Ragionare sulla scorta delle emozioni più recenti è un esercizio che ripudiamo, a maggior ragione parlando di Ciro Immobile. La scorsa stagione calciatore della Lazio ha eguagliato il record di reti in Serie A (36) appartenente a Higuain.

Non possiamo assegnare a Immobile uno scettro platonico di miglior attaccante al mondo, come non potevamo parlare di fallimenti prima. Questo ragazzo è stato oggetto di ruvida iconoclastia a seguito delle due esperienze all’estero così pure quando faticava a trovare la via del gol in nazionale.

Alla Lazio ha vinto la Scarpa d’oro e il motivo principale risiede nell’upgrade in termini di sicurezza e nel contesto cucitogli a pennello. La sicurezza in se stessi è tutto, ma per acquisirla bisogna confrontarsi con la realtà, mettersi in gioco. Non arriva dal nulla, non la si assorbe dall’aria, per osmosi. È la costante visualizzazione mentale a darti fiducia nel tuo talento. Così è andata con l’attaccante di Torre Annunziata.

In presenza di pressing alto e riaggressione ostinata, il centravanti biancoceleste si sente particolarmente a proprio agio. Più adatto a giocare in contropiede che come apriscatole alla Dzeko, Immobile interpreta al meglio questo tipo di fasi di gioco. Alla Lazio ha giocato da top player visto il contesto messogli a disposizione.

Siamo al cospetto di un centravanti particolare, più istintivo che associativo, più forte a buttarsi nello spazio che a venire incontro. La tecnica di tiro e l’esplosività sono valorizzate dal tipo di gioco proposto da Inzaghi. Questi sono presupposti necessari affinché un centravanti con queste caratteristiche sia messo in condizione di poter segnare. Pertanto, avendo Luis Alberto o Correa, ma anche una spalla come Caicedo, il centravanti ex Torino, può sfruttare al meglio queste caratteristiche peculiari.

Da tecnico flessibile, Inzaghi ha modellato la squadra sulla forza del centravanti. Con un sistema tattico che si sposi a menadito con le sue caratteristiche, Immobile si esalta ed esalta il pubblico. Con Zeman, diametralmente opposto rispetto a Inzaghi, il bomber allora al Pescara riusciva a far valere il suo strapotere atletico e realizzativo. Tutti questi sistemi avevano però il denominatore comune di metterlo al centro del gioco.

Fallimento con il Borussia? Non è esatto. Non bisogna dimenticarsi che in Champions segnò 4 gol nel girone, di cui uno con un’azione strepitosa. Nel gioco di Klopp Immobile sembrava perfetto e sarebbe stato perfetto… se Klopp avesse allenato in Italia. L’incastro geografico è venuto meno, così come quello emotivo. La scarsa integrazione nello spogliatoio e nel Paese lo hanno relegato ai margini della rosa dopo l’ottimo inizio.

Inserito nella sua comfort zone, Immobile fa bene in una pluralità di sistemi di gioco. Con i giusti incastri emotivi può fare la differenza anche ad altissimi livelli. In questa stagione stiamo avendo la conferma, come testimoniato dallo score eccezionale finora.

Avremo la prova del nove, in Champions, contro una squadra che sembra invincibile. Finora ha dimostrato di essere un grandissimo attaccante all’interno di un determinato confine. In Champions con la Lazio contro la Lazio sarà chiamato a sovvertire questa sorta di “status” quo che gli hanno affibbiato. Eppure lo score nella massima competizione europea per club recita finora 9 gol in 14 partite, mentre quello complessivo nelle coppe europee recita 20 reti in 32 partite. Non esattamente numeri tipici di un attaccante bravo solo tra i confini nazionali…