L’Avv.to Alessandro Amodio di Football&Life ci racconta la storia dell’omicidio di Luciano Re Cecconi, deceduto il 18 gennaio di 44 anni fa.
Roma,18 Gennaio 1977 ore 19 circa: Luciano Re Cecconi insieme al suo compagno di squadra Pietro Ghedin e un’altra persona si stanno recando alla gioielleria in Via Nitti. Arrivati sul luogo prestabilito i tre entrano nel locale “inscenando uno scherzo.” Fingere di essere tre rapinatori e spaventare l’amico gioielliere.
Sono attimi concitati. La verità su ciò che accadde all’interno della gioielleria è ancora oggi ignota; la versione ufficiale parla di rapina finita male. Il gioielliere Tabocchini non riconoscendo subito i tre esplode un colpo di pistola, fatale per Re Cecconi che morirà poco dopo in Ospedale.
La polizia arrestò immediatamente Tabocchini per omicidio dovuto all’eccesso colposo di legittima difesa. La legittima difesa è definita come una causa di giustificazione e cioè che giustifica il fatto tipico previsto dalla legge (reato) escludendone l’antigiuridicità.
Conditio sine qua non della legittima difesa è che essa sia connotata da proporzionalità fra offesa e difesa.
Il processo di Tabocchini, conclusi con un unico grado di giudizio, sentenziò l’assoluzione dell’imputato riconoscendogli la legittima difesa putativa la quale il Codice Penale distingue attentamente da quella reale. La legittima difesa putativa è quando l’agente realizza la condotta tipica sulla base di una circostanza erroneamente supposta (il tentativo di rapina nel caso di specie) ovviamente non basata su sensazioni personali ma su motivazioni obiettive.
Eppure nonostante la vicenda sia stata definita dal punto di vista processuale, non poche sono le ombre su ciò che accadde quella sera nella gioielleria del Tabocchini.
Analizzando la situazione e i fatti, come raccontati nel dibattimento dagli interessati, non pochi sono i dubbi sia sul perché Tabocchini abbia ucciso Re Cecconi; sia sul perché gli sia stata riconosciuta dal Tribunale di Roma la legittima difesa putativa.
Di certo vi è che un ragazzo di 29 anni, sposato, con due figli, quella sera ha perso la vita. Bruno Tabocchini puntò l’arma prima contro Ghedin e poi contro Re Cecconi, il quale, secondo altre ricostruzioni avvenute in questi anni, non pronunciò mai la famosa frase su cui la difesa di Tabocchini in aula smontò l’accusa “Fermi tutti. Questa è una rapina!” facendo leva appunto sulla tesi dello scherzo finito in tragedia che valse l’assoluzione.
Un altro aspetto rilevante è il fatto che una questione così delicata e complessa sia stata decisa in maniera sommaria con un processo durato solo 18 giorni. Liquidando il caso come lo scherzo finito male.
In questi anni il figlio Stefano, che all’epoca aveva 2 anni, ha cercato di ricostruire la vicenda e ha puntualizzato dicendo: “Hanno voluto far passare mio padre per uno sprovveduto, un incosciente. Ci sono riusciti.” Altro aspetto che alimenta i dubbi sulla vicenda e sulla ricostruzione ufficiale è: perché la Procura non ha proposto appello contro la sentenza di primo grado nonostante il parere contrario all’assoluzione da parte del pubblico ministero?
Molti sono i fattori esterni che hanno potuto influenzare l’andamento del processo.
Re Cecconi, pur essendo una persona molto saggia e pacata, faceva parte di una squadra la Lazio di quei tempi (reduce dallo Scudetto con il compianto Maestrelli) considerata una banda di scalmanati, con una faida all’interno dello spogliatoio, diviso in due fazioni e con alcuni giocatori vicini ad ambienti politici della destra fascista.
Infine Roma di quei tempi era una città violenta e pericolosa. Era l’Italia degli anni di piombo. Si sparava con molta facilità e le rapine non erano infrequenti, soprattutto alle gioiellerie. Lo stesso Tabocchini aveva subito due rapine, con l’ultima che lo aveva profondamente scosso, e come tanti altri suoi colleghi aveva deciso di avere una pistola sotto al bancone con il colpo in canna. Maurizio Martucci nel suo libro del 2012 “Non scherzo. Re Cecconi, la verità calpestata” sostiene come la lobby degli orafi, molto influente sull’opinione pubblica, si strinse attorno al Tabocchini, come figura emblematica della categoria che si sentiva costantemente minacciata e in pericolo. Un eventuale condanna per omicidio colposo avrebbe avuto conseguenze sull’intera categoria.
Fra i tanti dubbi vi è una certezza: Luciano Re Cecconi si trovò al posto sbagliato nel momento sbagliato.
L’ultima partita di Re Cecconi fu il 24 ottobre 1976 all’Olimpico nella vittoria per 3-0 contro il Bologna. Il centrocampista laziale si infortunò al 20′ minuto, uscendo dal campo.
Pietro Ghedin è diventato un allenatore internazionale, arrivando a condurre per 5 anni la nazionale maltese. Non ha mai più voluto parlare di quel giorno, aggiungendo semplicemente, nel 1994: “se quella sera fossi morto io, non avrei saputo perché”.
Ad oltre quarant’anni dalla morte dell’angelo biondo di Nerviano la ricerca della verità su cosa accadde quella sera nella gioielleria di Collina Fleming, probabilmente non la sapremo mai ma sicuramente, a parere di chi scrive, non è stato uno scherzo finito in tragedia.
Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione