• Tempo di lettura:5Minuti

A broken plane A broken dream A broken heart A broken team No word said A silent vow We loved you then We love you now, We’ll keep the red flag flying high, Because Man United will never die. Busby Babes, never forgotten.

Esattamente 63 anni fa la tragedia dei Busby Babes, il Manchester United di Matt Busby, una delle squadre più iconiche di tutti i tempi. La ripercorriamo assieme.

Il testo di una canzone giunse alla redazione della rivista Sing nel mese di ottobre 1958. Senza accompagnamento musicale, il testo racchiuse una nota affermando che il testo avrebbe dovuto essere cantato sulle note di “High Germany”, una canzone tradizionale che raccontava guerra di successione spagnola.

La prima registrazione musicale del testo fu del gruppo The Spinners nell’album Quayside del 1962. Quella canzone cominciava così: “One cold and bitter thursday in Munich, Germany, eight great football stalwarts conceded victory. Eight men will never play again who met destruction there. The flowers of english football, the flowers of Manchester”. Poco dopo si venne a scoprire che il testo era stato scritto da Eric Winter, direttore della rivista, sconvolto dagli eventi che si erano verificati sette mesi prima, con la morte dei Busby Babes.

L’epopea e la morte dei Busby Babes

Matt Busby prese le redini del Manchester United nel 1945, dopo la seconda guerra mondiale. Busby, che aveva giocato con Manchester City nei primi anni ’30, aveva un progetto ambizioso in mente che si sarebbe avverato solo nel 1956, quando i Red Devils sollevarono la Coppa di Lega. La squadra aveva un’età media di 22 anni ed è senza dubbio considerabile il Manchester United più mancuniano di sempre, vista la folta presenza di ragazzi cresciuti in città o nei suoi dintorni.

«Matt Busby», scriveva il Manchester Guardian dopo la conquista del titolo inglese, «ha avuto una visione quasi soprannaturale nello scoprire giovani talenti locali, risultando per loro una sorta di secondo padre. Insieme a loro ha costruito uno spirito di squadra molto raro a questi tempi».

La sua squadra, dove brillava la stella di Duncan Edwards, concesse il bis nel 1957, ma perse la finale di FA Cup contro l’Aston Villa e la semifinale di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid. Non importava. La crescita vissuta da quella giovanissima squadra riuscì ad alimentare fase di dominio assoluto.

I Busby Babes (Foto Twitter)

Insieme al suo assistente, Jimmy Murphy, Busby stava costruendo un modello di leggenda. Le sue imprese avevano già fatto il giro dell’Inghilterra. Busby e i suoi ragazzi erano stati notati in Europa e il loro soprannome, coniato nel 1951 dal Manchester Evening News grazie giornalista Frank Nicklin, faceva tremare il mondo. Bill Foulkes, Albert Scanlon, Wilf McGuinness (che più tardi divenne allenatore del Mancheste United), Dennis Viollet, Harry Gregg, Eddie Colman, Duncan Edwards, Geoff Bent, Tommy Taylor, Mark Jones, Roger Byrne, Billy Whelan, Jackie Blanchflower, Kenny Morgans, John Doherty, Colin Webster e un giovanissimo Bobby Charlton erano pronti a fare la storia. Erano i Busby Babes.

Il 5 febbraio 1958, il Manchester United dovette affrontare la Stella Rossa di Belgrado, una delle squadre più forti del momento, nel ritorno dei quarti di finale della Coppa dei Campioni. In Inghilterra, la squadra di Busby vinse 2-1. Il 3-3 di Belgrado – con due gol di Charlton e un altro di Viollet – condusse lo United in semifinale, dove lo attendeva il Milan.

Il 6 febbraio la squadra si stava preparando per tornare a Manchester. I calciatori non potevano intrattenersi. C’era una competizione da vincere. Il volo fu ritardato di un’ora. Johnny Barry aveva perso il passaporto. A causa di questo problema, il comandante James Thain ai comandi dell’Airspeed Ambassador, si diresse a Monaco, dove l’aeromobile avrebbe fatto una sosta per fare rifornimento.

I ragazzi erano stanchissimi e avevano bisogno di riposare. Fuori, la tempesta si intensificò e dalla torre di controllo giunsero comunicazioni poco rassicuranti con il comandante Thain. Il decollo non sarebbe stato facile. Alcuni dei calciatori continuavano a scherzare, altri si spazientirono. I tentativi di decollo di James Thain non ebbero successo e dalla torre di controllo gli giunse un avvertimento era meglio rimandare la partenza. Thain riuscì nell’intento di partire, al quarto tentativo.

Duncan Edwards: c’è chi giura che sarebbe diventato più forte di George Best (Foto Twitter)

Il velivolo riuscì a sollevarsi solo di pochi metri e cadde a terra, schiantandosi contro una casa disabitata a circa trecento metri dall’aeroporto. Il tutto alle 3:04 del pomeriggio.

Harry Gregg uscì a trenta metri di distanza, mentre l’aereo si spezzò a metà. Seriamente ferito, riuscì a portare in salvo Busby, Charlton, Viollet e due passeggeri, Vera Lukic e Venona, sua figlia. L’immagine dell’incidente era agghiacciante.

Sul colpo morirono i calciatori Roger Byrne (25), Mark Jones (24), Tommy Taylor (26), Eddie Colman (21), Liam Whelan (22), David Pegg (22) e Geoff Bent (25). Duncan Edwards, fuoriclasse della squadra, riuscì a sopravvivere, ma morì 15 giorni dopo per complicanze ai reni.

La squadra, più che dimezzata, perse naturalmente la partita di Coppa di Campioni contro il Milan e la finale di FA Cup. Ma grazie a Bobby Charlton, uno dei superstiti, lo United vinse titoli nazionali e finalmente la Coppa Campioni dopo aver sconfitto il Benfica in finale.

L’ultima strofa del testo che giunse alla rivista Sing recitava: “Oh, England’s finest football team its record truly great. Its proud successes mocked by a cruel turn of fate. Eight men will never play again, who met destruction there. The flowers of English football, the flowers of Manchester”.