eredivisie olandese e la Jupiler League belga.

Nella tradizionale Gran Bretagna, in tempi non sospetti, si parlò di una soluzione simile ad inizio anni ’90 quando Rangers e Celtic erano così ricchi e superiori alle altre squadre scozzesi da richiedere un’inclusione, respinta, nella nascente Premier League. All’epoca non ci fu unanimità di vedute tra i club e le due squadre non riuscirono nell’impresa, rimanendo circoscritte in terra scozzese a dominare per decenni.

I club belgi hanno votato all’unanimità, nella riunione di Lega tenutasi nella giornata di ieri, l’ok alla fusione all’Eredivisie olandese: un segnale forte che i club olandesi potranno raccogliere e accettare per veder nascere la BeNeLeague, un progetto nell’aria da mesi che servirebbe a far concorrenza ai cinque campionati più importanti d’Europa, con un aumento dell’appetibilità e quindi degli introiti fino a circa 400 milioni di euro.

Tanti soldi, che consentirebbero a molte squadre di sopravvivere al lungo inverno del Covid e ad una crisi generale che rischia di far scomparire club storici come Anderlecht e Genk, incapaci di sostenere le spese di gestione senza introiti televisivi degni di quelli che vengono accordati ai campionati top.

Se il Belgio è compatto nella fusione però, si vocifera che non tutti i club olandesi potrebbero essere d’accordo: la situazione economica dalle parti di Amsterdam è meno grave rispetto a quella dei vicini di casa e le piccole squadre non sembrerebbero accettare di buon grado una… “retrocessione” che le penalizzerebbe senza demeriti sul campo.

Per questo, nonostante la formula della nascente lega preveda 18 squadre, la lega belga è disposta a squilibrare l’ingresso a favore dell’Olanda accordando 10 squadre all’Eredivisie, a fronte delle sole 8 della Jupiler League.

L’impatto sociale, la reazione dei tifosi a tale notizia, è ancora tutta da valutare: le trasferte non sarebbero un gran problema ma le tifoserie si sa, sono tradizionaliste per definizione e non tengono conto dei fattori economici: veder scomparire il proprio campionato potrebbe essere una scelta mal digerita.

E’ per questo che la votazione di ieri, pur avendo fatto il giro del mondo, non è stata ufficializzata dalla Lega belga, in attesa di vedere la risposta dei vicini di casa e per valutare l’impatto sociale di un cambiamento così radicale come la cancellazione del campionato nazionale.