I tre minuti di conferenza stampa di giovanni Trapattoni da tecnico del Bayern di Monaco furono assolutamente esplosivi. Il Trap lasciò sbalorditi e sconcertati i giornalisti presenti in sala stampa.
Trapattoni, con una maglia rossa da allenamento del Bayern, agitò il pugno e si inalberò dinanzi a coloro che assistevano a una sua celebre sfuriata contro alcuni calciatori del Bayern. Dopo aver attaccato Scholl e Basler, Trapattoni si scagliò contro Strunz: “Struuunz! – gridò ai giornalisti -. Strunz è qui da due anni, ha giocato dieci partite ed è sempre infortunato. Cosa permettiamo Strunz?! L’anno scorso sono diventato campione con Hamann, Nerlinger. Questi erano giocatori e sono diventati campioni. Lui è sempre infortunato! Ha giocato 25 partite in questa squadra, in questo club. Deve rispettare gli altri colleghi. Ora questi giocatori devono dimostrare a me e ai tifosi di poter vincere la partita da soli. Devono vincere la partita da soli. Io sono stanco di aspettarli, li difendo sempre“.
Il suo tedesco era maccheronico e approssimativo, ma i giornalisti capivano perfettamente ciò che voleva intendere. Trapattoni difendeva con veemenza la sua coraggiosa decisione di non schierare due idoli del Bayern come Basler e Scholl formazione di partenza per una partita cruciale nella corsa al titolo, affermando che erano “deboli come una bottiglia vuota”.
La clip di YouTube è diventata celebre. È divertente ascoltarla, che si comprenda il tedesco o meno. Oltre alla teatralità dell’atteggiamento di Trapattoni, va messo in risalto il fatto che un italiano attaccò la professionalità dei tedeschi in casa loro e i consensi non gli mancarono di certo.
Mentre non mancarono le critiche da parte di qualcuno, in molti elogiarono quella presa di posizione così netta. Trapattoni ha fatto le sue fortune, facendo rendere al massimo anche calciatori non eccelsi, purché lo seguissero. Il Trap ha fatto invece terra bruciata nei confronti di coloro che assumevano atteggiamenti da star. Per un allenatore come lui, un giocatore in piena forma e preparato mentalmente è più utile di una superstar che mostra una forma irregolare.

Ciò che è importante ricordare è che, mentre il Bayern Monaco ha finito per perdere quel titolo, Trapattoni è rimasto fedele alla sua ideologia e nessuno ha potuto criticarlo: è un’ideologia che gli è valsa dieci titoli nazionali in quattro Paesi diversi e una Coppa Campioni. È stata una ricetta collaudata per il successo, e Trapattoni ha scelto di mantenerla in tempi di glorioso successo e anche quando si trovava di fronte a un incombente fallimento.
E di fallimenti ne ha affrontati molti durante la sua carriera. In effetti, sono stati pochissimi gli irlandesi che si sono rattristati nel vederlo partire nel 2013, mentre in Italia in molti lo ricordano come il tecnico che non ha superato gli ottavi con una delle nazionali più forti di sempre. La vomitevole direzione di gara di Byron Moreno è una giustificazione validissima, ma le critiche a Trapattoni sono state mosse in primis per un girone in cui ha ottenuto una qualificazione stentata.
Quando Il Trap è arrivato al posto di Steve Staunton come noto CT dell’Irlanda è stato giustamente annunciato come uno degli avvenimenti più sorprendenti e ambiziosi nella storia del calcio irlandese. Tuttavia, le sue tattiche ritenute superate e intransigenti gli hanno fatto perdere la fiducia da parte degli irlandesi. La nazionale dell’Irlanda non ha sconfitto nessuna compagine con ranking superiore.
Trapattoni ha concluso la sua carriera di allenatore nel 2013, come CT dell’Irlanda dopo un quinquennio. In quegli anni era oramai al crepuscolo. Gli inizi furono positivi, con la qualificazione al Mondiale 2010 sfiorata e andata in fumo a causa di un gol palesemente irregolare della Francia. Eppure nel 2013, il Trap si dimise a causa di sconfitte contro avversarie non irresistibili come Austria e Svizzera. Il tecnico lombardo scoppiò in lacrime, sia per il fallimento degli obiettivi sia per la conclusione di una quarantennale carriera da allenatore.
Quando Trapattoni arrivò in Irlanda, aveva già vinto titoli nazionali in quattro Paesi diversi e si era aggiudicato anche tutte le maggiori competizioni europee per club. Ha portato le squadre a trionfare con costanza e il più grande risultato della storia della carriera di Trapattoni è sempre stata la sua capacità di vincere in luoghi diversi, in contesti diverse, con squadre diverse e con un’ampia gamma di stili e filosofie.

Nel corso degli anni i contesti sono cambiati, lo staff a sua disposizione variava da squadra a squadra, ma l’obiettivo di fondo non è mai cambiato. Trapattoni ha orientato le sue squadre verso la vittoria e il successo è arrivato tantissime volte.
Quella determinazione e quello spirito di gioco sono il frutto di una brillante carriera da calciatore in Italia, che lo ha visto 12 anni al Milan come mediano e “francobollatore”. Come non ricordare, ad esempio, la sua marcatura nei confronti di Pelé. In rossonero, Trapattoni ha vinto due scudetti e due Coppe Campioni, oltre a una Coppa delle Coppe e una Coppa Intercontinentale.
Durante la sua carriera da calciatore, i suoi coetanei hanno sempre avuto la percezione che un giorno Trapattoni sarebbe diventato un grande allenatore. Aveva una conoscenza avanzata delle fasi e delle tattiche del gioco. Osservava minuziosamente il modo in cui i giocatori si muovevano, come reagivano e come era possibile bloccare gli attacchi avversari. È ciò che lo ha reso un maestro della difesa così efficace, ma il Trap ha messo in pratica le conoscenze acquisite sul campo.
Trapattoni ha iniziato la sua carriera da tecnico nella sua amata Milano nel 1974. Eppure al Milan ha collezionato uno dei tanti insuccessi della carriera, in realtà pochi al cospetto degli innumerevoli trionfi. Con Rocco squalificato e Cesare Maldini ammalato, il Trap andò in panchina, da collaboratore tecnico, nella domenica della “Fatal Verona”. Con lo scudetto praticamente certo, i rossoneri persero 5-3.
Nel 1976, tra lo stupore di molti, Giampiero Boniperti gli affidò la panchina della Juve, «conquistato dalle sue idee chiare e dalla sua concretezza». È con la Vecchia Signora che Trapattoni dimostrò di essere un allenatore con i fiocchi.
Trapattoni rinverdì i fasti del passato della Juventus dopo essere stato nominato allenatore principale nel 1976. Nella stagione precedente il suo arrivo, i bianconeri furono eliminati dalla Coppa Europa dal Borussia Mönchengladbach e persero lo scudetto a vantaggio del Toro. Ma Trapattoni – che era stato scartato senza tante cerimonie dal Milan – fu preso dalla Juve con l’obiettivo di riportare la Vecchia Signora al top in Italia.
Mentre le aspettative erano alte – lo sono sempre state alla Juventus – Trapattoni ha portato avanti una delle più grandi trasformazioni del club nella storia del calcio. Trapattoni non ci ha messo molto a incidere il suo nome negli annali della storia della Juve per condurre la squadra bianconera al trionfo in Coppa UEFA nel 1977, ma quello è stato solo l’inizio di un periodo glorioso, ricco di trofei, che si è rivelato l’apice della storica carriera del tecnico italiano.

Trapattoni è diventato un re alla Juventus. Ha insegnato ai suoi giocatori che ci sono molti modi per segnare un gol. Trapattoni era un passo avanti a tutti e capiva i piccoli dettagli, come studiare l’abitudine dell’avversario di saltare automaticamente ai calci di punizione dopo aver messo la barriera. Trap diceva al calciatore, spesso Michel Platini, di colpire la palla bassa per segnare, facendola passare sotto la barriera.
Grazie a questa attenzione ai dettagli e al capire in fretta come gestire le più variegate situazioni, Trapattoni ha portato la Juve nel firmamento europeo. Il Decennio d’oro dei bianconeri è dovuto essenzialmente a lui.
L’allenatore di Cusano Milanino dedicava almeno una sessione di allenamento a settimana all’analisi del post prestazione, cementando nella squadra una mentalità vincente che aiutava i calciatori a iniziare le partite con lo spirito giusto.
È con la Juventus che Trapattoni ha messo a punto il suo approccio tattico. Ha predicato quello un calcio che si articola in due fasi principali: la fase di possesso e quella di non possesso.
Il punto cruciale della strategia di Trapattoni in possesso era la ricerca e la creazione di spazio. Ha elaborato diagrammi dettagliati che delineavano ogni possibile situazione per un giocatore in possesso e per i suoi compagni di squadra. Tutto ruotava intorno all’obiettivo di creare spazio e facilitare gli attacchi, scomponendo vari metodi per creare e sfruttare lo spazio in posizioni chiave, come le fasce e l’ingresso in area di rigore. La Coppa dei Campioni vinta fu la logica conseguenza delle sue tattiche avanzatissime per l’epoca e della sua capacità di adattarsi in base ai calciatori.
Il suo approdo all’Inter fu salutato con grande felicità dai tifosi nerazzurri. Gli inizi furono difficilissimi. La società ingaggiò il Trap proprio per ripetere il percorso della Juve, con l’obiettivo di far rinverdire i fasti del passato a un’Inter scialba. Scialbe furono le prime due stagioni, ma nel 1988 la società mise pesantemente mano al portafoglio. Arrivarono difatti Andreas Brehme, Alessandro Bianchi, Nicola Berti, Lothar Matthäus e Ramón Díaz.
La squadra costruita dal tecnico nel 1988-1989 passò agli annali come l’Inter dei record poiché capace di battere un primato dopo l’altro, assicurandosi un campionato a senso unico con ben cinque giornate di anticipo, e ottenendo 58 dei 68 punti disponibili, un record nell’era dei due punti a vittoria.

Dopo i successi in campionato e nelle coppe con l’Inter, Trapattoni girovagò per l’Europa, arrivando a vincere anche in altri campionati. La prima esperienza al Bayern fu fallimentare e il suo stint al Cagliari fu ancora peggiore. Dimostrando di essere un tecnico dotato di straordinaria determinazione, Trapattoni ha gestito al meglio l’intensa, quasi opprimente, pressione dei media e dei tifosi facendo vincere il titolo di Bundesliga e la coppa nazionale al Bayern.
Nel corso degli anni Novanta, l’immagine del Trapattoni di tecnico vincitore e “Re Mida” era stata fortemente danneggiata, ma ha ristabilito la sua reputazione nel suo secondo periodo al Bayern. È stato un periodo breve, ma la sua eredità è stata significativa, ponendo le basi per Ottmar Hitzfeld – il suo successore – coltivando calciatori del calibro di Mehmet Scholl, Mario Basler, Carsten Jancker ed Élber.
Sarebbe ovviamente sbagliato ricordare la carriera di Trapattoni come quella di un tecnico perfetto. Come scritto sopra, il Trap è andato incontro a molti fallimenti, è stato spesso criticato per le sue tattiche e si è trovato alla mercé dei media, ma il suo curriculum parla da solo. Con i record non si può mai discutere, dopotutto. Il suo bottino di dieci titoli di campionato conquistati quattro Paesi è l’esemplificazione della carriera di un uomo che ha saputo trovare la formula essenziale per avere successo ai massimi livelli.
Il Trap è stato tutt’altro che effimero. Il titolo del Salisburgo in Austria è arrivato dopo 30 anni e ha fatto vincere il titolo al Benfica dopo 11 anni di digiuno per la squadra di Lisbona. La sua esperienza alla guida della nazionale irlandese è stato giustamente criticata e la campagna di Giappone e Corea è criticabile a prescindere da Moreno, ma Trap non ha mai perso di vista ciò che lo ha reso un vincitore: una profonda conoscenza del gioco e un metodo efficace per mettere in pratica le sue competenze per vincere titoli.
Lo ha fatto quasi sempre bene, per quasi 40 anni…
Vincenzo Di Maso

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione